Bianco su bianco: il risotto di Massimiliano Alajmo e lo Chablis
Calandre, autunno, interno giorno. Un risotto bianco con lattume, bianco, di storione e briciole di pane, e uno Chablis dal sorso sferzante eppur attraversato da una solida struttura. Un piatto di monastica bellezza, un inno alla stagione, ai suoi profumi e i suoi colori, così come sempre ci ha abituato il menù e la carta di uno dei ristoranti più plastici e dinamici del panorama gastronomico nazionale.
Questo particolare risotto, però, è anche un capolavoro di complessità sottile, un gioco tra sapidità e acidità, tra sensazioni lattiginose e croccanti, tra morbidezze mai troppo rotonde, e asperità mai troppo pronunciate. Un capolavoro di misura, nonché un risotto buonissimo ma, questo, era forse scontato dato che a realizzarlo è uno Chef che non abdica mai all’aspetto goloso e confortante di una cucina raffinatissima, la sua, iper-complessa mai senza darlo a vedere: parliamo di Massimiliano Alajmo.
Gli associamo, rispondendo a un’intuizione di ordine cromatico che, come spesso accade, nel vino, si rivela sempre appropriata, lo Chablis Vielles Vignes di Domaine Hamelin il cui solo apparentemente esile corpo può contare, però, su un corredo strutturale dato dalle vecchie vigne – un fazzoletto di terra di soli due ettari, con piante di 70 anni messe a dimora su suolo gessoso, sovrapposto ad argilla e calcare – e sul lungo affinamento, di oltre dieci anni. Un sorso sferzante che la grassezza del lattume e del riso, che l’amido rende naturalmente dolce, incalza per contrasto, consegnando al palato uno di quegli equilibri rari: conflittuali e perfetti. Il Domaine, che opera su una superficie di 37 ettari, si estende sui tre villaggi di Poinchy, Beines e Lignorelles.