Valutazione
Pregi
- La personalità di Paolo Lopriore in cucina.
- Una bella e confortevole sala.
- Il rapporto qualità prezzo.
- La possibilità di vedere un grande chef alle prese con un brunch domenicale.
Difetti
- La carta dei vini, in continua rotazione ma stringata (9 referenze).
La rentrée di Paolo Lopriore si è senza dubbio rivelata, e non poteva essere che così, uno degli eventi più rilevanti di un 2014 gastronomico che, soprattutto intorno a una Milano in preda alla febbre pre-Expo, sta regalando le maggiori sorprese in dirittura d’arrivo. Lasciatisi indietro Siena e le peripezie ivi affrontate negli ultimi anni, lo chef di Appiano Gentile è ripartito praticamente da casa, da quella Como che non ha sembrato finora portare troppa fortuna ai ristoratori che vi abbiano intrapreso progetti volti all’altissima qualità.
A sei mesi dall’apertura è ora tempo di stilare un primo, positivo bilancio dell’avventura di Lopriore in riva (o quasi, giacché l’hotel che ospita il ristorante si trova appena all’interno del lungolago) al Lario. Fondamentale, nell’inevitabile confronto fra le performance fornite alla Certosa di Maggiano e quelle cui abbiamo assistito a Como, è il considerare l’insieme a partire dall’enorme differenza che corre fra i due territori. Le spigolosità viste a Siena, con l’esclusione della parentesi “rassicurante” del 2013, vengono qui attutite, come assorbite dall’aria di lago che tutto ovatta e smussa, lasciando spazio, anche nei momenti gastronomicamente più audaci, alla discrezione lombarda più che all’estroversa schiettezza toscana.
Questo non vuol dire in alcun modo che la cena si svolga nella noia, anzi! Solo che la scelta espressiva, ci si consenta il paragone, pare andare, con uno chef per sua natura poco incline al titanismo di Beethoven o di Wagner, in direzione del rarefatto simbolismo debussiano più che del pungente sarcasmo à la Satie che era il marchio di fabbrica delle sue creazioni senesi.
L’apertura del menu degustazione, da noi richiesto in questa occasione in versione ampliata rispetto ai 5 passaggi previsti dalla carta, marca già la differenza fra le suggestioni offerte dai due territori (parliamo di sensazioni, non di km 0): distante anni luce dall’ardito gioco iodato-amaro della storica insalata di erbe, alghe e radici vista in toscana è l’insalata di melone bianco, sedano e cetrioli, che gioca sulla dolcezza, su un amaro assai moderato e, soprattutto, su note balsamiche e salmastre.
Da applausi le due incursioni sul terreno, o meglio nel bacino, della cucina lariana: tanto il cavedano, supporto ad un tripudio di mandorle, radici, albicocche ed alloro che vede il seme oleoso tanto caro a Lopriore sotto l’occhio di bue e gli altri a passare la battuta, quanto il riso in cagnoni e persico in veste nipponica, si distinguono in un percorso di livello medio comunque assai elevato.
L’idea è che ci sia ancora un notevole margine di miglioramento per questa cucina. Un’impressione corroborata, oltre che dal ricordo delle migliori cene senesi, anche dalla costante crescita riscontrata lungo le numerose visite di questi mesi.
La scelta o, meglio, l’esigenza espressiva ed autoriale di interpretare il territorio più che limitarsi a descriverlo è d’altronde una strada lunga e tremendamente in salita. Siamo già ad un ottimo punto, ma, malgrado il nostro malcelato affetto per Paolo Lopriore, per questa volta decidiamo di arrotondare il punteggio per difetto, in modo da poter in un prossimo futuro dar conto di quella che ci attendiamo come la naturale evoluzione.
Anche il servizio, tutto al femminile in occasione di un sabato sera di tutto esaurito, sta man mano prendendo forma e trovando sintonia con una cucina che richiede da parte della sala, per le poche possibilità offerte tanto dalla carta delle vivande quanto da quella dei vini, un surplus di complicità e interazione. Forte di un rapporto qualità prezzo estremamente favorevole in relazione alla bellezza del luogo e al valore della cucina, Kitchen si impone comunque già così come una delle migliori tavole rintracciabili in Lombardia.
