QB – Quanto Basta

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Trattoria

Cebolla
PREGI
Un luogo dove si sta bene.
DIFETTI
Servizio caotico ma gentile.

Vacanze romane (quanto basta) nel cuore di Bologna

A Bologna, in cucina, si perdona tutto tranne l’avanguardia. Ora, iperboli a parte, è proprio questa la sensazione che si ha da qualche anno a questa parte vedendo avanzare il verbo della “tradizione” e arretrare, per contro, quello di chi prova a metterla in discussione, questa tradizione o, quantomeno, a contaminarla. Così accade, con sparute eccezioni, anche qualora la tradizione scelta sia, poniamo, alloctona rispetto alla città ospite; poco importa: l’importante è che sia riconoscibile e, di conseguenza, rassicurante, cosa che dimostra anche questo Quanto Basta in via del Pratello, dove la cucina romana e laziale viene non solo accolta ma addirittura consacrata dal bolognese contemporaneo, che vi si riversa al punto che si fa fatica a trovare un posto libero il lunedì sera.

Ma da Quanto Basta, del resto, si sta bene. Il ristorante, che festeggia quest’anno i suoi 15 anni di attività, ha mantenuto nel tempo la sua indole scapigliata di “bistro de noantri“, irriverente come la migliore romanità sia a tavola che nell’accoglienza che, stretta stretta nei suoi 24 coperti, sempre occupati, per giunta, si fa perturbare nel clima, anche emotivo, causa una servizio senz’altro solerte ma anche molto sensibile. Quanto alla cucina, invece, è decisamente più stabile, inalterabile com’è la cucina domestica e borgatara, anche se qui ingentilita in ogni modo possibile.

Cucina domestica

E difatti il cuoco, Fabio Fiore, si dimostra assai accorto nell’amministrazione delle sapidità della cucina romana, potenzialmente insidiose causa l’onnipresenza di guanciali e pecorini. Quasi sciapa, a questo proposito, l’ottima Coda alla vaccinara recuperata e fritta e quindi inzuppata in un bagnetto rosso, saporito all’uopo. Buono ma senza virtuosismi il Crostino col pecorino fondente e le acciughe, del resto è coi primi che le papille esultano. Porzioni abbondanti, tenuta perfetta della cottura, ottima mantecatura, misto edotto di pepi, e poi la straordinaria presenza, ancora una volta, di un ottimo pomodoro nei Rigatoni all’Amatriciana ad addolcire e slanciare il tutto. Impeccabile la Carbonara, forse addirittura troppo tanto che ci viene in mente l’aforisma di Karl Kraus, “per essere perfetta le mancava solo un difetto“. Leggera, croccante e gustosissima, infine, la Frittura di alici, mentre davvero sorprendente il Gelato alla crema e amarene sotto spirito realizzato maison. Bella, infine, la carta dei vini, leggermente sovra-ricaricata forse ma gremita di piccole meraviglie.

IL PIATTO MIGLIORE: I rigatoni all’amatriciana.

La Galleria Fotografica:

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Leila Salimbeni

In famiglia si ritiene che abbia ereditato il palato del nonno Adorno, col quale ha imparato ad amare il vino e a fare colazione con pane, burro e pasta d'acciughe. Perfino le sue prime parole furono parole di gusto: precisamente, il rifiuto di mangiare i biscotti inzuppati nel latte, di cui detestava la consistenza. Una presa di posizione sul mondo, commestibile e non, che dopo una laurea in linguistica la porta a Bologna dove, con una tesi specialistica, decide di applicare la Semiotica Strutturalista alla cucina di Massimo Bottura. Correva l'anno 2010: da allora, non ha mai smesso di scriverne.

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