Valutazione
Pregi
- Un concetto di ristorazione originale.
- La varietà dei "bocconi".
Difetti
- Politica di pricing "premium", recentemente ritoccata verso il basso.
Nordic Omakase
Così si può riassumere il concetto di ristorazione di Bites, una proposta decisamente coraggiosa, partita a gennaio, ovviamente in salita. Da Bites ci sono solo 16 posti, 8 al bancone e 8 su 4 tavolini. Ora ridotto a 8 totali per motivi di distanziamento. C’è un unico menù degustazione a 95€, ovvero 13 bites, con possibilità di aggiungere un piatto, in questo caso il piccione, a 20€. Il menù di Ottobre è però già stato riposizionato come prezzo su 75€.
Si parte tutti alla stessa ora per una esperienza che dura intorno alle due ore. Ogni mese cambia il menù. Pietro Zamuner e Andrea Baita sono i due giovani chef e soci. Hanno un passato comune da Antonio Guida e Marco Ambrosino, Pietro ha lavorato anche da Cracco, Joia, Faviken, con esperienze in Oriente, dal quale mutuano l’idea dell’omakaseIl termine omakase significa “lasciare fare al cuoco”, ed è ciò che in Giappone, alla fine di una dura giornata lavorativa, più si preferisce fare: non prendere decisioni. Ecco, non prendetevela se non vi sarà dato di sapere il prezzo dell’omakase fino alla fine del pasto, né se non avete la minima idea di cosa state mangiando; ricordatevi di specificare... Leggi in cui l’ospite si affida a loro in un percorso dove affiorano riferimenti, sia per ingredienti che per preparazioni, alla cucina “nordic” (fermentazioni), “francese” (salse) e “orientale” (funghi, bibimbap, kimchill Kimchi è una pietanza tipica della cucina coreana a base di cavolo cinese o cavolo verza. Esistono diverse varianti di questa pietanza in base alla zone della Corea cui si fa riferimento, ma la ricetta che proponiamo in questa occasione è quella maggiormente conosciuta. Si parte dalla fermentazione del cavolo in salamoia.... Leggi), con cotture solo alla brace e piatti finiti al bancone e raccontati con dovizia di particolari, uno per uno. Si alternano note dolci, acide, umami nei piatti, per una esperienza, nel complesso interessante e insolita.
Bite me up!
Il percorso, come dicevamo, è abbastanza vario e si alternano in una sequenza e con un bel ritmo i vari bites.
Data la stagione il fungo è ben presente, anche se la scelta cade su tipologie orientali, quali enoki e shitake: il primo con uova di salmone e crema acida e il secondo, alla brace, con misoE' un condimento di origine giapponese derivato dai semi della soia gialla, cui spesso vengono aggiunti cereali come orzo o riso, segale, grano saraceno o miglio. È diffuso in tutto l'estremo Oriente, soprattutto in Corea e Giappone, dove svolge un ruolo nutrizionale importante, essendo ricco di proteine, vitamine e minerali. Il miso funge da base per numerose ricette e zuppe... Leggi di nocciole e nocciole tritate, entrambi interessanti negli accostamenti, decisamente riusciti. Piacevole e piacione il piatto di lumache con shitake, crème fraîche e caviale di aringa, avrebbe avuto più spinta probabilmente con una dose maggiore di caviale.
Il piccione con una salsa al tartufo nero, latte di noci e noci grattugiate è ruffiano e non può non piacere. Toni acidi si trovano nei cannolicchi con susine fermentate, dove però tendono a prevalere, e nell’astice blu con zucca fermentata e una salsa al polline, con uno “squilibrio più controllato”, però ancora da migliorare. Particolarmente apprezzato il diaframma con alga e sugo di conchiglie di mare, per un equilibrio spinto sulla sapidità e l’azzeccato accostamento terra-mare. Il bibimbap è decisamente poco entusiasmante, se non per l’ottimo ragù di piccione di accompagnamento e il mochi di castagna chiude il piatto ma in modo abbastanza anonimo.
Il capitolo dolci riserva delle gradite sorprese con un gelato di segale con birra amara e un fico appassito ricoperto di cioccolato con aceto balsamico di aglio nero e fiocchi di latte, entrambi dolci non dolci, decisamente intriganti.
Bites è, dunque, progetto decisamente insolito e ambizioso, con l’impostazione concettuale dei bites e del bancone, un po’ Gaggan style, che però potrebbe e dovrebbe forse avere più spinta e/o una progettualità esperienziale meglio studiata nella sequenza fra dolcezza, sapidità, umami e acidità. In assenza di un percorso in ascesa verso un climax, c’è la necessità di rendere ogni boccone davvero indimenticabile.
Il ché non è sempre così, per cui l’esortazione che facciamo loro è “Bite me up!”: ovvero cercate, fino all’esasperazione se necessario, e in ogni boccone, quell’elemento peculiarissimo in grado di trasformare l’esperienza da piacevole a memorabile. Le basi e le potenzialità, del resto, già ci sono.