Valutazione
Pregi
- La splendida sala, gestita magistralmente da Alfonso Bonvini.
- La cucina a vista con il tavolo dello chef.
- Un punto di riferimento in un territorio avaro come Pavia e il pavese.
Difetti
- L'ambiente forse troppo scuro per la stagione estiva.
La nuova anima gourmet per il rilancio di Pavia
Primo a partire il bistrotBistrot o Bistrò. Piccolo locale tradizionale francese che offre un servizio simile all'osteria italiana. La crescita esponenziale di locali di avanguardia in formato Bistrot (negli anni 2000), prima in Francia come risposta all'alta cucina da Hotellerie e poi in tutta Europa, ha segnato un vero e proprio 'movimento' gastronomico associabile al termine "Bistronomia", da cui deriva l'aggettivo 'Bistronomico' (usato dagli... Leggi poi, a ruota, il ristorante gourmet e, per la stagione estiva, un bar-pasticceria-pizzeria, aperto da mattina a sera. Il progetto Lino, ambizioso polo che vuole rendere grande anche dal punto di vista gastronomico il capoluogo del pavese, non ha badato a spese e la sua punta di diamante, il ristorante gastronomico, ha una sala deliziosa e elegante, oltre che una cucina completamente a vista tanto tecnologica quanto bella e avveniristica.
Andrea Ribaldone lancia il guanto di sfida a una città difficile e in un momento anch’esso difficile. Ma è proprio questa l’essenza della sfida, altrimenti che gusto c’è? E così, dai primi passi nel ristorante gastronomico, crediamo che Andrea, che dirige un team davvero formidabile, abbia proprio ottime probabilità di vincerla.
La sua scommessa, condivisa con la proprietà, è quella di dare lustro alla capitale pavese e a trasportare, per una gita fuori porta a pochi passi dal centro, flotte di milanesi in un angolo incantato alle porte, appunto, di Milano. Di cui Pavia rappresenta un gioiello incastonato tra le colline e, di conseguenza, un palcoscenico importante per la cucina di Ribaldone. Al suo fianco, nel ristorante gastronomico, una solida certezza e un collaboratore fidato da tempo immemore: l’autoctono Federico Sgorbini, già al suo fianco nel corso delle innumerevoli avventure pregresse.
La strada verso il “mano libera”
Ecco quindi riproporre, al fianco di alcuni ormai classici come le capesante con primizie vegetali in agrodolce, il rognone e cavolfiore o, tra i dolci, la tarte al limone bruciato, rosmarino e sesamo, anche ristrutturazioni come il quadro di vitello tonnato e gli gnocchi di patate, zafferano e cinghiale, riedizione del famoso spaghetto Milano qui incastonato in una chiave ancor più golosa e gourmet.
Trattazione a parte merita l’imperioso e divertente il risotto ai quattro formaggi che, irridendo un classico della cucina pop italiana, nobilita la ricerca sui gusti – vengono esplorati il dolce, l’acido, l’umami e l’amaro – e sul territorio, utilizzando quattro splendidi formaggi della provincia pavese. Un piatto destinato a diventare sicuramente un signature dish con potenzialità davvero interessanti. La base neutra, con una leggera nota fruttata e intensa donata dalla purea di pere fermentate, ripercorre e intreccia un altro grande classico italiano – pere e formaggio – con la spinta della qualità – immensa – dei formaggi impiegati.
Forse il piatto tra i più audaci presenti in carta, non molti a dire il vero, perché la ricerca, in questo momento iniziale e, di conseguenza, seminale, è più incentrata su gusti rassicuranti, confortevoli e smussati.
I percorsi degustazione, da tre a cinque portate, vantano peraltro un rapporto qualità-prezzo davvero invidiabile. Noi appassionati gourmet puntiamo molto sul “mano libera”, il terzo dei menù proposti che è anche il più lungo e il più costoso, e contiamo che evolva ulteriormente verso una direzione più ricca di contrasti e stimoli che ci aspettiamo, del resto, dal duo al comando.
Un cenno, ma ben più di un cenno, alla squadra in sala capitanata dal giovane talento Alfonso Bovini, dotato di classe, direzione, presenza e grandi capacità, di cui, siamo certi sentiremo parlare assai a lungo e assai bene.
La galleria fotografica:
Abbiamo avuto il piacere di pranzare allo chef’s table del Ristorante Lino, dove chef Sgorbini guida la sua piccola brigata con entusiasmo e simpatia in una cucina a vista di grande bellezza. Siamo stati introdotti dallo chef ai piatti del menù a mano libera, che risentono solo in parte della scelta di accontentare una clientela generalmente poco ricettiva al fine dining. La perizia tecnica dello chef, affinata in molteplici esperienze in Francia, Inghilterra ed Italia, nonché una sua grande sensibilità personale, hanno concesso assaggi dove il gusto è sempre centrato e deciso, come nella triglia con caciucco alla livornese o nello splendido patè di fegatini di cappone e fegato grasso. Le materie prime di grande stagionalità e la provenienza delle stesse, che non si limitano alla zona di Pavia, hanno fornito un’ottima esperienza gustativa, di grande impatto e digeribilità. La proposta enologica è stata tutt’altro che scontata, presentando vini da dessert a inizio pasto, sake prodotti con riso Carnaroli ed etichette di grande qualità, che spaziavano dal Piemonte all’Oltrepò Pavese. Un appuntamento che speriamo di ripetere grazie anche a un menù che propone rivisitazioni e perfezionamenti continui di piatti già precedentemente in carta, auspicando una virata verso contrasti ulteriori, ben sapendo che lo chef non rinuncerà in ogni caso ad esaltare la tradizione e il territorio che lo circonda.