L’aperitivo secondo Paolo Lopriore: uno sferzante drink al sambucoIl sambuco è un genere di piante tradizionalmente ascritto alla famiglia delle Caprifoliacee, che la moderna classificazione filogenetica colloca nella famiglia Adoxaceae. I fiori del sambuco trovano impiego in erboristeria per la loro azione diaforetica. Con i fiori è possibile fare uno sciroppo, da diluire poi con acqua, ottenendo una bevanda dissetante che è molto usata in Tirolo, in Carnia... Leggi.
…da accompagnare con gli usuali snack, con la polvere di semi di zucca da prendere con le dita.
La Valtellina non è distante e così fa la sua comparsa a tavola uno sciàtt, servito su un brodo di abete rosso.
Insalata di sedano, melone bianco e cetrioli.
Un colpo di genio venato di ironia: spaghetto alla lombarda, con prezzemolo, limone e parmigiano. La pasta, di popolare marchio commerciale facilmente riconoscibile e praticamente insapore, diventa puro veicolo di una salsa multisfaccettata in cui i semi di prezzemolo, amplificati dal burro, danno un’estrema lunghezza gustativa.
Cavedano, radici, albicocche, mandorle e alloro.
L’intingolo dell’anatroccolo (gradito omaggio dalla cucina)
L’aromatico luccio con salsa olandeseLa salsa olandese (in francese: sauce hollandaise) è un'emulsione di tuorlo d'uovo e burro liquido, aromatizzata, di solito, con succo di limone, sale, pepe bianco o di cayenna. All'aspetto è di colore giallo e opaco, liscia e cremosa. Il suo sapore è ricco e burroso, con un lieve sentore acido dato da altri componenti. L'olandese è, secondo l'alta cucina francese,... Leggi (strepitosa), cannella e chiodi di garofano.
La ciotola in attesa di uno speziatissimo brodo
in cui preziosi bocconi di capriolo
andranno calati come in uno shabu shabuShabu shabu è una variante giapponese di un piatto tradizionale cinese, l'hot pot, nata all'inizio del '900 con l'apertura del ristorante Suehiro ad Osaka. In una pentola a centro tavola, sopra a un fornello acceso, viene fatta bollire dell'acqua o del brodo dashi. Attorno a questa, vi sono tanti piattini quanti sono gli ingredienti da intingere nella pentola. Quelli maggiormente... Leggi.
A contorno una sinfonia d’autunno: porcini e zucca
e in un gagnairiano quadro d’insieme, una crema di castagne di cui avremmo gradito un bis e poi un ter.
Il Lario visto dal Giappone: riso in cagnoni con persico, col non trascurabile dettaglio di un concentratissimo “wasabiEutrema japonicum, conosciuta comunemente come wasabi o anche con il nome di ravanello giapponese, è una pianta di origine giapponese appartenente alla famiglia delle Brassicacee (o Crocifere). La pianta cresce spontaneamente in vicinanza dei fiumi in zone fredde del Giappone, come per esempio in montagna o nelle valli in quota. Dal rizoma di Eutrema japonicum si ottiene una pasta di... Leggi” di salvia.
Predessert: uovo e frutto della passione.
Millefoglie di mela, un dessert in cui la mela è un poco scarica rispetto ai contrasti di sapidità dati dalle cialde e dal mascarpone maison.
Piccola pasticceria.
Uno dei nostri compagni di viaggio, insieme a Les Murgiers di Francis Boulard.
Molto felice del fatto che un grande chef si sia trasferito a due passi dalla mia città. La distanza mi aveva impedito di visitarlo ma ora non ho più scuse. Complimenti per la recensione!
