Passione Gourmet Restaurant Jean François Piège, Parigi - Passione Gourmet

Jean François Piège

Ristorante
79, rue Saint-Dominique 75007 Parigi
Chef Jean François Piège
Recensito da Roberto Bentivegna

Valutazione

18/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • La nuova veste della cucina classica francese

Difetti

  • A cena il locale è troppo buio
Visitato il 02-2014

Restaurant Jean François Piège, Parigi

Al numero 79 di Rue Saint Dominique sta accadendo qualcosa di importante.
Che della sua generazione, quella dei quarantenni chef francesi, fosse il più moderno e, forse, il più talentuoso, già in tanti lo avevano scritto.
D’altra parte non si prendono tre stelle a trent’anni così per caso.
Ma il ristorante col suo nome e la possibilità piena di fare la sua cucina hanno rovesciato il banco, segnando una sterzata decisa nella sua carriera.
Jean François Piège sta dando una nuova chiave di lettura alla cucina francese e questa non è una cosa che si vede tutti i giorni.
Forse questo non sarà il ristorante migliore oggi in Francia, ma senza dubbio è uno dei più interessanti sotto vari aspetti.
Un percorso folgorante quello di Piège: dalla nascita a Valence nel 1970 (dove guarda caso ha sede uno dei più grandiosi ristoranti della storia gastronomica francese, la Maison Pic) all’incontro nel 1992 con Alain Ducasse, con cui rimarrà fino al 2004 raccogliendo tutti i premi che c’erano da raccogliere. Quindi i 5 anni all’Hotel de Crillon, dove con ragionata incoscienza sovverte gli standard della cucina di palazzo mischiandola con la cucina popolare.
Infine, nel 2009, la liason commerciale con Thierry Costes : Brasserie Thoumieux, Restaurant Piège e infine Hotel Thomieux, luoghi plasmati dalla eccentrica mente della designer India Mahdavi.
E’ di pochi mesi fa l’ultima perla della galassia JFP: Gâteaux Thomieux, paradiso zuccherino proprio di fronte all’Hotel Thoumieux.
Piège si è da subito posto come anello di congiunzione tra i neo-bistrot zero fronzoli e i grandi ristoranti parigini: prezzi calmierati (anche se, ultimamente, in deciso rialzo), personale in giacca e jeans come a spezzare le regole della grande Maison d’Oltralpe, ma anche lussi e comodità.
E poi la formula innovativa della scelta degli ingredienti: è in sostanza un carta bianca, ma la possibilità di scegliere i protagonisti con cui verranno costruite le portate principali lascia al cliente almeno l’illusione di avere deciso.
Grande carta dei vini, con ricarichi tutto sommato accettabili considerata la media parigina; sala particolare, da amore o odio, con la notevole pecca di una illuminazione quasi inesistente.
Ma passa tutto in secondo piano rispetto alla idea di cucina di Piège: rileggere i classici, mantenerne lo spirito più intimo ma dargli una nuova forma. E’ limitante definirla cucina neoclassica: Piège ha creato uno stile ed un modo personale di traghettare la cucina classica francese ai giorni d’oggi. Rivoluzionarla senza distaccarsene. Ogni piatto è intriso di classicità senza poter essere definito classico.
L’obiettivo dichiarato è quello di vivere la tradizione nell’epoca attuale e JFP ci riesce in maniera mirabile. L’ingrediente protagonista, che sia homard o riz de veau, è pregno di tradizione, ma tutto intorno si muove un universo di creatività.
Uno chef colto, che rovista con intelligenza nella storia della cucina francese cogliendo spunti e scintille, e poi li usa a suo vantaggio unendo personalità e tanto buon gusto.
Non è tutto impeccabile e in alcuni passaggi si può rimanere interdetti, ma quello che bisogna cogliere qui è il concetto, è l’originalità di un cuoco che sta facendo qualcosa di diverso e che, soprattutto, cucina in modo divino.
A livello concettuale siamo già nell’eccellenza, perché è stato creato uno stile.
Manca solo un piccolo passaggio per portare ai massimi livelli anche il risultato nel piatto.

