La Trota

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In questa fase storica, nella quale il ruolo della comunicazione e del tam tam dei prezzemolini internettiani è sovente incoraggiato dagli stessi ristoratori nel tentativo di sfuggire alla drammatica contingenza economica, è difficile pensare ad un ristorante meno mediatico de La Trota. Se ne parla pochissimo, è fuori dalle grandes routes gastronomiche dello Stivale e non è citato ad ogni piè sospinto nei programmi televisivi dedicati alla cucina.
Eppure è raro imbattersi in un gourmet che non abbia salvato in preferiti il locale dei fratelli Serva, i quali sembrano avere trovato la formula magica per conquistare tanto gli appassionati più avvezzi alla frequentazione delle grandi tavole quanto gli avventori che solo saltuariamente fanno capolino nelle cattedrali dell’alta cucina.
E’, del resto, sorprendente quanto il successo che questo ristorante sta lentamente ma inesorabilmente conquistando, in modo pressoché trasversale presso la critica nazionale, sia perfettamente concorde con quello della “base” dei clienti. Per verificarlo basta andare sul più noto sito di recensioni popolari e limitarsi ad osservare l’approvazione, plebiscitaria quanto palesemente non costruita a tavolino, a colpi di “provatelo!” o “passavo di lì per caso e…”, del locale di Rivodutri.
E’ stata forse proprio la forte tematicità, la presenza di elementi che danno così pochi punti di riferimento per una valutazione comparativa, a far sì che a Rivodutri, fino a non molto tempo fa, si vedessero meno allori che crescione, ma ormai La Trota è fra i grandi, e siamo contenti di essere fra quelli che lo affermano da tempo.
Il pescato d’acqua dolce la fa da padrone, e non potrebbe essere diversamente, con le Sorgenti di Santa Susanna che forniscono autentici tesori: le carpe, per esempio, vivendo presso fondali ghiaiosi, sono prive dell’eccessivo sentore di fango che normalmente le penalizza. In carta non mancano però grandi piatti di carne, e il finale non è mai in calando.
Per il resto non ci sono segreti: la cucina di Sandro Serva è tecnicamente impeccabile, personale e originale. Sa esprimersi con il linguaggio aulico della grande cucina classica (sublime, anche senza tutti quegli orpelli, quella trota fario col foie gras) ma è nel contempo divertente, gioiosa, bella da vedere e soprattutto ancorata nella giusta misura al proprio territorio, cui rende omaggio con creazioni magistrali quali le pappardelle impastate con amatriciana, condite come una gricia e arricchite con liquirizia e salsa di luppolo. E’ un piatto straordinario, che nello spazio di pochi centimetri quadrati racchiude tutto questo spicchio di Appennino (non dimentichiamo che tanto Amatrice quanto Accumuli, luoghi supposti originari delle due ricette in questione, sono a due passi), e allo stesso tempo lo rende terribilmente moderno, allungando la persistenza con la liquirizia e scongiurando ogni stucchevolezza con la componente amara del luppolo, che rinfresca e “taglia” l’insieme.
A sovrintendere alla sala, che a quanto pare verrà (finalmente) ristrutturata nell’inverno 2013/2014, troviamo Maurizio Serva, altro maestro d’accoglienza di cui si parla troppo poco, coadiuvato dalla sommelière Hiromi Nakayama, che cura una carta dei vini in crescita, con un rapporto numerico fra rossi e bianchi perfettibile in termini di coerenza con la cucina.

Trota marinata su salsa di melone, frutto della passione e vaniglia con grissino al pepe rosa, per partire su livelli molto alti.
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Cubo di anguria, basilico, pomodoro e cetriolo. Fresco e tecnico studio sul tema delle consistenze.
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Concia di fagiolini e menta con gamberi di fiume, pane tostato nella bisque, uova di trota e farro soffiato: splendido impiatto benché il farro soffiato, a contatto con la concia, finisca per risultare troppo umido.
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Carpa in crosta di papavero, maionese cotta di patate e rape rosse e crescione di sorgente. Strepitoso risultato, ottenuto a partire da uno dei più pestiferi ingredienti con cui un cuoco si possa trovare a confrontare.
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Amatriciana rossa in bianco, luppolo, liquirizia e gocce di pecorino.
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Migliorabile la consistenza della pasta negli ineccepibili cannoli di olive ripieni di pollo affumicato, salse e caramello di peperoni gialli e rossi…
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…accompagnati da granita di peperoni verdi.
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Luccio arrostito sulla pelle, crocchetta di luccio al nero di seppia con quenelle di pomodoro, coulis di zucchine alla scapece. Un grande secondo di taglio transalpino.
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Trota fario e foie gras, salsa di mango e porro fritto. Fino alla salsa di mango si rasenta la perfezione gastronomica. Tutto quanto è fritto nel piatto finisce invece per essere un ridondante orpello (oltretutto i due protagonisti non hanno bisogno tranne di ulteriori elementi grassi).
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Altro pregevole esercizio è la faraona in tre cotture, purè di mais…
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…e gelato di pannocchie (con pelle di faraona).
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Birra e gassosa, briciole di polvere di pesche e mandorle, gelato lime e gin con croccante di lamponi. Fresca chiusura e dessert visivamente col marchio di fabbrica di questa casa.
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La pralineria in rete di caramello.
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Il pane con la carta da musica, rigorosamente sul leggio…
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Un riesling brut perfetto per molti dei piatti questa cucina.
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Il termine “acque limpide” assume nuove connotazioni, dopo una gita a Rivodutri.
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Carlo Cappelletti

Di professione musicista, le ascendenze marchigiane e la passione bruciante per la buona tavola lo collocano idealmente nel solco tracciato dal padre di tutti i musicisti gourmet, Gioacchino Rossini. Amante del Friuli e delle cucine con un'identità territoriale molto forte, l'unico ingrediente che teme, sedendosi al tavolo di un ristorante, è Giovanni Allevi come sottofondo.

5 Comments

  1. Marco 50&50 ha detto:

    Quindi alla Trota è stato il diem delle carpe.
    Sulla carta, da musica, sembra che anche il sottofondo musicale sia stato di gran livello.

  2. Gigi Eporedia ha detto:

    Complimenti, hai reso assai bene l’idea di questa chicca. Tra l’altro, ci siamo sfiorati, anche se, ci fossimo incontrati, non conoscendoti de visu, ci saremmo in ogni caso mancati 🙂

  3. Tito ha detto:

    Bella recensione di un bel ristorante che a me, sul momento, lasciò qualche piccola perplessità. Oggi, rileggendoti, il ricordo è invece estremamente piacevole e cresce la voglia di un ritorno. Vero, l’accoglienza è di primissimo ordine e la carpa è un piatto emozionante, però quei cannoli, gli stessi che provai io, andrebbero espunti dal menù, à mon avis, s’intende.

  4. giovanni esposito ha detto:

    Confesso la mia scarsa propensione ai pesci d’acqua dolce,ma dopo un’esperienza dai fratelli Serva,tutto è messo in discussione!Eccellenti la carpa(!!)in crosta di papavero con maionese di rape rosse,il risotto ai gamberi di fiume,l’anguilla laccata e il piu’ terragno uovo di carciofo…Ha ragione Carlo,la Trota è tra i grandi d’Italia ma tra i meno mediatici e,quindi,sconosciuto ai piu’.

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