Mah.... Faccio sempre piu' fatica a condividere l'osanna che si leva incondizionatamente quando si parla di certi chef.... Immagino che i 105 € richiesti per il degustazione di 5 portate , qui si siano ampiamente superati in virtu' del numero dei piatti serviti... e quindi, ci si aspetterebbe ( oddio...io me lo spetterei...) che le materie prime usate fossero anche all'altezza del costo rischiesto. E invece, cosa vedo ? Forse l'ingrediente piu' caro di questo menu' sono quei tre bocconcini di capriolo.... Il resto e' roba che manco nelle piu' basse trattorie del mantovano sarebbe facile incrociare... Un luccio , ma soprattutto un cavedano che fai un favore al pescatore se glielo ritiri..... Gli spaghetti insapori di una marca basica... e poi, l'apoteosi della presa peri fondelli... Il sugo di cottura dell'anatra "gentilmente offerto dalla cucina"..... E l'anatra chi se l'e' mangiata? Il tutto condito da una carta dei vini con ben 9 referenze!!! ( ho letto bene????)
Buongiorno scusami Cappelletti ma non ho compreso il passaggio "seme oleoso sotto l'occhio di bue". Grazie e ciao
si sta parlando di mandorle, quindi secondo me vuole sottolineare che in quel piatto la mandorla (seme oleoso) riveste un ruolo da protagonista (sotto l'occhio di bue)
Scusa ma tu sei rimasto ancora al taglio di 30 anni fa, dove un grande ristorante era tale solo se ti dava astice, filetto, foie gras,, ostriche e così via. Lo sai che la cucina è cambiata, che la bravura di uno chef si misura sulle sue capacità, dove utilizza materie prime comunque di qualità ma anche cosiddette povere. E poi se te lo devo dire ho mangiato più grandi piatti fatti con le alici che con il branzino. La bontà di un piatto non dipende dal costo degli ingredienti che lo compone. Saluti
Liberissimo di pensarla come credi... Per me, il sugo di cottura dell'anatra senza l'anatra rimane una presa per il c...o
Sul seme oleoso c'ero arrivato anch'io. L'occhio di bue, pero', se lo e', e' un modo di dire che non ho mai sentito. In ogni caso, personalmente certi barocchismi, quando facevo recensioni, li ho sempre evitati...
Gigi, l'"occhio di bue" in teatro è il fascio di luce che insegue ed illumina il protagonista.
...perché non avresti capito neppure i tuoi? :) Saluti
Ringrazio di cuore Pellegri per avermi svelato l'arcano. Confesso di non aver lontanamente pensato al cotè teatrale, mentre avrei dovuto visto il mestiere del recensore. E rimediando così una meritatissima figuraccia. Ringrazio anche Cappelletti per la sarcastica allusione, probabilmente anch'essa non del tutto demeritata. Mi permetto tuttavia di dargli un consiglio: scriva come tutti gli altri suoi colleghi di PG, che confezionano sempre recensioni piacevoli, utili e soprattutto molto molto chiare. Ne risentirà forse il suo superego, ma ne gioveranno i lettori, in particolare i cretinetti come me.
Grazie, ma preferisco dirlo a modo mio (cit.) E con ciò chiudiamo, se possibile, questa parentesi che ben poco rende il debito omaggio alla cucina di Lopriore, la quale peraltro richiede a sua volta un piccolo, e diversamente dalla mia incomprensibile prosa senz'altro meritatissimo, sforzo d'intellezione.
