Passione Gourmet Vitium - Passione Gourmet

Vitium

Ristorante
via Ginnasio 4, Crema (CR)
Chef Michele Minchillo
Recensito da Giovanni Gagliardi

Valutazione

14/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Locale curato, nel quale è facile sentirsi a proprio agio.
  • Il talento dello Chef.

Difetti

  • Piatti prevalentemente dal gusto evanescente e più belli che buoni, che necessitano di maggiore concentrazione gustativa.
  • Si parcheggia lontanuccio.
Visitato il 09-2021

La tavola giovane di Michele Minchillo, in pieno centro a Crema

Portarti con me in questo viaggio è il mio unico Vitium”.

Questa la dichiarazione d’intenti – alquanto virtuosa per la verità – che troverete nel video caricato sul sito del ristorante. A parlare è Michele Minchillo, pugliese, 28 anni, chef e patron di Vitium, delizioso ristorantino quasi nascosto in un bell’edificio del ‘300 in pieno centro a Crema.

Dopo il diploma all’Alma, Minchillo ha girato molto facendo varie esperienze in giro per il mondo e in Italia dove ha lavorato al Pont de Ferr di Matias Perdomo e con Isa Mazzocchi a La Palta.

Si entra e si è subito piacevolmente colpiti dall’atmosfera giovane e allegra che si respira. Giovanissimo il personale di sala guidato da Federica Bernabini, giovanissima la maggior parte dei clienti. Moderna la mise en place, senza tovaglietta, essenziale ma di gusto l’arredo; insomma, si respira una bella aria e si sta bene.

Dopo gli amuse bouche gradevoli e caratterizzati da un discreto contenuto lipidico, gli antipasti ci danno l’idea di una cucina tecnicamente ineccepibile: salse tirate alla perfezione, temperature e consistenze adeguate, senza dubbio il tataki di Rubia Gallega e la caponata, gambero e melanzana (probabilmente un’evoluzione – simile ma diversa – del cubo di melanzana fondente accompagnata dal gambero rosso di Mazara di cui rimandiamo alla nostra precedente esperienza) raccontano bene le potenzialità del giovane Minchillo: lieve e raffinata la caponata, asciugata da ogni rusticità di sorta; interessante l’uso dell’anguria acetata che dona al tataki un inusuale e gradevolissimo sprint.

Si rileveranno i piatti migliori della serata.

Una cucina attuale, scevra dal territorio ma dall’identità definita, semplice e pulita

Sotto tono, a nostro giudizio, i primi, penalizzati anche da piatti di portata non adeguatamente riscaldati. Gli spaghettoni al riccio, per esempio, non restituiscono al palato il mare ma un umami diffuso e un po’ troppo “umido”; i ravioli tra suggestioni partenopee, mantovane e cremasche restano un po’ a metà del guado palatale, non riuscendo a trovare una direzione precisa.

I secondi si fanno preferire: sia la pluma Iberica che la sogliola, grazie soprattutto all’eccellente qualità della materia prima, si rivelano piatti nel complesso appaganti, pur senza incantare. Molto semplice il dessert.

Al Vitium si ha la consapevolezza di mangiare prodotti lavorati e cucinati da una mano sicura ed elegante, dalla quale quindi sarebbe lecito aspettarsi qualcosa in più, capace di far decollare alcuni piatti. Sia chiaro, la filosofia adottata piace e non va abbandonata: è raro, infatti, imbattersi in un giovane Chef distante dai moderni paradigmi – tesi ad esaltare l’apparenza a scapito della sostanza – ma capace di conquistarsi senza scorciatoie e senza piacionerie la fiducia della clientela più giovane, a patto però che la cucina di Minchillo sappia isolare quel pizzico di intensità  e centratura gustativa in grado di fare la differenza tra una tavola semplicemente buona  – ma troppo rotonda, affusolata e più bella che buona e persistente – e quella in grado di sfiorare le giuste corde, lasciando qualcosa nella memoria.

In questo senso la nostra valutazione, penalizzante rispetto alla precedente visita, valga da stimolo per il futuro, confidando in un traguardo decisamente superiore e certamente alla portata per tecnica e capacità.

La Galleria Fotografica:

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