Valutazione
Pregi
- La location, davvero notevole.
- Il servizio, puntuale e preciso.
Difetti
- L'Ottovolante gustativo-qualitativo a cui si è sottoposti, che deve trovare una quadratura naturale.
- Il prezzo, abbastanza impegnativo.
Al Kresios non ci arrivi per caso. A dispetto del nome della città, qui non si vedono flussi copiosi di turisti in cerca di relax termale.
Al Kresios, e a Telese Terme, ci devi andare apposta.
E questo aspetto è stato chiaro a Giuseppe Iannotti sin dall’inizio. Abbiamo avuto un tormentato esordio con lui. Tormentato perché alcuni anni or sono trovammo un cuoco giovane, quasi trentenne, scalpitante e convinto, molto convinto, di sè. Ma come può un giovane ragazzo del Sannio non essere convinto di sè per aprire un ristorante importante, con cucina gourmet, in un luogo come questo?
Giusta dose di convinzione, di tenacia, che però riteniamo fosse alquanto prematura, fintanto eccessiva. L’irruenza del giovane Iannotti va perdonata, forse anche compresa. Nel frattempo però lui e la sua cucina ne hanno fatta di strada. Forse l’ascolto, forse la volontà estenuante di emergere, e certamente un pizzico di talento l’hanno incanalato sulla strada giusta.
Una strada che, badate, è solo all’inizio e tutt’altro che terminata. Ma un percorso che fa intravedere spunti interessanti, originalità che immaginavamo persa nel tempo, idee che ci portano a credere che qui può risiedere un giovane ed interessante talento, non solo del Sud ma dell’Italia intera.
Un percorso, dicevamo, che è cominciato sotto gli auspici di una buona stella. Quella conquistata due anni or sono, che oggi è meritata più che mai.
Ma il percorso è ancora arduo e tortuoso. Il giovane cuoco dovrà saper trovare e ricercare, tra la sua strabordante veemenza, una maturità ed un equilibrio quanto mai necessario. E lasciare da parte l’estrema convinzione nei suoi mezzi, mettendosi al cospetto di una crescita ed una maturità ancora da trovare.
Abbiamo goduto di una cena che ci ha trasportato su un ottovolante. Piatti concettualmente e praticamente tra l’interessante e il francamente spiazzante. Nuove idee, originali, altalenate a stimoli e déjà vu plateali (di cui forse il cuoco sannita non ha veramente bisogno). Strabordanza, esuberanza, iperproduzione. Con alcuni passaggi davvero di classe, di grande tecnica, e di centrato equilibrio gustativo.
Il gioco iniziale delle piccole tapasCon il termine spagnolo tapa, si indica un'ampia varietà di preparazioni alimentari tipiche della cucina spagnola consumate come aperitivi o antipasti. Le tapas spagnole sono preparate con ingredienti legati alla produzione alimentare mediterranea. Le tapa possono essere fredde, quando vengono preparate, per esempio, con le olive miste ed il formaggio, o calde, con polpo e calamari fritti. L'origine della parola... Leggi, o amuse bouche che dir si voglia: un terzo interessanti, quasi geniali; due terzi poco centrate e concentrate, dai sapori sbilanciati e a tratti evanescenti. Frutto di un ragionamento “sulla carta” dell’abbinamento, ma che poi non aveva un riscontro oggettivo al palato. Un esempio? Bon bon di gorgonzola, amarena e cioccolato. L’uso del cioccolato al latte al posto di un cacao più acido, puro e maschio (criollo ad esempio) è stato motivato dal fatto, giustissimo, che a questo punto del menù non avrebbe avuto senso una bomba palatale, troppo virante sull’amaro. Bene, valutazione anche condivisibile.
Risultato? Un bon bon troppo dolce, in cui l’amarena e la grasso-dolcezza del cioccolato non compensavano la dose di gorgonzola, accennato appena. La mente e il ricordo va immediatamente a Luciano Tona e al suo cioccolato bianco e gorgonzola. Un’esplosione in bocca, con note acide-grasse e piccanti che si rincorrono in un turbinio sensoriale tanto intenso quanto devastante. Servito come predessert, e non come entrata.
