Passione Gourmet Contaminazioni - Passione Gourmet

Contaminazioni

Ristorante
via San Sossio 2A, Somma Vesuviana (NA)
Chef Giuseppe Molaro
Recensito da Fiorello Bianchi

Valutazione

16/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Una proposta originale di cucina "contaminata".

Difetti

  • Partenza con amuse bouche non tutti incisivi.
Visitato il 10-2021

La cucina nippo-campana di Giuseppe Molaro

Giuseppe Molaro è un giovane chef con una brillante carriera internazionale. Toccando l’Irlanda, Barcellona, per prendere poi il volo sotto l’ala di Heinz Beck, prima a Roma, poi in Portogallo, Dubai e Tokyo, dopo essere diventato l’executive chef del Sensi, decide di tornare a casa, a Somma Vesuviana e, con il supporto dei genitori, già dediti alla ristorazione, ha creato un concept di multi ristorazione che si dipana all’interno di un edifico, creato ad hoc, con un bistrot, una panineria e, sopra, la punta di diamante, Contaminazioni, appunto.

Le contaminazioni sono sia mentali che palatali: la Campania incrocia l’Oriente in un gioco di equilibrio, grazia, bellezza e particolarità di gusto. C’è una gentilezza di fondo, molto orientale che affronta l’irruenza italica e ne escono piatti, talvolta, davvero sorprendenti.

Da Contaminazioni non esiste un menù alla carta, si può scegliere tra tre menù degustazione e il più completo è quello Omakase, dove ci si affida completamente allo chef. Molto particolare il cocktail di benvenuto con aceto di aglio nero, kombucha ai gambi di prezzemolo, olio al peperoncino e noci, preludio agli amuse bouche, un po’ altalenanti in termini di incisività.

Il giardino Zen del palato

Spiccano la friabile e gustosa meringa di zucca con mousse di parmigiano reggiano e il piatto con i friarielli in molteplici versioni, scottati con aceto di mele, in crema, con il vegetale fermentato proposto sia nella sua acqua che come polvere, accompagnati da quinoa. Ogni piatto del menù degustazione presenta un certo livello di complessità di ingredienti e di preparazioni sempre equilibrate.

Piccolo capolavoro l’anguilla, marinata in sakè e vino rosso, crema di arachidi e funghi, puntarelle, aceto e crema di cachi: ha l’unico difetto di essere una porzione troppo piccola. Si alternano piatti in cui si spinge di più sulle acidità e altri più rotondi, più goduriosi e piacioni, probabilmente per non destabilizzare troppo una clientela, già non molto avvezza a non poter scegliere da un menù alla carta. Particolarmente apprezzati per lo spunto di acidità gli gnocchetti di Zita, cotti in brodo di pesce, crema di mela annurca, cipolla cotta con dashi, zest e crema di limone, aceto di pane e kamobushi, un katsuobushi fatto con il petto d’anatra, olio allo zenzero e alla maggiorana, sia ossidata sia fritta.

Siamo rimasti poi molto colpiti dalla parte dei dolci, dove lo chef si è davvero spinto con coraggio nel territorio dei contrasti con la sapidità, con un piccolo gioiello di equilibrio nel crumble alla nocciola, namelaka e gelato al the matcha, malto alle alici del Cantabrico e suoi pezzetti, con aceto di vino rosé. Una piccola pasticceria davvero intrigante, nella quale ci si inoltra in mousse alla noci e gorgonzola e sfere al caramello di cipolla.

In conclusione un indirizzo fra i più innovativi e particolari in terra campana, uno chef con un importante bagaglio di esperienze e un approccio molto zen che si riflette nella sua filosofia di cucina, di grande equilibrio, grazia e gentilezza.

Se però, da una parte, siamo consapevoli dell’esigenza di avere delle proposte non troppo destabilizzanti, auspichiamo e suggeriamo, soprattutto nel menù Omakase, di alzare ulteriormente l’asticella, esplorando ed estremizzando sempre più il terreno delle contaminazioni, alla ricerca di sensazioni palatali inesplorate. Del resto, la testa, il palato e la maestria nel gestire vari spettri di acidità e sapidità ci sono e, di conseguenza, la potenzialità per raggiungere risultati sempre più importanti.

La galleria fotografica:

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