La Locanda di Piero

VALUTAZIONE

Cucina Classica

14/20

PREGI
L’uso della componente vegetale.
I prezzi delle degustazioni.
La carta vini, attenta alle realtà locali.
DIFETTI
Alcune cariche gustative sono da ricalibrare.

L’oasi culinaria di Renato Rizzardi e Sergio Olivetti nel nord-est vicentino

Nel mezzo del panorama industrializzato del nord-est veneto, si trova La Locanda di Piero, consolidata realtà culinaria con quasi 30 anni di storia e tradizione alle spalle.

Il locale, attivo dal 1992, è gestito Renato Rizzardi e Sergio Olivetti: il primo in cucina e il secondo in sala, duo in perfetta sintonia nel proporre al commensale un’esperienza dallo stampo classico che, pur presentando alcune imprecisioni da ricalibrare, si è rivelata di notevole pregio.

Il locale è diviso in due sezioni: quella interna, più intima, dagli arredi minimali e dal tono sobrio; quella esterna, in veranda, l’unica attualmente attiva, da cui poter gustare, oltreché le portate, le campagne circostanti.

Rizzardi è cuoco di lungo corso, con esperienze importanti tra Italia e Stati Uniti (nel 1985 ha ricevuto la nomina di Master Chef della California), la cui cucina affonda nella tradizione più classica, ma lo fa in maniera intelligente e salda, avendo una sensibilità tutt’altro che banale nell’uso della componente vegetale.

L’esperienza, però, non potrebbe dirsi completa senza riconoscere i meriti dell’ottimo servizio di sala garantito da Olivetti, sommelier professionista, le cui attenzioni e i cui consigli dimostrano una conoscenza del panorama enologico veneto, e non, davvero notevole e originale.

Nel nostro percorso abbiamo sposato una linea che desse ragione tanto delle componenti ittiche quanto di quelle di quelle più propriamente di carne. Se alcune soluzioni ci hanno convinto per precisione e immediatezza, altre ci sono parse da migliorare.

La Locanda di Piero: il valore della complicità tra sala e cucina

L’inizio è stato purtroppo una falsa partenza: la tartare di trota affumicata con insalata di primavera, fiori eduli e tartufo nero estivo si è infatti rivelata una portata che non ha ben coniugato intenzioni ed esecuzioni. La sapidità ittica era infatti eccessiva, tanto da sovrastare le componenti vegetali, le quali presentavano una carica gustativa non all’altezza delle aspettative – il tartufo, ahinoi, era sostanzialmente insapore e inodore.

Cambio completo di registro col piatto successivo, cappelletti di gamberi con zuppetta di orata e asparagi verdi, la portata migliore del servizio: la pasta si è presentata di media tiratura, dall’ottima consistenza tattile, e ha sprigionato un ripieno di gamberi dalla forte nota iodata, capace di trovare una bella armonia con la rotondità della zuppa. L’asparago, da comprimario, ha conferito un buono stacco amaricante e il crescione, on top, ha garantito lunghezza finale. Un piatto da ko tecnico.

Meno risolti i ravioli di maialino con salsa agrodolce alle mele Envy e prugne, la cui rotondità è risultata a tratti eccessiva, con l’acidità sovrastata da una dolcezza portentosa e ai limiti della stucchevolezza. Tuttavia, e qui sta la bravura del servizio, il piatto ha acquistato un valore diverso abbinato all’ottimo Ca’ Michiel, poiché ne ha risaltato le inaspettate note di goudron, spezzando, di rimando, l’eccessiva dolcezza.

Filetto di vitello in crosta di prezzemolo, verdure gratinate e salsa marsala è da considerarsi signature dish della cucina di Rizzardi. Dall’aspetto in apparenza in sottrazione, è risultato ben più ragionato di quanto non sembrasse: la perfetta morbidezza delle carni è stata garantita da una panatura, metà di prezzemolo e metà di erbe aromatiche, tra cui drangoncello, che ha donato un’insospettabile lunghezza, conferma di quell’attenzione all’uso oculato e fondativo delle componenti vegetali di cui abbiamo detto sopra.

In chiusura, da segnalare la bavarese alla vaniglia e cioccolato con composta di rape rosse, arancia e meringa, nella quale a sorprendere è stata la rapa rossa usata intelligentemente in chiave dolce.

Possiamo quindi dirci soddisfatti del pranzo, suggerendo delle lievi ricalibrature gustative, le quali, va detto, non hanno intaccato un’esperienza davvero piacevole.

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Gianpietro Miolato

Di formazione letteraria, è affamato di buon cinema e buona cucina. L’avanguardia come obiettivo primario, ma con occhio vigile sulla tradizione. Tempo libero e chilometri sono investiti nella ricerca della tavola che sappia sedurlo più della precedente.

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VALUTAZIONE

Cucina Classica

14/20

PREGI
L’uso della componente vegetale.
I prezzi delle degustazioni.
La carta vini, attenta alle realtà locali.
DIFETTI
Alcune cariche gustative sono da ricalibrare.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menù degustazione: 2p 35€, 5p 35€, 7p 70€
Alla carta: 75€

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