Passione Gourmet Mater Bistrot - Passione Gourmet

Mater Bistrot

Ristorante
via Pasquale Sottocorno 1, Milano
Chef Alex Leone
Recensito da Fiorello Bianchi

Valutazione

15/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Formula elastica di ristorazione.
  • Cucina estrosa e di carattere.

Difetti

  • Rumorosità della sala.
Visitato il 06-2021

La cucina Acid e Free Jazz di Alex Leone

In una via di Milano che, nel corso degli ultimi anni, si è sempre più vivacizzata per presenza di locali e negozi, è arrivato, da pochi anni, Alex Leone con il suo Mater Bistrot.

Nel suo locale l’offerta è variegata e si presta sia a pranzare e cenare, sia a fare un aperitivo o bere qualcosa dopo cena. Ci sono piatti da mangiare con le mani, piattini tipo tapas e i piatti veri e propri, con possibilità di scegliere alla carta o di farsi guidare dallo chef “bendati e guidati” con tre menù degustazione. Lo chef-imprenditore è, in primis, un bravo cuoco, ha fatto una bella gavetta nella ristorazione di hotel, con cucine non stellate, catering e ristoranti su Milano, fra cui spicca l’esperienza al Rebelot.

Si è formato e bene, ha acquisito basi decisamente solide e ora porta, nel suo bistrot, una sua visione di cucina espressa, diretta e peculiare, di forte carattere. Sapori forti e decisi, con influenze da tutto il mondo per una visione cosmopolita della “Milano da mangiare”. Una cucina allegra e informale, che può essere rotondamente soul e virare sulle acidità dell’acid jazz e diventare free jazz, con improvvisazione nell’impostazione del piatto giocando di spigolature, spingendo sui picchi di contrasti o su forti tonalità, non necessariamente in equilibrio.

FUN FUN FUN: il menù degustazione

Il menù degustazione più completo è di sei portate, volutamente senza amuse bouche e petit fours, puntando ad una concretezza di fondo.

C’è l’utilizzo invece di interludi vegetali, propedeutici alla salivazione, fra i quali svetta French kiss, sorprendente per il disorientamento palatale con una batteria pulsante di acidità con lampone, sommacco, karkadè, la dolcezza impercettibile dello zucchero e la sapidità dell’umeboshi.

Le portate possono avere un taglio sartoriale in base alla conoscenza del cliente o alla percezione delle sue preferenze.

Nel nostro caso lo chef si è potuto spingere sulle note di acidità, presenti in quasi tutti i piatti, in modo più o meno rilevante. In modo leggero nella barbabietola marinata nell’aceto di lamponi, che ben si sposa con il paté, fatto di fegatini di vitello e cuore di pollo, con uno spunto ulteriore della nota alcolica del gel di mezcal. Bella spinta invece sul gustoso ceviche di tombarello, con mosto di fichi, estratto dragoncello accompagnato dalla sua ventresca, con mais croccante e ananas speziato: un piatto, questo, che risulta essere purtroppo un po’ troppo asciutto nel suo complesso.

Decisamente vincente il risotto con mantecatura al burro acido, angostura, ciliegie al Vermouth e maggiorana, molto particolare e insolito per le varie tonalità di gusto. Un piatto che rimanda ai tortellini di tamarindo fermentato, panna e angostura di Francesco Brutto, non per il gusto, completamente diverso, ma per l’utilizzo sapiente della nota bitter dell’angostura. L’animella in versione mari e monti si perde invece un po’, sopraffatta dalla acidità della senape e da una sapidità un po’ borderline del fondo, anche se, per goduriosità, si presta ad una scarpetta finale.

Un’esperienza che, in una derivazione free jazz, porta ad alcuni eccessi ma, se è vero che “la potenza è nulla senza controllo“, è anche vero che vale sempre la pena provare l’ebbrezza di spingersi al limite, anche se si corre il rischio di uscire fuori pista, come accade in alcune preparazioni eccessivamente cremose che ci esortano a precisare che, in questo caso, la nostra valutazione è arrotondata per eccesso.

Quindi, concludendo, una cucina di sapori forti e decisi, talvolta equilibrati, talvolta, volutamente, no, un po’ fuori dagli schemi con improvvisazioni, alcuni eccessi ma, soprattutto, FUN, FUN, FUN.

La galleria fotografica

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