La serie di antipasti freddi e caldi
Gelatina di Verjus, foie gras – Prosciutto, burro, cetriolino – Crocchetta di Brandade de morue – Cavolfiore marinato – Pizza soufflée, burrata, tartufo nero
amuse bouche, Restaurant Jean François Piège, Parigi
amuse bouche, Restaurant Jean François Piège, Parigi
amuse bouche, Restaurant Jean François Piège, Parigi
amuse bouche, Restaurant Jean François Piège, Parigi
Midollo, coda di bue essicata, estrazioni di erbe, tartufo nero: con un “pane-spugna” da intingere nelle salse
midollo, coda di bue, Restaurant Jean François Piège, Parigi
amuse bouche, Restaurant Jean François Piège, Parigi
Crostino di pane, Jus al Chateau d’Arlay, neve di prezzemolo: presentato come un french toast in versione moderna, a noi può tanto ricordare la versione elegante di una “scarpetta”. Semplicemente libidinoso, semplicemente geniale.
520
Zuppa di crescione, aringa affumicata
zupap di crescione, Restaurant Jean François Piège, Parigi
Royale di fegato secondo Lucien Tendret 1892, gamberi
Richiamo a una ricetta contenuta nel libro “La Table au Pays de Briilat-Savarin”, scritto nel 1892 da Lucien Tendret, qui interpretata con mano e mente da grandissimo.
Royal di fegato, Restaurant Jean François Piège, Parigi
Astice blu, acqua di cocco, patè di peperoncino, coriandolo, lime: un viaggio nella cucina creola, mantenendo ben saldi i piedi in Francia. Classe.
Astice blu, Restaurant Jean François Piège, Parigi
Merluzzo di Saint Jean de Luz al burro demi-sel, patate croccanti, patate schiacciate, pasta di rafano, dragoncello e scalogno
Merluzzo di saint jean, Restaurant Jean François Piège, Parigi
Animelle, indivia, tartufo nero, nocciola: la cottura delle animelle è un compendio di tecnica culinaria.
animelle indivia, Restaurant Jean François Piège, Parigi
Capriolo di caccia cotto sulle castagne gigliate, riduzione di una poivrade: la poivrade è una preparazione già conosciuta ai tempi dell’Impero Romano. Qui viene alleggerita e interpretata.
Il capriolo viene cotto sulle castagne in una sorta di “bassa temperatura naturale”. Il risultato gustativo è memorabile, meno il sentore di bruciato che si avverte in sala ogni qual volta viene portato in visione il contenitore in cui è stata cotta la carne.
Discutibile l’abbinamento con zucca marinata ripiena di Fontainebleau e zucca cotta, che poco apporta alla riuscita del piatto.
capriolo, Restaurant Jean François Piège, Parigi
Mandarino della Corsica: la scorza confit, il sorbetto, gelatina, crema, babà, petali di rosa e zafferano. Grandissimo dessert che fa piazza pulita di tutte le variazioni del genere.
520
Biancomangiare: ripieno di crema alla vaniglia. Tecnica e gusto.
bianco mangiare, Restaurant Jean François Piège, Parigi
J. Grivot Vosne Romanée « Les beaux monte » 2006
Restaurant Jean François Piège, Parigi
La cucina a vista
cucina a vista, Restaurant Jean François Piège, Parigi

7 Commenti.

  • Giovanni Lagnese24 Marzo 2014

    Robè, hai uno stile, nel recensire, troppo borghese. È un difetto di quasi tutti quelli che scrivono di gastronomia e ristoranti. Tutto troppo moderato, tutto troppo prodotto e servizio. Un paio di denti spaccati, pianoforti bruciati e postandroidi violentati no, eh?? Mica siamo vecchie zie, siamo terroristi culturali, noi! ;-)

  • Roberto Bentivegna24 Marzo 2014

    Ma io sono un borghese ;)

  • Tommaso24 Marzo 2014

    Onore al ribelle Lagnese.

  • Giovanni Lagnese25 Marzo 2014

    L'arte no, però.

  • Vito30 Marzo 2014

    Le foto non rendono l'emozione provata.

  • Carlo Cappelletti31 Marzo 2014

    Purtroppo è un problema davvero, quello della luce da Piège, foto o non foto. Credo in tutta sincerità di non aver mai cenato in un luogo tanto buio. Ciò che ricordo, soprattutto, non ordinai alcuna bottiglia di vino e mi affidai ciecamente (e quando dico ciecamente intendo proprio quello) al sommelier, in quanto dopo una pagina di lettura della carta dei vini avevo la vista incrociata dalla fatica di leggere.

  • Piermario16 Giugno 2014

    Da Piège ci si diverte e pure parecchio. La formula trovata, in equilibrio tra bistrot e stellato tradizionale (l'unica parte dell'equilibrio che mi pare ormai saltata è sul versante finanziario, con un ulteriore lieve ritocco verso l'alto dei prezzi), funziona, appoggiandosi su una cucina sorniona, che alterna momenti di paciosa golosità con zampate più graffianti e su un servizio spigliato ma attento e professionale (nota di encomio per la giovane sommelier, brava tanto a proporre quanto ad ascoltare). Certo, qua e là, di fronte a certe cotture di millimetrica perfezione (si potrebbero tranquillamente mandare a ripetizione da Piège tutti quegli chef che di tanto in tanto ti consegnano un astice reso ignominiosamente fibroso) o ad un uso delle spezie che mette i brividi (altro che Astrance), affiora il pensiero di cosa potrebbe essere questa cucina se spinta costantemene "al massimo"...

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