Ca’ Murani

Come a casa. Molto meglio che a casa, in questa calda insegna faentina

Sospesa. Inamovibile nel tempo quanto nello spazio, complice il moto ondivago indotto dal fascinoso pavimento irregolare, è la dimensione dell’attentissima Daniela Pompili in sala e di Remo Camurani in cucina. Una dimensione che vuol esser domestica, molto meglio che domestica, appunto, e che comunque vien dichiarata già nella scelta di spezzare il cognome del cuoco, che poi è anche l’oste e, così facendo, farne una casa o, meglio una Ca’ Murani.

Sembra di sprofondarci dentro, in questa dimensione pregna di senso, e di calore, complice il camino acceso e le calde luci sui tavoli e sugli avventori. Anche la colonna sonora, anch’essa asincrona dato che si tratta di un repertorio di singoli anni ’40 e ’50, proietta la scena in un passato ideale così come fa la cucina, che è soprattuto una cucina di ingrediente e di sostanza, di una semplicità disarmante quasi monastica. Ma è una semplicità solo apparente, perché ci vuole perizia a selezionare questo Crudo di Mora Romagnola, da maiale ultra-pesante, di oltre 60 mesi di stagionatura e il lonzino di maiale affumicato, delicatissimo, appena umettato d’olio extravergine di Brisighella e del pepe appena pestato sul mortaio, all’uopo.

La mano, e il palato, di un grande interprete della tradizione romagnola

Quanto alle portate, il sipario si leva su un libidinoso uovo di oca, asparagi selvatici, ritagli di gambuccio e tartufo nero, un  piatto da scarpetta, tutto da godere col rustico, fragrante pane di Remo; così come l’ottima minestra di ceci e ritagli di tagliatelle. Si prosegue con la polpa coriacea di un coniglio selvatico in tegame alle olive nere, da mangiare con le mani, e spinaci carnosi e croccanti all’inverosimile, serviti assieme a un assaggio, indimenticabile nei suoi accenti nocciolati e dolci, del suo fegato col tartufo nero.

Non da meno i dolci: né il morbido di cioccolato né il crème caramel, spugnoso e compatto com’era una volta. Ottima anche la selezione sui vini, anch’essa iper-territoriale, e culminata con l’assaggio di un Alkermes ambrato potentissimo e deflagrante, edizione limitata 2019 di Baldo Baldinini.

Perché parte del segreto, e del successo, di questa tavola risiede proprio nel palato di chi la cucina: il palato fine del cuoco che, nel corso degli anni, ha scritto le pagine della migliore Romagna, tanto a tavola quanto nel bicchiere.

La Galleria Fotografica:

 

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Leila Salimbeni

In famiglia si ritiene che abbia ereditato il palato del nonno Adorno, col quale ha imparato ad amare il vino e a fare colazione con pane, burro e pasta d'acciughe. Perfino le sue prime parole furono parole di gusto: precisamente, il rifiuto di mangiare i biscotti inzuppati nel latte, di cui detestava la consistenza. Una presa di posizione sul mondo, commestibile e non, che dopo una laurea in linguistica la porta a Bologna dove, con una tesi specialistica, decide di applicare la Semiotica Strutturalista alla cucina di Massimo Bottura. Correva l'anno 2010: da allora, non ha mai smesso di scriverne.

1 Comments

  1. Raffo ha detto:

    Quel prosciutto (o probabilmente spalla) mi pare di conoscerlo…

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VALUTAZIONE

Trattoria

CebollaCebolla
PREGI
L’autenticità dell’esperienza.
Una grande materia prima, interpretata con sensibilità.
La sala, ricca di squisiti dettagli nell’arredo: orchidee e colonna sonora, su tutti.
DIFETTI
Difficile trovarne, forse solo le porzioni, un po’ abbondanti.

INFORMAZIONI

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