Passione Gourmet L'Osteria Colombina - Passione Gourmet

L’Osteria Colombina

Trattoria
Frazione Canal 40, Feltre (BL)
Chef Giannantonio Candiani
Recensito da Giancarlo Saran

Valutazione

Pregi

  • Singolare incrocio tra cucina veneta e sapori e tradizioni nepaline.

Difetti

  • Un locale molto semplice, ma custode di storie di vita.
Visitato il 07-2023

I viaggi golosi assieme al Marco Polo del terzo millennio, Giannantonio Candiani

Ci sono storie che si possono concentrare su di un piatto e aprono poi finestre verso mondi che mai prima avresti immaginato. Canal è un piccolo borgo, due tornanti più in là di Feltre, un tempo storico avamposto tra i confini della veneziana Repubblica Serenissima e le terre di Cecco Beppe. Merci e uomini comunicavano lungo quella che era poco più di una mulattiera, magistralmente descritta da Matteo Melchiorre ne “La via dello Schener”. L’Osteria Colombina era uno dei riferimenti storici delle quattro case del borgo. Un tempo casoin, ossia negozio di alimentari, poi enoteca e, da poco più di un anno, il piccolo regno di Giannantonio Candiani. E qui si apre un altro capitolo.

Trevigiano genere natu sentiva la vocazione di scoprire il mondo, storie di uomini e tradizioni diverse. Entra a lettere in quel di Padova, ma dopo poco si trasferisce a Londra, dove si iscrive ad antropologia culturale, mantenendosi agli studi servendo al banco e tra i tavoli nei pub sulle rive del Tamigi. Si laurea praticamente in contemporanea in entrambe le discipline e, non contento di questa performance, entra nel prestigioso team della Dante Alighieri, l’ambasciata della cultura italiana nel mondo. Viene spedito a Kathmandu, la capitale del Nepal, due milioni di abitanti con vista Himalaya. Un melting pot di civiltà e culture diverse che è la linfa vitale delle sue curiosità. Anche qua viaggia a paso doble. Fuori dall’istituto confeziona ravioli e lasagne che poi va a vendere nei mercatini locali. Il made in Italy funziona e apre Piano B, nomen omen, perché non si sa mai cosa ti possa capitare il giorno dopo: una trattoria tricolore che diventa il riferimento affidabile per chi voglia bearsi di polenta e sopressa come di prosciutto e un calice di prosecco. I tempi cambiano. È tempo di tornare a casa. La famiglia aveva un vecchio rustico in quel di Canal, e lui coglie la palla al balzo. Lo inaugura il 15 febbraio, quasi a dare un seguito ai sogni di San Valentino. Una scommessa ben riuscita. Come era stato ambasciatore del Made in Veneto all’ombra del K2, ora lo diventa di quelle terre lontane in terra dolomitica. Una sorta di Marco Polo del terzo millennio.

Il Dalai Lamon

L’esordio è con quella che diventerà la madeleine del buon ritorno. Le alici a Kathmandu. Classiche alici in saor, ma diversamente speziate con pepe rosa, zenzero e mango, una macinata di pinoli e frutta secca. Non c’è storia. Fareste il bis automatico se non fosse che merita il test di papilla pure il Baccalà alla nepalina. Un classico mantecato speziato con coriandolo, zenzero e cipolla. È tempo di Momo non momo. Una radicata tradizione nepalina, in uso nelle famiglie come nei locali di lusso. Ravioli che gli autoctoni farciscono di agnello o yak (il bovino locale), il nostro Gian con più autoctone ricotta, gorgonzola e mandorle. Il tutto messo a pucciare in una salsa a base di peperoncino. Libidine pura. Vi sentite uno sherpa di arrampicata golosa. Divertente il Coniglio con le mele. Le scambiate per patate al forno, ma è solo un effetto ottico, il gusto ben temperato così come la Scottona al curry e patate, stavolta reali. Un tocco di edibile design montanaro il Mirga ko polpette, che altri non è se non il cervo locale (ribattezzato alla nepalina) con salsa di avocado e wasabi. Sempre il mix di tocco esotico e locale con la panzanella di frutta e zenzero. Si conclude coerenti con una Tarte tatin con noci pesca e gelato al latte.

Se siete incuriositi a sondare meglio il vissuto di questo personaggio che è disponibile a raccontarsi con una discrezione che fa la differenza è solo valore aggiunto. Una citazione per tutte sulle spezie. “Sono molto usate, su tutte zenzero, peperoncino, il coriandolo è presente dappertutto, come il nostro prezzemolo”. Al saluto della staffa divertente la vignetta che gli ha dedicato l’amico Beppe Mora che lo definisce il Dalai Lamon, un singolare incrocio tra il signore delle montagne tibetane, il Dalai Lama, e il più ruspante fagiolo dei colli feltrini, quello di Lamon appunto, giunto da noi per un omaggio di Carlo V, Imperatore di Spagna, a Papa Clemente VII nel 1532 e portato tra la sua gente da Padre Valeriano, illustre canonico feltrino. Ma questa è tutta e ancora un’altra storia…

IL PIATTO MIGLIORE: Le alici a Kathmandu.

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