Valutazione
Pregi
- L’estrema cura nella scelta dei prodotti.
- Alcuni spunti lasciano molto ben sperare per il futuro.
Difetti
- Non sempre il risultato gustativo sembra proporzionale al lavoro tecnico.
- Per raggiungerlo bisogna percorre una lunga camminata e una scalinata.
La prima avventura da chef-patron di un giovane con un curriculum di tutto prestigio
Il riepilogo delle esperienze lavorative di Alessandro Rapisarda – Crippa, Parini, Uliassi e un pizzico di Berasategui – ha il suono familiare delle leggende che scaldano il cuore degli appassionati di sport. Gli chef sopracitati, che possiedono doti didattiche non inferiori alle qualità culinarie, non possono che aver lasciato il segno nello stile, nel carattere e nella tecnica di un giovane cuoco che da poco ha intrapreso il proprio percorso da protagonista. E così, malgrado nel tempo abbiamo imparato a non lasciarci abbagliare dagli sciorinamenti di nomi leggendari, percorrendo la scalinata che disegna il ripido vicolo dove Casa Rapisarda ha sede, abbiamo sorpreso, ad accompagnarci nella salita, il formicolio di quella curiosità che dà un senso al nostro goloso peregrinare.
Portonovo e il mosciolo selvatico
A poche decine di metri dalle spiagge della turistica Numana, nel pieno centro del borgo storico, i venti coperti raccolti in due minuti ambienti sono lo scenario di una cucina che dal vicino mare e dalla fertile campagna marchigiana trae, con le dovute licenze e senza talebanismi territoriali, linfa e idee. Già dalla lettura della carta, che prevede oltre alla libera scelta dei piatti anche due percorsi degustazione, è evidente come l’ingrediente feticcio di Rapisarda sia il mosciolo selvatico, che della vicina e splendida Portonovo è il vessillo gastronomico. Le proprietà organolettiche caratteristiche dei mitili pescati in questo tratto dell’Adriatico diventano il motore di svariate preparazioni e di uno studio apposito. L’acqua di questi molluschi – che non vengono puliti – viene sottoposta a successive operazioni di spurgatura che danno luogo a un liquido limpido ma allo stesso tempo più sporco nel sapore. Risultato? Un ottimo guazzetto di cozze che, a nostro parere, non rende giustizia al lavoro necessario per ottenerlo.
Risultati altalenanti per un cuoco di sicuro interesse
Il caso non è però isolato: nella rivisitazione del classico pollo con peperoni, le numerose preparazioni vegetali arricchite dalla concentrazione aromatica del peperone di Senise, risultano penalizzate dalla finitura al tavolo. Il ricercato boccone del prete (la parte più prelibata del pollo corrispondente al sottocoda) viene nappato con un fondo di pollo, il quale fa sì che le molteplici sfumature annunciate finiscano per annullarsi a vicenda. Dove l’indiscutibile tecnica riesce ad andare di pari passo con una concezione coerente, ecco arrivare i risultati migliori: i Cappelletti in brodo a Ferragosto sono una sintesi di freschezza, golosità e finezza esecutiva, con un complesso brodo freddo, ottenuto a partire da acqua di mozzarella e pomodori, e un ripieno esplosivo davvero ben pensato. Il resto della cena corre fra alti e bassi, lasciando ben sperare per l’avvenire ma dando allo stesso tempo la sensazione che già oggi si possa e si debba fare meglio con questi mezzi e questa sensibilità. Il servizio non eccelle per empatia mentre la cantina, pur ridottissima, è un concentrato di proposte intriganti e ben calibrate sulla cucina. Nel breve-medio termine è lecito attendersi qualcosa di più, ma consigliamo di seguire attentamente l’evoluzione di questa tavola.