Per non parlare invece, nel pasto completo, di uno stratosferico sgombro marinato nell’agro di mele, con una cottura non-cottura da manuale, affiancato da zenzeroLo zenzero (Zingiber officinale Roscoe, 1807) è una pianta erbacea delle Zingiberaceae (la stessa famiglia del Cardamomo) originaria dell'Estremo Oriente. Coltivata in tutta la fascia tropicale e subtropicale, è provvista di rizoma carnoso e densamente ramificato dal quale si dipartono sia lunghi fusti sterili e cavi, formati da foglie lanceolate inguainanti, sia corti scapi fertili, portanti fiori giallo-verdastri con macchie... Leggi in chips, pepe rosa, aneto, e la lisca e la testa fritte a puntino. Amaro, grasso-goloso del fritto che rincorre le note acetiche e accomodanti del filetto. Con le spezie a chiudere il cerchio. Chapeau! Piatto che vale il viaggio.
Così come uno straordinario uovo marinato, il cui rosso riscopre una textura mirabolante come evoluzione post cracchiana, nappato da una salsa tonnata e polvere di capperi.
E poi che dire di una lingua dalla textura fondente (fondant come direbbero i cugini d’oltralpe). In cui si riscopre un ingrediente feticcio dell’alta cucina italiana e lo si eleva ancora. Una cottura che, per tempi e metodi, rende questa lingua di una texura sensuale come Sharon Stone in Basic Instict. E gli abbinamenti, polveri e salse, centratissimi.
Si continua con un risotto ai funghi in cui la cottura, al limite per un uomo del Sud ma formidabile per noi, e una mantecatura con rilascio di amidi perfetta era esaltata da una lieve nota di funghi e rosmarino. Che elegantemente, ma mai in modo invasivo e prorompente, si insinuavano tra le pieghe di questa pietanza davvero estrema.
Originali ma ancora prototipali due piatti: il brodo di katsuobushiIngrediente molto importante della cucina giapponese. Il katsuobushi si ottiene grattugiando i filetti di tonnetto striato essiccato, fermentato e affumicato.... Leggi di vitello e la terrina di triglia, così come l’abbiamo soprannominata. Due piatti ancora grezzi, su cui lavorare a nostro avviso, ma che hanno indubbie potenzialità per diventare stupefacenti, di altissimo livello; il brodo, ancora in divenire, perché troppo etereo. I dashiIl dashi è un leggero e limpido brodo di pesce, caratteristico della cucina giapponese, usato come base di minestre e come ingrediente liquido di molte preparazioni. Il dashi forma la base per la zuppa di miso, il brodo chiaro e i noodles in brodo.... Leggi provati in Giappone ci dicono tutt’altro.
E la triglia per una mancanza di contrasto vivo, necessario in quella proporzione e servizio per consentire ad un cliente, alla bisogna e a sua scelta, di trovare un punto di rinfresco e di appoggio gustativo.
Spaghetti allo scoglio troppo poco umidi invece, e poco persistenti al palato. E un fritto misto che, seppur buono e goloso (ma come fa a non esserlo un fritto?), è scivolato via con una apparente cifra stilistica di tono inferiore.
Dolci molto interessanti, davvero molto interessanti e ben studiati. Ottimi per essere al cospetto di un cuoco di origine salata.
Tutto ciò appena descritto, l’ottovolante dei piatti, è sintomatico di un sentimento, e di un percorso, che proseguirà così per tutto il pasto. Quasi fosse più a tratti il palato mentale a governare del palato naturale. Quasi fosse la cultura, l’intelligenza, l’abbinamento tecnico-elaborativo a guidare più dell’anima, della pancia, dell’istinto.
Iannotti è un ragazzo molto intelligente, decisamente colto. Vediamo spesso prevalere in lui quest’anima, assecondata dalla componente razionale. Che emerge nella dettagliata descrizione dei piatti, che sciorina una preparazione ed una conoscenza di tecniche ed ingredienti invidiabile.
Ma proprio per questo, per non rimanere imbrigliati nelle cervellotiche evoluzioni tecnico-mentali, il cuoco diventa grande cuoco quando lascia spazio all’istinto, al palato naturale. Disperdendo le tecniche, semplificando i passaggi, diminuendo gli ingredienti. E lasciando libero sfogo, con naturalezza e sicurezza, alle sue doti naturali.
Questo crediamo sia il passaggio, doveroso, che Giuseppe Iannotti debba ancora intraprendere. Che sia capace di farlo solo il tempo ce lo dirà. Abbiamo intravisto grandi potenzialità in questo senso, non sempre appunto soddisfatte, in un luna park emozionale davvero interessante. Quindi per ora gli diamo fiducia, con riserva però. Ma consigliamo a chiunque abbia la nostra passione di tuffarsi nel Sannio più profondo e di andare a trovare Giuseppe Iannotti e il suo Kresios.
