Valutazione
Pregi
- Servizio di alto livello.
- Alta cucina di territorio.
- Estetica dei piatti curatissima.
Difetti
- In qualche portata la forma prevale sulla sostanza.
Il luogo è l’isola di Ischia, comune di Casamicciola. Il ristorante è all’interno dell’Hotel terme Manzi che oggi è probabilmente l’albergo più lussuoso dell’isola. Sin dall’ingresso ci si rende conto che qui nulla è lasciato al caso, tutto è sfarzosissimo.
All’interno il ristorante non è da meno, anche se dalle nostre ultime visite sconta il fatto che non si mangia più sulla splendida terrazza ma in una sala interna. In compenso, per chi voglia ammirare la brigata all’opera, sono aumentati i tavoli in cucina che da uno sono passati a tre.
Il contesto, la confezione, l’importanza della forma. Qui tutto è all’insegna di una certa grandeur, quasi a voler compiacere (perché no) una certa clientela internazionale a cui piace spendere e ancor di più farlo vedere.
E così: alcune preparazioni occupano mezza tavola (e si fa fatica a contenerle in una fotografia :-)), i buonissimi pani sono serviti in una piccola madia di legno, con la piccola pasticceria arriva in tavola una piccola credenza con fondo a specchio. Ma non finisce qui. Dopo il dessert si viene condotti allo scrittoio del cioccolato, un mobile antico ricolmo di cioccolatini e variazioni sul tema in tutte le fogge. E poi la carta delle acque, un’ampia selezione di oli e potremmo continuare. Ma quello che ci ha colpito di più di una certa impostazione teatrale è un dessert chiamato “Napul’è”. Davanti al commensale vengono poste una serie di riproduzioni di articoli di giornali che raccontano il bello e il brutto di Napoli. Quindi sopra vengono adagiati alcuni simboli della città da Totò, a Maradona al sacco della monnezza ognuno dei quali si rivela al palato la riproposizione di un dolce della tradizione partenopea. Ti viene quindi portato un iPod con il quale mentre mangi sei invitato ad ascoltare Napul’è di Pino Daniele. In sala ci confessano che il progetto originario del dessert prevedeva in aggiunta addirittura la visione di un video.
Tutto questo ovviamente può piacere o non piacere. Lo raccontiamo perché dà molto l’idea del luogo. Ma noi dobbiamo valutare solo la cucina. Senza farci condizionare. E la cucina è quella che non ti aspetti. Con questo sfarzo, questa teatralità e con la clientela che scende dai panfili non si commetterebbe peccato ad immaginare una cucina di stampo internazionale con ingredienti extra lusso e neanche troppa personalità. E invece no. Nino di Costanzo è cuoco di razza, con principi saldi e idee chiare. E con un profondo radicamento territoriale. La sua cucina porta ben impressa la firma dell’autore, per una serie di elementi.
Iniziando dalle materie prime. Quanto di più lontano da ogni rischio di standardizzazione. Al Mosaico i grandi nomi della distribuzione di cibi prelibati non hanno cittadinanza. Il pesce, tutto il pesce anche il merluzzo e le sogliole, proviene dalle barche dei pescatori della vicina Procida. Stesso discorso per le carni e le verdure. Tutti piccoli produttori per lo più della zona. Da lontano arriva solo il caviale e poco altro. Una scelta coraggiosa quella dello chef che ci sentiamo di appoggiare in pieno.
I primi piatti. In particolare la pasta di cui di Costanzo è secondo noi uno dei migliori interpreti in Italia. Dopo la sua pasta e patate che ci folgorò qualche anno fa questa volta ci ha stregato il “Ragù cotto non cotto”, elegante e succulenta scomposizione del grande classico napoletano, chapeau.
Cosa manca allora, verrebbe da chiedersi, alla cucina di di Costanzo per salire quel gradino che lo porterebbe ad essere annoverato definitivamente tra i più grandi in italia? Un pizzico di cattiveria. Un po’ di sana concentrazione di sapori in più. In qualche passaggio la sua cucina sembra un pò narcisa, troppo innamorata di se stessa. A volte pare inseguire un concetto, un abbinamento un’idea o, perché no, una forma, la bellezza (e complessità) di una presentazione perdendo un po’ il fine ultimo che parlando di cibo, deve sempre essere il gusto, il sapore.
Un filo di concretezza in più e per il Mosaico e il suo bravo chef potranno, a nostro giudizio, aprirsi definitivamente le porte dell’Olimpo della ristorazione, fermo restando che si parla comunque di una delle mete gastronomiche attualmente imperdibili per chi si trovi a fare un giro in Campania.
Ad Majora
Dettaglio del tavolo.
Passeggiata napoletana: preparazione didascalica con tanti piccoli assaggi che rievocano sapori della cucina partenopea.
Particolari: caprese morbida.
Perla di burro di cacao ripiena di pomodoro accompagnata da un centrifugato di cetrioli e sedano.
Cilindro di pane al nero di seppia con burro e alici.
Gli strepitosi pani.
Pasta cotta in bianco: ravioli conditi con burro e timo con 4 ripieni (pomodoro, parmigiana di melanzane, ricotta e maggiorana, pesto di basilico). Un inno alla stagione. Piatto troppo etereo che si perde un po’ …non resta.
Tutto coniglio, un classico. Eccellente piatto in cui sono presenti variamente preparate tutte le parti del coniglio, animale simbolo dell’isola.
Grande il Ragù cotto e non cotto: ziti, ricotta, carne di bufalo, salsiccetta di maiale, pomodoro confit e pomodoro non cotto (o meglio cotto sotto il sole). Un altre grande piatto di pasta firmato Di Costanzo.
Riso limone gamberi e zucchine. Fantastici i limoni di Procida, acidi ma mai troppo amari. Un buon risotto che avremmo cotto un paio di minuti in meno.
Risotto di semola alla carbonara: sembra riso ma è un formato di pasta creato dallo chef con il pastificio Gentile di Gragnano. Ha la forma del riso e si risotta proprio come il riso.
Agnello ripieno di parmigiana di melanzane.
Eccellente piatto: Fumarola. Il nome è un omaggio ad una spiaggia ischitana. Il fantastico merluzzo locale viene cotto al tavolo in una pentola di rame dove poggia su una foglia di limone. Sotto, pietre calde di mare raccolte sulla spiaggia delle Fumarole, erbe aromatiche e spezie. Si versa acqua di mare sulle pietre bollenti generando vapore che, chiudendo il coperchio cuoce il pesce in meno di due minuti.
La preparazione…
…e il risultato finale.
Napul’è: la preparazione, gli articoli di giornale…
…su cui, tra gli altri, vengono posti Maradona: la sfogliatella.
La monnezza: struffoli.
Totò: il cappello è un babà all’amarena ricoperto di cioccolato.
Vietato fumare: ogni elemento del dessert è a base di cioccolato bianco. Diversi sono i ripieni: spuma di tabacco di pipa speziata, pinoli caramellati, anice e pernod, nocciola, fave di cacao, menta.
Piccola pasticceria.
Scrittoio del cioccolato.
La sala.
interessante, però mammamia il "vietato fumare" non si guarda, è di un kitsch oltre il kitsch :)