KITCHEN Lopriore (prima puntata) Sì, a qualche mese dall’apertura, sono finalmente riuscito a passare dal Kitchen, contento d’avervi incontrato un Lopriore sereno e in grande forma. Evito convenevoli e ammennicoli, passo alla cucina degustata. Meritano eccome, ma salto gli appetizer (io preferirei nominarli per quello che sono, com’erano in origine a Il Canto: Gioco di forme consistenze e sapori), che in parte si ricollegano a quelli di Siena e che qui a Como mi hanno fatto trovare già due inediti mini-capolavori: sono solo un ‘involtino’ e una tartelletta… (e già da lì si capisce che è tornato -detto e ridetto, sempre e da chiunque anche solo dagli snacks di una cucina si capisce qualcosa di tutt’altro che banale) Segue il benvenuto: - Zuppa pavese Di questa cosa, geniale -…Lopriore, no? – mi sono fatto raccontare dallo chef, ma non vi rivelo nulla, vi lascio il mistero perché …da sola vale il viaggio. Me ne aveva detto due gg prima all’Alma l’ottimo signor libraio che si trova all’ingresso delle Reggia di Colorno. Gliene aveva parlato bene (già questo basti, credo, …se non addirittura il fatto che ci stesse ancora pensando) un suo amico e coetaneo (anno di nascita ben piantato circa a metà della metà del Novecento), certo Gualtiero. Speravo codesta ‘zuppa’ fosse nel degustazione, e c’era. 1. Cavolfiore, uova di pesce, aceto di miele e gelsomino Questo una bellezza e una bontà da mozzare il fiato. Il cavolfiore in tre modi: l’uno nature (e pettinato), il due e il tre opposti in dialettica squisita di consistenze/sapori (ma ditemi in tal maniera chi lo sa fare? andateci, son curioso, e ditemelo) Uova di lavarello (nota principale – e poi le ho viste in cucina come L. le tratta cura e conserva –strumenti appositi) e uova d’aringa, leggerissima affumicatura. Spuma di gelsomino (profumo! sapore!) ecco è questa spuma l’elemento che fa da semaforo a tutto l’andamento del traffico gustativo del piatto. Ma chi al mondo regala piatti così? E questo sì insolito ma non sesto grado (le montagne esistono! mica tutti pavidi, e però, onorate le vette, se son belle belle ovunque, mica conta solo l’altezza) grado superiore come magari taluni passaggi a Siena (con un ristorante che non è esistito invano e che ci ha distinto come cucina italiana in uno dei suoi innovatori, è ormai storia –da un sondaggio mondiale tra addetti mica pifferi: qual è lo chef più sottovalutato al mondo sono venuti fuori Albert Adrià e Paolo Lopriore, storia, che qualcuno la scriva!) p assaggi che anche certi scafati giù a perder l’equilibrio – ma quale equilibrio? …avec la sauce? …coi cosiddetti ‘fondamentali’? …cos’altro, di vecchio? Salse a freddo! Sveglia! E, una lettura che è assolutamente banalizzante, Lopriore avrebbe adesso lasciato l’ ‘amaro’? ora sarebbe ‘dolce’? Non fatemi ridere. Lopriore è semplicemente tornato a casa e di lì è ripartito, già alla grande. Sta leggendo in profondità qualcosa di nuovo. 2. Spaghetti alla lombarda. Di questo s’è detto tutto e molto ci sarebbe ancora da dire. Ma basta leggere quello che ha descritto benissimo Alberto su altro sito. Un piatto per chi volesse provare uno stile di guida fuor da quello degli autodromi internazionali bandierine podi e sciampagnia. 3. Cavedano… radici, albicocche, mandorle e alloro La scelta del pesce più difficile abbinata ancora all’esperienza di tutto uno scorrer di treni gustativi (strisce di radici di raperonzolo, giardiniera d’albicocche, mandorle croccanti e salsa di mandorle, spuma d’alloro – il tutto messo a calibro). Unico problema per il menù Oggi (bonus!) è il fatto che il lago era stato molto in subbuglio nei giorni precedenti (correr di legni e sottoboschi scesi dall’alpe, smuover dal fondo) e il pesce era (e devi conoscere è giusto anche a un estremo il lago non è il mar, …e da non credere pensare che in antico era invece l’ittico dal mare a suscitar sospetto ed essere considerato adatto in ispecie per il volgo, …che sempre si mangia già prima di mangiare) questo era nel sapore come un po’ mosso a sua volta, e pur nella spinatura e poi cottura perfetta (come sempre, …e come sempre le cotture negli allievi di Marchesi, che lì s’inizia, dalla padella e dalla pentola… ci sarà poi giusto tempo e spazio per chi coraggioso opterà per salami non euclidei, con le fette che s’incontrano all’infinito!). (segue)
