Passione Gourmet Ferrari: la Riserva Bruno Lunelli 2006 - Passione Gourmet

Ferrari: la Riserva Bruno Lunelli 2006

Vino
Recensito da Thomas Coccolini Haertl

Un cambio epocale e un vino memorabile

Quanto vale un brand? Il dominio degli ultimi anni è quello dei grandi nomi in campo tecnologico, come Apple, solida al primo posto con un valore salito a oltre 355 miliardi di dollari, rispetto a una quotazione di mercato pari a 3.000 miliardi. Cifre da capogiro. Nella classifica mondiale dei primi 500 marchi oltre a Microsoft ci sono i tradizionali Adidas, Coca-Cola, Disney, Gillette, Philips, tanti automobilistici vecchi e nuovi, oltre a nomi relativamente recenti come Amazon, ebay, Google, poi si sono fatti strada PayPal, oppure TikTok, quello in più rapida ascesa, come riportato dal Sole 24 Ore, con una performance del 215% balzando al 18° posto della Brand Finance Global 500 del 2022. Proprio in campo automobilistico, in Italia vantiamo Ferrari, il cui cavallino rampante nero su sfondo giallo lo saprebbe riconoscere anche un bambino. Ma come ben sappiamo, c’è una nota coincidenza per questo nome di successo: Ferrari significa pure bollicine, vino spumante di qualità. E vale in tutto il mondo, complice la simbiosi in Formula 1 che dalla stagione 2021 ha messo i due marchi Ferrari a rafforzarsi l’un l’altro sul podio. La Ferrari di Maranello che deve districarsi fra le curve con le prestigiose concorrenti e la Ferrari di Trento che ingentilisce il palato dei piloti che a fiumi inondano il podio con la Jéroboam specificamente brandizzata F1.

Dagli inizi a un cambio epocale

Il sogno di Giulio Ferrari si concretizza nei primi del ‘900, creando in Trentino un luogo di assoluta eccellenza nella spumantizzazione italiana, portando da noi l’esperienza francese e le prime barbaterre di Chardonnay. L’intuizione di coltivare le uve in collina, la conoscenza e la volontà di perseguire qualità assoluta lo portarno a vincere la medaglia d’oro alla Esposizione Internazionale di Milano del 1906. Da lì, dalle poche migliaia di bottiglie si arriva con una crescita costante alle produzioni di oggi, sempre con la volontà di eccellere nel campo.

Ferrari significa grande distribuzione (oggi è impossibile non esserci), ma sempre e comunque di Metodo Classico; e significa soprattutto linee come Perlé, poi le Riserve fra cui la Giulio Ferrari Riserva del Fondatore che trionfa sulle più prestigiose tavole della ristorazione mondiale. Oppure la preziosa Ferrari Riserva Bruno Lunelli, in onore al capostipite della famiglia che da semplice commerciante trentino si indebitò pur di poter acquisire l’azienda di Giulio, costretto nel 1952 a cedere la sua creazione non avendo eredi, dopo aver dedicato la vita, anima e corpo alla cantina. E arriviamo a oggi, con un cambio epocale: Cyril Brun -classe 1969- subentra allo chef de cave Ruben Larentis. Un passaggio di testimone non meno significativo di quello che fu da Giulio Ferrari a Bruno Lunelli, nella storia del brand. Cyril Brun nasce ad Ay -focus dello Champagne- e dopo un’esperienza presso la cantina di famiglia, nel 2000 approda in Veuve Clicquot; per 15 anni ne coordina la parte dedicata al Pinot Nero e guida il team di Innovazione e Sviluppo. Nel 2015 diviene chef de cave di Charles Heidsieck e intanto riceve una serie di prestigiosi premi internazionali, quindi eccolo qui. Camilla, Alessandro Marcello e Matteo Lunelli lo “rubano” alla Francia per avvicendare Ruben Larentis. Direi che è un segno dei tempi, da sottolineare. Oggi l’Italia è sul tetto del mondo parlando di spumantizzazione Top; in questi anni osserviamo la rincorsa al primato di vendite fra Francia e Italia, ma più che le quantità, è la qualità che fa parlare. Ogni area vitivinicola del pianeta -per fortuna- possiede terroir che esprimono vini diversi, creati da enologi con origini e culture anch’esse diverse (fattore umano); sicché l’avere ora un francese come Cyril Brun a casa nostra, dallo Champagne al Trento Doc, ci sta suggerendo qualcosa in più. Una simbiosi che potrebbe rivelarsi persino Amazing, utilizzando un termine che in Italiano non esiste con la stessa forza e fascino. Ruben Lerentis ha quindi il merito di avere abilmente traghettato Ferrari fino al terzo millennio delle bollicine. In una Masterclass organizzata dall’Ais Emilia, Latentis aveva disquisito sulla distanza fra l’apertura della bottiglia e il suo degorgement, con una filosofia di pensiero che non si vincola a tempi canonici. Anzi, è proprio bello sperimentare.