Un plauso infine per la sala, governata da due giovanissimi autoctoni che, pur essendo appena (o quasi) entrati nella mondo del lavoro hanno una stoffa e un talento che di rado capita di trovare. Un’intelligenza ed una sensibilità davvero fuori dal comune. Ricordatevi in particolare di Alfredo Buonanno, ne sentiremo certamente parlare nel prossimo futuro.
Inizia la serie degli amuse bouche: carota fermentata.
Pelle di baccalà soffiata e paprika amara.
Zucchine, caviale di tartufo nero e menta.
Pollo arrosto.
Pizza (panino a vapore, concentrato di pomodoro e pasta d’acciuga, polvere di oliva).
Bon Bon di gorgonzola, amarena e cioccolato.
Pop corn di animellaGhiandola corrispondente al timo umano presente in agnelli e vitelli che scompare con l’avanzare degli anni. Rientra tra le frattaglie bianche, si presenta come una massa spugnosa e va consumata fresca, altrimenti fermenta. La parte commestibile, di forma allungata, si definisce noce e, previa cottura, va immersa in acqua, ricambiandola ogni volta che assume un colore rosato, al fine di... Leggi.
Raffaello di foie grasIn francese significa letteralmente "fegato grasso" ed è definito dalla legge francese come "fegato di anatra o di oca fatta ingrassare tramite alimentazione forzata”. È uno dei prodotti più famosi e pregiati della cucina francese. Esistono tipologie di 'foie gras' non derivate da animali sottoposti ad alimentazione forzata. Spesso il fegato grasso è associato all'alta cucina francese e internazionale per... Leggi.
Pancia di maialino, rose in polvere, caviale di montagna e timo.
A tutto sgombro, gran bel piatto.
Tonnato: tuorlo d’uovo marinato, maioneseLa maionese (dal francese mayonnaise o dal catalano maonesa) è una salsa madre, cremosa e omogenea, generalmente di colore bianco o giallo pallido, che viene consumata fredda. Si tratta di un'emulsione stabile di olio vegetale, con tuorlo d'uovo come emulsionante, e aromatizzato con aceto o succo di limone (che aiuta l'emulsionamento). La ricetta tradizionale prevede l'uso di olio d'oliva e... Leggi di tonno e cappero.
Pomodoro, acciuga e origano
Voluttuosa la lingua di bue, salsa di papaccelle, bagnetto verde liofilizzato e sale di bambù.
Piuttosto anonimo lo spaghetto allo scoglio. Qui umido al punto giusto, ma in un’altra occasione troppo asciutto (foto sotto).
Risotto ai funghi e rosmarino.
Katsuobushi di vitello.
Bistecca di triglie.
Piccione.
Fish & chips, alquanto ordinario.
‘O raù, piatto reso intenso dall’estratto di cardamomo.
Didascalica la ricciola hamachi, crema di piselli, insalata con sesamo e olio di nocciola.
Mojito.
Omaggio al Kentucky di Benevento.
Zucca, cardamomo caffè, malto e zafferano.
Kiwi, meringa, gel di aceto di uva e lemon curd.
Petit fours.
Cos'hai bevuto?
