Passione Gourmet Hakuba - Passione Gourmet

Hakuba

Ristorante
8 Quai du Louvre, Parigi
Chef Taku Watanabe, Arnaud Donckele, Maxime Frederic
Recensito da Gherardo Averoldi

Valutazione

17.5/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Il dialogo, riuscito, tra tradizione giapponese e francese.
  • L’utilizzo di brodi, dashi e salse di livello altissimo.
  • I dolci di Maxime Frédéric.

Difetti

  • Prezzo molto elevato.
Visitato il 10-2024

Tre fuoriclasse, un solo ristorante

Un supergruppo indica, in campo musicale, una band composta da musicisti già famosi per aver militato in altre band oppure per la loro carriera come artisti solisti. Taku Watanabe, Arnaud Donckele e Maxime Frédéric, quali novelli Eric Clapton, Jack Bruce e Ginger Baker (fondatori del primo supergruppo della storia: i Cream), hanno dato vita a un nuovo progetto parigino, all’interno della lussuosissima cornice dell’Hotel Cheval Blanc, che ospita già il ristorante degli ultimi due, Plénitude, in cui far convergere tutto il loro talento, in un dialogo, già perfettamente a fuoco, tra Francia e Giappone. Al comando vi è, in questo caso, Taku Watanabe, già affermato shokunin, approdato qui dopo una lunga esperienza nel pluripremiato Jin, primo sushi a ricevere una stella Michelin a Parigi, il cui compito è portare il proprio bagaglio tecnico e culturale per servire all’ospite una delle migliori esperienza Omakase presenti oggi in Europa. A supportarlo troviamo due fuoriclasse come Arnaud Donckele, famoso per l’utilizzo di salse di rara complessità ed eleganza e Maxime Frédéric, semplicemente una dei migliori pasticceri del pianeta.

Parigi-Tokyo andata e ritorno

Il menù proposto, al prezzo di 380 euro, unico per tutti i commensali, seduti attorno a uno dei tre banconi che compongono il ristorante, è un viaggio, senza soluzione di continuità tra Parigi e Tokyo, oscillando tra sashimi, nigiri, bouillon, salse e dashi sopraffini elevando il concetto di fusion verso nuove vette. Di altissimo livello la sequenza di Otsumami iniziali tra cui spiccano piatti di grande leggerezza ed equilibrio come il tonno (la parte meno grassa ovvero l’akami) con infuso di pesca, shiso e cipolla sott’aceto e il Sashimi sgombro in gelatina di dashi. Si giunge quindi a quello che dovrebbe essere un semplice momento di passaggio, uno stacco prima di iniziare la sequenza di nigiri, ma che in realtà si rivela essere il momento più alto della cena, quello che meglio sintetizza il dialogo tra Francia e Giappone, manifestando la perfetta sintesi tra dashi e bouillon (di triglia in questo caso), complesso, salmastro e di una lunghezza palatale infinita. Giungendo quindi alla preparazione del sushi, i Nigiri sono di dimensione piuttosto ridotta, con un profilo gustativo che verte più sull’eleganza che sulla potenza utilizzando un delicato mix di tre differenti aceti (sia di riso, sia di sakè) ed evidenziando grande abilità nell’utilizzo di temperatura e struttura.

Eccellente, infine, come da aspettative, la parte dolce del menù, con un dessert che è una vera a propria ode al riso, bianco e nero, in varie forme e consistenze che si manifesta in delicate note tostate e mostra una padronanza tecnica fuori dal comune. Una grande carta di vino e di sakè, anche al calice, completano un’esperienza che, per una volta, riesce a non banalizzare il dialogo tra cucina occidentale e orientale ma anzi coglierne commistioni in grado di creare un nuovo linguaggio gustativo.

IL PIATTO MIGLIORE: Dashi, brodo di triglia, alghe.

La Galleria Fotografica:

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