I Ferrari di oggi

Per questo ho atteso a completare la degustazione di alcune selezioni di Ferrari svolta in estate, con l’apertura della Riserva Bruno Lunelli 2006 (la seconda esistente, il primo millesimo fu il 1995), bottiglia 3143 di sole 6891; per distanziarmi ancora di più dalla sboccatura eseguita sul finire del 2021. Gli assaggi sono stati il Ferrari Perlé 2017, 100% Chardonnay, sosta sui lieviti di oltre 54 mesi (sboccatura 2023), spumante sul mercato dal 1971, davvero un riferimento non solo per i Trento Doc; Ferrari Perlé Rosé 2016, 80% di Pinot Nero, 20% di Chardonnay, sosta media di 60 mesi sui lieviti (sboccatura 2023), presente sul mercato dal 1993, che è un dato significavito, cioè anche la storia di una etichetta è la sua forza (trent’anni in cui il mondo del vino italiano è cambiato completamente); infine il Ferrari Riserva Lunelli 2015, selezione di qualità con prima annata datata 2002, 100% Chardonnay e sosta sui lieviti sempre oltre i 70 mesi (sboccatura 2022).

La degustazione

Riserva Bruno Lunelli 2006

Oltre ogni aspettativa. Quando si pensa alle eccellenze di Ferrari si fa riferimento alla Riserva del Fondatore. Annate come la 2004, giusto per citarne una, andando indietro nella memoria, hanno entusiasmato e si ricordano. Oppure la 2009. Ma ogni annata è da scoprire. Poi si arriva alla Riserva Bruno Lunelli 2006. Per comprendere totalmente questa eccellenza, ho voluto tenere conto anche dei valori aggiunti di questa bottiglia che vanno oltre il prezioso contenuto, a partire dalla sua forma: unica al mondo con il fondo convesso che obbliga al remuage a mano e poi ad essere servirla rigorosamente soltanto nel secchiello. E ho ragionato non convenzionalmente anche sui i tempi: senza correre, avrei scritto di questa bottiglia solo al momento opportuno, perché questa Riserva esce da ogni schema. Matteo Lunelli, Presidente e CEO di Ferrari Trento ha recentemente affermato: «Il Ferrari Riserva Bruno Lunelli è un atto di amore e riconoscenza verso nostro nonno Bruno Lunelli e una sintesi perfetta dei suoi valori e del suo spirito visionario». Uno spumante che nasce dalla rigorosa selezione delle uve Chardonnay provenienti solo dalla vigna a 600 metri slm in prossimità di Villa Margon, la tenuta di famiglia sopra Trento. E come abbiamo detto è esistita nel 1995 e nel 2006. E basta.

Nel calice, si presenta di colore giallo dorato brillante con nuance oro antico, perlage finissimo e armonico. La tavolozza olfattiva di questo vino denota un profilo così complesso quanto inizialmente delicato, con l’equilibrio perfetto di tutti i descrittori che possiamo desiderare; arrivano dapprima note di fiori bianchi, sambuco e gelsomino, poi il bouquet si integra della caratteristica espressione minerale di un grande Trento Doc. Ricchezza di frutti al centro dei colori: mela verde matura, poi mela susina scaldata dal sole, poi agrumi in sequenza come il pompelmo rosa, fino al bergamotto che sarà l’anello di congiunzione ideale con le sensazioni al palato. Fra latenze ancora persistenti, decisamente granitiche, dolomitiche, dopo qualche minuto di necessaria attesa di sprigiona una croccantezza vivace, spunti di frutta secca e fieno che ci riconducono alla lunghissima sosta sui lieviti, praticamente 15 anni. Ma l’olfatto, minuto dopo minuto si allontana dalla sensazioni centrali al naso così schiette, liberate da un dosaggio poco al di sotto dei 3 gr/l; allora arrivano dettagli quasi impercettibili di miele millefiori misto a cioccolato bianco, complementari a una piacevole albicocca che poi diviene mango disidratato e poi ancora, sapendo aspettare, persino dattero. Alla bocca la Riserva Bruno Lunelli non nasconde più nulla, decide di inebriare il palato senza riserve. Le bollicine sono delle gentilissime infinite microparticelle vellutate di aria che trasporta messaggi alla mente. Precisione, equilibrio e nitidezza rendono questa bevuta probabilmente unica. Quanto meno nel panorama della spumantizzazione italiana. Ma non solo. Finale con taluni slanci iodati, ritorni di dosata acidità e sapidità, fino a retrogusti di savia e fondali gessosi. Memorabile fuoriclasse.

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