KITCHEN Lopriore (continua) 4. Intingolo d’anatra. Pure di questo s’è detto a lungo perché è discorso già iniziato da ultimo in quel di Siena. Ricordo dell’antico, tipicità di una tradizione no strana, esperienza che a questo livello di profondità pochi hanno fatto. Da assaporar con l’ottimo pane ogni giorno prodotto della casa o col rosmarino che campeggia bello sano ma impregnato dell’intingolo. (… e anche alla propria magione si faccia ciascuno pian piano bel sugo e il rametto del ros marino infine si tolga ma mica si getti lasciandogli a spreco il bendidio che ha in sé imprigionato/sprigionato). 5. Capriolo Avevo già avuto una portata simile a Il Canto nel 2012. Grande piacere ritrovarla. E’ un insieme di quattro parti che s’affrontano con piena soddisfazione. Compreso il passaggio del brodo che dà la marcia in più alla carne. a. Tre nocette, cotte con maestria in padella; su una delle tre un tocco scuro di vaniglia sulla superficie superiore; b. Brodo speziato (versato caldo, ma non troppo, sopra un rametto di pepe fresco e su un frutto essiccato di anice stellato), brodo ben piccante, ma non solo, col quale accompagnare, intingere a piacere i pezzetti il capriolo; c. Zucca al forno (con poca e minuta granella d’amaretti sulla superficie superiore) e cime di rapa in padella; la zucca era super come raramente m’è capitato mangiarne; le cime di rapa bastava rendersi conto dei dettagli nella cottura per capire che non proprio tutti in cucina siamo uguali. d. Crema di castagne. Perfetta, la stagione. Il tutto in tema e variazioni ad libitum. 6. Rapa, olio di noci e zincarlin Altro piatto geniale, e non si può più di tanto raccontarlo. (“O parola, parola che mi manchi” come dice, nell’opera di Schonberg, Mosè ad Aronne, dopo che il fratello -avanguardista- non gli fatto trovare il vitello giusto). Comunque in breve: rapa, sì l’umile rapa (ovviamente L. si sta costruendo, terra e lago, tutta una catena di piccoli fornitori) al top per sapore e cottura, parzialmente avvolta dalla panatura degli sciatt, panatura che qui non intacca per nulla il vegetale, gli conserva esalta i succhi. Una maionese densa di olio di noci (wow!). Pezzi di gheriglio morbidi. Zincarlin, delizia di formaggio locale transfrontaliero, nel piatto in piccolo lago d’altra nota grassa non banale squisitamente modulata. Dimenticavo: su una faccia della rapa (la parte meno in vista del taglio a spigolo vivo) c’è della sottile polvere di lattuga di mare. Ora, magari meglio dal vero, estasiatevi a lavorare su questa meraviglia che va ben al di là dei ‘fondamentali’. No salam e lecchi, no Franza, no Spagna …la rapa le noci e un formaggio che era quasi scomparso: dai quali opra magna! …rape cipolle cavoli noci castagne ecc. …roba antica, prima della scoperta delle Americhe, che stava alle basi dell’alimentazione dei poveri, a dire quasi tutti. …dello zincarlin ancora ne parla invece Luigi Veronelli (onore a un grande nel decennale della scomparsa!) nella sua “Guida all’Italia piacevole - Lombardia” del '68 (io quella non l’ho più, del ’68 mi è rimasta, lo scritto di V. tuttora a dir poco istruttivo, quella della mia Liguria). 7. Riso e pesce persico Cosa lo sto a dire, straordinario, già molti ne hanno parlato. Così come viene, poi ci pensa lo chef: Riso, burro nocciola, filetti di pesce persico (carattere!), polvere di tostatura, ‘wasabi’ di salvia (mamma mia!) Pre-dessert come a Siena, minuscolo ma intenso, delizioso: marshmallow all’anice ricoperto di polvere di caffè. Dessert: Panna cotta al levistico, sorbetto al limone, foglie di sedano e miele. Eccellenti tanto uno per uno che insieme, ma il top il sorbetto al limone, è facile immaginarlo un dolce non qualsiasi. Le delizie finali di piccola pasticceria le omaggia la casa e sono pressoché le stesse che in passato. Poter continuare sempre così… E non è finita qui, diverse altre cose in quella cucina sono in lavorazione… Ciao a tutti.