Ironico, a tratti irriverente, self confident, e provocatore
Cristiano Tomei non è uno chef, pardon, un cuoco (come lui stesso ama definirsi) qualsiasi. Se fossimo in un episodio della Marvel sarebbe sicuramente tra i supereroi protagonisti, tra i buoni perché difende a spada tratta i colori e i valori della buona cucina italiana, o tra i cattivi, perché contrario alle nuove tendenze, nordiche in primis. Cristiano Tomei è tutto questo: uno chef di rottura che sperimenta e che adotta le più svariate tecniche in cucina.
Viareggino, impara a cucinare per gioco molto presto a 10 anni, alimentando la sua passione grazie al padre che, in tempi non sospetti, lo porta in giro per ristoranti. Peppino Cantarelli, il maestro Marchesi, Fulvio Pierangelini sono i fari e i punti di riferimento di una cucina tecnica che poggia le basi in un territorio capace di regalare materia prima locale bona, dal pesce del Tirreno ai capretti e alla ricotta del vicino pastore, fino alle erbe selvatiche raccolte sulle vicine montagne dell’appennino e in pineta. La cucina di Tomei è cosa apparentemente semplice: sostanza a servizio della pancia, cerebrale allorché vuole sorprendere, spiazzante rispetto ai canoni classici.
È difficile immaginare un’esperienza noiosa a L’Imbuto, già a partire dalla location, ovvero il L.U.C.C.A – Lucca Center of Contemporary Art, che presto migrerà verso Palazzo Pfanner, proprio lì dove è stato girato il Marchese del Grillo con Alberto Sordi. Nessuna insegna o indicazione all’esterno: qui si cena tra le opere, in sale intime e raccolte dove il servizio giovane e veloce è gestito dall’elegante moglie dello chef Laura Verpecinskaite.
Tre proposte che cambiano a seconda delle disponibilità quotidiane e dei non-schemi dello chef
Dei 3 menu in carta da 5, 7 e 9 portate abbiamo optato per quello intermedio, nel quale le provocazioni non sono tardate ad arrivare.
In un simpatico cartone per la pizza da asporto ci è stata presentata una Sintesi di marinara: pelati marinati nel lievito di birra spento con olio, basilico, aglio, origano selvatico, cappero disidratato e caviale di aringa. Il profumo è intenso e inebriante, il gusto è pieno e avvolgente. Dopo il Pesce nero – un’ombrina di fondale marinata e cotta alla brace, con estratto di salvia, centrifugato di cavolo viola e rafano grattugiato – arriva uno strepitoso Ossobuco con insalata di mare: il fieno bruciato sul fondo regala grandi profumi, la brace vive sul midollo, e il riccio di mare regala dolcezza ed eleganza.
Ogni portata è un concentrato di sorpresa e stupore, così come il raviolo all’olio extravergine di oliva, parmigiano e polvere di cavolo nero. La sfoglia ruvida cela la gustosa quanto inaspettata esplosione dell’olio che, accompagnata al parmigiano, ci riporta ai sapori casalinghi. La Bistecca primitiva è un vero e proprio passo indietro nel tempo: carne cruda di manzo della Garfagnana servita con il suo grasso e con buccia di patata fritta su una profumatissima corteccia di pino riscaldata. Massimo coinvolgimento dei sensi per un piatto da mangiare rigorosamente con le mani.
Un capriolo marinato e un grandioso piccione cotto appeso sulla brace fanno da preludio a un fine pasto con dolci-non dolci. Un susseguirsi di tante piccole attenzioni fra cui risalta l’ostrica con il biscotto all’inglese salato e un gel al limone sorprendente: un vortice continuo di dolcezza, sapidità e acidità.
L’esperienza da Tomei non lascia di certo indifferenti: il personaggio, la cucina e la location incuriosiscono non poco. Quale migliore occasione del cambio sede per tornare a L’Imbuto e lasciarsi nuovamente sorprendere dallo chef con la bandana in testa?
La galleria fotografica:
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Capriolo marinato, vermouth
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Uovo sodo: siero di latte di capra, crema catalana
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1 Comments
“La bistecca primitiva”, mi sa che ha sbagliato foto, mi sembra un midollo con non so cosa sopra da mangiare con il cucchiaio.