Valutazione
Pregi
- Servizio di sala impeccabile.
- Esaltazione del territorio.
- Selezione di acque e olii.
Difetti
- Prezzi abbastanza elevati.
“Danì”…a casa di Nino
Siamo sull’Isola di Ischia e precisamente a Ischia Ponte, piccolo borgo mediterraneo di pescatori che ha visto crescere, all’ombra del Castello Aragonese, Nino Di Costanzo. Qui, in quella che era stata la dimora dei nonni paterni e dove nacque il padre, lo Chef ha aperto il suo indirizzo, appunto, la sua “casa” come evoca il nome del ristorante dove “danì” sta, appunto, per “da Nino”. A completare l’insegna, che fiera campeggia all’ingresso, la sua firma posta a sigillo di quella identità e autorialità che pervadono spazi e piatti del ristorante.
Attraversato un lussureggiante giardino curato in ogni dettaglio che ospita, oltre a rigogliosi arbusti e vegetali, tanto opere d’arte quanto il privé riservato di Riva (Cantiere Navale italiano, leader del settore) si giunge a una sala con quattro tavoli rotondi, uno per angolo, per un massimo di 16 commensali che fa da proscenio all’ulteriore sala, padroneggiata dalla cucina a vista, e da uno chef’s table (per ulteriori quattro sedute) dal quale poter assistere all’alacre lavoro della brigata che si muove tra i fornelli, in un concentrato e monastico silenzio. Alle pareti e sui tavoli opere di artisti locali che raffigurano i simboli della napoletanitá più pura, nell’aria, il diffondersi delle note struggenti e al tempo stesso emozionanti delle canzoni di Pino Daniele, agevolano il commensale ad entrare nel “mood” partenopeo, necessario per cogliere appieno l’essenza dell’esperienza culinaria alla corte di Nino Di Costanzo.
Tradizione napoletana avanguardista
La cucina di Di Costanzo è tradizionale nei sapori e negli aromi ma avanguardista nella tecnica e nell’ideologia che la animano. Qui non si vedono (né mai si vedranno) voli pindarici dettati dalle mode del momento perché i suoi piatti sono e, soprattutto, vogliono essere intelligibili a chiunque. Lo chef si misura con la globalizzazione della clientela e degli ingredienti utilizzando l’unico strumento che ha a disposizione per evitare omologazioni di sistema e di pensiero, ossia la sua spiccata identità partenopea che si traduce in piatti veraci e territoriali.
Lo spaghettone ai cinque pomodori, il crudo pesce, la pasta e patate, il riso in bianco bruschetta e ricci, il raviolo di coniglio e provola, l’agnello in parmigiana di melanzane, la cotoletta napoletana al babà sono perfetti connubi di arte, tecnica e gusto e sono solo alcune delle creazioni che costellano un menù veramente interessante frutto di tanta passione, ricerca, sperimentazione e rispetto della materia prima nei suoi cicli stagionali; un menù che parte dall’antico, dalle origini e dall’infanzia dello chef ma, che, nel suo risultato finale, risulta essere molto più moderno e contemporaneo di quanto possa apparire prima facie.
A Di Costanzo viene criticato, fin dai tempi, de Il Mosaico, un eccesso di forma nelle preparazioni e nelle presentazioni, una sorta di appesantimento nello stile, di autoreferenzialitá, a scapito della sostanza. In realtà, l’estrosità di taluni impiattamenti, ovvero di alcune stoviglie, appare parte integrante del tutto e serve a meglio contestualizzare l’esperienza culinaria ed esaltare il lato ludico e artistico della personalità dello Chef, il cui temperamento è evidente soprattutto nella parte dolce del menù con “Il Circo” e “Art is not a crime” e “Ischia Ponte“: un plastico che ospita, benché edibili, i luoghi che lo hanno visto crescere.
Nulla, qui, è lasciato al caso, ma tutto è perfettamente orchestrato per amplificare le percezioni sensoriali e accompagnare il commensale in uno dei più bei percorsi che ad oggi offre il panorama gastronomico nazionale.
Incredibile che questo ristorante non abbia 3 stelle Michelin!