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Delas Fréres

Vino
Recensito da Leila Salimbeni

In mezzo scorre il fiume

Un tortuoso viaggio di 800 km conduce il Rodano al Mediterraneo dopo i natali, alteri, in Svizzera: un percorso, il suo, che propizia la nascita di alcune tra le zone vitivinicole più importanti al mondo, ma che solo nella Côtes-du-Rhône da lui mutua il nome come a suggellarne una seconda, e forse davvero più autentica, terra natìa; un’area di circa 200 chilometri (la più vasta di Francia, dopo Bordeaux) tra Vienne e Avignone, dove questa storia si srotola lungo le rive del grande fiume e tutta a settentrione dove, delle otto zone certificate, due hanno dimostrato una tale costanza da avergli valso la fama di cui riecheggiano oggi: Côte Rôtie (dove l’azienda Delas Fréres produce il ricercatissimo La Landonne) ed Hermitage.

Qui, tra Hermitage, Saint-Joseph e Crozes-Hermitage, prende vita la nostra storia.

Correva l’anno 1835 quando Charles Audibert e Philippe Delas acquisirono un’azienda di commercianti di vino, Maison Junique, a Tournon-sur-Rhône: la ribattezzarono “Audibert et Delas”. I legami tra le due famiglie si rinsalderanno quando i due figli Delas, Henri e Florentin, sposeranno due figlie Audibert ma sarà nel 1924, col rilevamento della successione da parte di Henri e Florentin Delas, che l’azienda divenne Delas Frères, appunto. Una genia, la loro, che i due svilupperanno in lungo e in largo acquistando a Châteauneuf-du-Pape e a Hermitage, assecondando un momento di espansione che i successi commerciali a Londra, Bruxelles, Amsterdam, Ginevra e, dal 1952, negli Stati Uniti, certificheranno già sfogliando gli atti contabili. È il 1960 quando Michel Delas corona lo sviluppo patrimoniale non solo mediante l’acquisizione di nuovi vigneti ma concentrandosi in particolare sui mercati esteri, conquistando a poco a poco la simpatia di Frédéric Rouzaud, Presidente del Gruppo Roederer, che la corteggerà fino all’acquisizione degli anni 90.

È in questo momento che prende piede il progetto per la nuova cantina a Saint-Jean-de-Muzols. Sono anni di turnazione anche dal punto di visto del capitale umano, ed difatti è il 1997 quando, su invito di Fabrice Rosset, Jacques Grange entrerà a far parte di Delas Frères come direttore tecnico.

Il suo contributo sarà decisivo non solo per l’adozione di nuove pratiche viticole e per la sostituzione delle fallanze nel vigneto ma anche per il restauro di quella bellissima opera di “land art” che sono muretti di contenimento adottati lungo le rive del Rodano: unico elemento umano preposto a disciplinare le irte pendenze e la cui cura coincide, in tutto e per tutto, con la salvaguardia del patrimonio paesaggistico.

Così, in maniera naturale, si approfondisce anche l’approccio della parcellizzazione, che viene adottata dapprima nei due vigneti di 6 e 12 ettari situati in località Les Chassis, a Crozes-Hermitage. È con questa nuova acquisizione che il vigneto di proprietà arriva a 30 ettari e da cui sortisce un vin de domaine che prende il nome dalla cantina “Domaine des Grands Chemins” segnando una nuova tappa nella strategia aziendale, basata sulla personalità di Delas Frères come proprietario.

In anni recenti, poi, fa il suo ingresso nel team tecnico l’enologo italiano Marco Beckmann che, insieme a Jacques Grange, lavora meticolosamente sul controllo dell’apporto di ossigeno dalla fermentazione all’imbottigliamento, studiando ogni cru e ogni vendemmia in maniera sempre nuova tanto che senza canovacci prestabiliti vengono utilizzati ogni anno tini aperti in legno o piccoli tini termoregolati in acciaio o, ancora, barrique nuove, secondo necessità, e questo mentre 600 botti di bottai borgognoni di fama mondiale come François Frères, Seguin Moreau o Damy hanno da tempo sostituito le vecchie, come a dire ancora una volta che il capitale umano – qui quello col bottaio di fiducia – presiede a ogni successo.

Ma il lavoro comincia, va da sé, ancora prima, e infatti da Delas Fréres la vendemmia può essere diraspata totalmente o solo in parte mentre, talvolta, viene vinificata nella sua interezza.

Una versatilità totale, dunque, nonché la capacità di pensare, e agire, fuori dagli schemi, insieme all’esperienza accumulata negli anni permettono loro di produrre ogni anno vini sempre più focalizzati nell’esaltazione di ogni singolo cru, rappresentato col massimo livello di tipicizzazione.

Quanto ai tempi più recenti, nel corso della bella annata 2014, per celebrare i suoi primi 180 anni, Delas Frères ha acquisito una nuova proprietà, stavolta nel cuore di Tain-l’Hermitage e, nel 2015, si raggiunge il punto apicale della ricostruzione dei muretti, proprio nella collina dell’Hermitage.

Con una produzione di quasi un milione di bottiglie in rappresentanza di quasi tutte le AOC della Valle del Rodano l’azienda Delas ha, da qualche anno, iniziato ad apportare ulteriori cambiamenti stilistici a cominciare dal suo vino più rappresentativo: il Côtes-du-Rhône Saint-Esprit che, da qualche vendemmia, vede cambiare il suo uvaggio in favore della Grenache rispetto al Syrah, e privilegiare fermentazioni spontanee e una percentuale di grappolo intero, oltre alla vinificazione in acciaio e cemento, cui segue un affinamento in legno per 18 mesi. Un vino concepito per avvicinare i consumatori al Rodano per la sua agilità di beva: una solo apparente facilità che attrae per la sua piacevolezza, intriga per il dinamismo e, non ultimo, per il prezzo assolutamente concorrenziale (14€).

Delas Fréres è importata, in Italia, da Sagna S.p.A.

1 Commento.

  • Passione Gourmet10 Gennaio 2024

    […] Schlumberger (di cui vi abbiamo parlato in questo podcast), dai rossi del Rodano di Delas Fréres (qui) e fino ai rosé dei Domaines […]

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