Degustazione al calice del Bravissimo Sommelier, tra cui ricordo Blanc d'Argile, fiano di Villa diamante, Poliphemo e Tawny 40
Beh, è andata benone ;)
Sono finalmente stato al Kresios di Giuseppe Iannotti. Vado un po’ liberamente. Più avanti dettaglierò il menù, carta bianca. In parecchie parti in parallelo a quello di Alberto, in altri passaggi significativi invece nuovo. Dunque, a breve distanza dal suo, un menù non statico, bonus. Concordo solo in parte con l’ottovolante segnalato da Alberto, salvo i non frequenti passaggi in diversa maniera (per idee, esiti) un po’ meno incisivi, e i due passaggi (su 32) nei quali la salinità è risultata un po’ fuori fase. L’esito complessivo è stato ben superiore alle attese. Che dire, le cose cambiano, invito tutti a provarlo o riprovarlo. Ho trovato intanto una cucina personale e matura dal punto di vista tecnico. Cotture perfette, ottima materia prima mai banalizzata o resa poco agibile dalla cottura. Gradazione delle temperature di volta in volta tra varietà e puntualità. Molto spesso abbinamenti originali nelle idee e nelle componenti gustative, passaggi ben studiati dal punto di vista dimensionale tra le parti e dal punto di vista delle consistenze. Ripetutamente scanditi, tutti i gradi di difficoltà dai quali in buona misura si esenta una cucina più tradizionale. Qui quasi sempre assai brillantemente superati. O si corrono dei rischi o si ripete alla noia l’esistente, accontentando solo chi via via si siede (…ma c’è anche chi, non solo cibo, nel gusto seduto c’è nato! :) Volendolo dare, un giudizio numerico al momento a mio parere potrebbe stare sul 17, mettendo Iannotti in una categoria più consona, per le qualità, impegno e coraggio che dimostra. In tutto il percorso c’è stato un fuoco d’artificio di stimoli che ha reso sempre interessante l’evolversi della cena, per noi volata via quasi senza accusarne peso (in consistenza e leggerezza consapevole del percorso, non solo gustativa, ma anche calorica e nutrizionale) nonostante le oltre tre ore. Certo la matrice è quella dello stile Adrià, ma letto in chiave personale, e come dato ormai acquisito da cui partire per trovare nuove idee da applicare alla propria storia e alla propria tradizione. Tradizione è nella radice di senso sia un trarre dal passato e portare al futuro e sia un tradire come il volgere del tempo tradisce sempre le certezze di fronte alle nuove sfide. Potrei magari ancora dire che in questa cena mi è mancato solo leggermente un maggiore o, meglio ancora, più mirato apporto vegetale. Nei cuochi dove secondo la propria personalità e il proprio stile si modulano varie tonalità cosiddette ‘amare’, oltre al deciso arricchimento nei colori e nella profondità della dinamica del discorso gustativo, si riesce a vedere in anticipo il passaggio da una cucina che sta evolvendo per tante ragioni verso un minor e più pensato apporto animale e verso un maggior apporto vegetale dunque più ricco di componenti minerali. E’ un processo in atto da decenni. Solo un gusto più attardato ancora non ne percepisce la portata. (segue)
Ora il menù (e, da uno a cinque, il segno che mi ha lasciato passaggio per passaggio) I primi dodici da mangiare con le mani: - Cetriolo fermentato; ** - Caviale e champagne; **** - Pelle di baccalà soffiata e paprika amara; *** - Tagliolino di zucchine, perlage di tartufo nero e menta; **** - Pizza alla napoletana; ** - Tramezzino di rane; ***** - Pollo arrosto; *** - Una mela al giorno; **** - Caciocavallo silano e confettura di mela annurca; *** - Pop corn di animella; **** - Cioccolatino di gorgonzola e amarena; *** - Raffaello di foie gras. **** Di questi 12 flash: 6 notevoli (idea-forma-gusto in ben riuscita sintesi) 4 normali (idea>gusto, comunque interessanti ma per varie ragioni non foravano) 2 sottotono; forse farne un po’ meno, ma se al cuoco piace accordare-intonare gli strumenti si può anche accettare la sua idea Parte centrale: - Cocktail di ostrica; **** - Melanzana e ricci; **** - Spiedino di maialino; *** - Il gambero; *** - Tonnato sbagliato; ***** (vedi Alberto) - Insalata di pomodoro; * - A tutto sgombro; ***** (vedi Alberto) - Katsuobushi di vitello; ***** (molto molto interessante, ovviamente non l’intensità di quello col tonno, ma originalità e una spinta caratteristica, da lavorarci per trovargli dei contesti) - Genovese di tonno; **** - Una ricciola nell’orto; **** - Agnello e shiitake; **** - Rognoni di coniglio, rucola selvatica e matcha; ***** (certo diversi ma nel livello tecnico-gustativo rognoni di coniglio sull’ordine di quelli di Crippa) - Spaghetto allo scoglio; **** - Risotto ai funghi; **** - ‘O raù; **** Dessert: - Tapioca, frutto della passione e cioccolato frizzante; **** - Mojito; **** - Litchi e violette; **** - Kiwi; **** - Petit fours. (Anche la parte dessert originale e di alto livello) Al nostro tavolo s’è bevuto: Tè allo zenzero Blanc d’Argile – Vouette et Sorbée Pietrarosa 2011 – Di Prisco Poliphemo 2006 – Luigi Tecce Chambord e Fentimans Infine sottoscrivo su sala e servizio parola per parola quanto detto da Alberto, bravi! Questa cena al Kresios e i due pranzi di tempo fa alla Taverna Estia e alla Torre del Saracino per me le cose migliori in Campania. Ma questa cena molto più stimolante.