Il menù caccia e bosco di Davide Caranchini

Into the wild

È autunno e alcuni bravi cuochi si lanciano in menù dedicati alla cacciagione. Davide Caranchini, al Materia a Cernobbio, ha preparato un menù degustazione, caccia e bosco, assolutamente originale e fuori dagli schemi classici. Accostamenti insoliti, utilizzo di agrumi, spezie, erbe e persino note iodate. Gli animali sono tutti cacciati nella vicina Val d’Intelvi, così come la provenienza del tartufo nero utilizzato.

Davide da sempre ci ha abituato a passeggiate palatali di acidità, erbosità, balsamicità, aromaticità, amaro e dolcezza, che si ritrovano in questo affascinante percorso “into the wild“, dove incontriamo cervi, lepri, pernici, cinghiali, galli cedroni, colombacci, anatre. Il primo accostamento inusuale è quello dell’elemento iodato, che apre la promenade con un brodo di funghi e alghe, a seguire la tartare di cervo, rafano e plancton. Diventa esplosivo in una versione, decisamente alternativa, di una royale di pernice, con l’ostrica a sostituire il foie gras, salsa albufera e limone: sontuosamente gustosa. Il secondo accostamento insolito ma assolutamente riuscito nella valorizzazione e veicolazione del gusto della nobile materia prima è quello con gli agrumi, utilizzati come agenti naturali di acidità.

Nel germano all’arancia il germano è cotto allo spiedo, poi servito tiepido con una salsa concentrata, come un fondo, ottenuta solo ed esclusivamente dalle arance, cotte in pressione, maturate, estratte e ridotte in essiccatore. Scorza di arancia e foglie di maggiorana a chiudere aromaticamente un gran piatto. È invece il pompelmo, insieme alla liquirizia, a fare da perfetto contraltare al colombaccio. Terzo elemento valorizzante e rafforzante per contrapposizione è quello della dolcezza. I ravioli hanno un ripieno di ritagli e interiora degli animali usati nel menu; la salsa è un fondo di cottura di selvaggina con aceto di lampone e cacao amaro, a ricordare il classico dolceforte.

Dolcezza di fondo anche per la purea di castagne arrostite, contrastata dall’acidità del frutto della passione, per il cinghiale in salmì con il tartufo nero. Fuori dal menù abbiamo avuto la possibilità di gustare anche una classica lepre alla royale, così come un gallo cedrone dalla texture e dal sapore sorprendente. In conclusione un menù assolutamente da provare per entrare in un mondo che si sta piano piano perdendo.

Grandi giochi di equilibri, maestria nelle varie cotture, millimetriche, valorizzazione assoluta di una grande materia prima, nobilissima, da parte di uno chef di grande talento, che si conferma in grande forma.

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