Le Calandre

VALUTAZIONE

Cucina Moderna

19/20

PREGI
Una delle massime espressioni della cucina d’autore in Italia.
Una cucina profondissima, eppure straordinariamente accogliente e prolifica.
DIFETTI
A volte, le grandi emozioni tendono a concentrarsi nella parte iniziale e centrale del menù.

Una tavola in costante mutamento

Nell’ultimo anno, il neo cinquantenne Massimiliano Alajmo ha dimostrato di essere in stato di grazia, con una serie di piatti memorabili. Per questa ragione, occorre documentare la recente evoluzione di questa cucina proponendo una sintesi di quanto si è succeduto dalla primavera 2024 al menù corrente.  Si tratta necessariamente di una selezione – non è stato semplice – dei passaggi più incisivi, considerato che, ad ogni stagione, Le Calandre propongono due nuovi percorsi, Max e Raf, in gran parte inediti (più di quaranta preparazioni): una vitalità prodigiosa per un ristorante di questa levatura (un caso pressoché unico) e, allo stesso tempo, un notevole rischio. Una proposta gastronomica che spinge a interrogarsi sulla tendenza contemporanea a risolvere le grandi tavole in singole visite, costringendole così a un irrigidimento, a frustrare la creatività nonché a concepire offerte destinate a clienti che non devono azzardarsi a tornare (se tornassero, troverebbero la carta immutata). 

Certo, anche i menù di Massimiliano Alajmo nascondono dei sottotraccia più calcati che, tuttavia, non tradiscono mai stanchezza, quanto, piuttosto, curiosità: si pensi ai morfismi che si sono susseguiti intorno alle interiora di pesce o alle mille vite degli Al-Aimo d’estate e di primavera, mai uguali a sé stessi (eppure trovano posto tra i “classici”). 

La degustazione

Nonostante le decine di visite alle spalle, la cucina del cuoco padovano resta inafferrabile e costantemente intrisa di stupore, ossia della capacità di approcciare il proprio oggetto in modo inedito, personale, laterale. In questa prospettiva, il gioco riveste un ruolo centrale, ma si tratta di sorrisi che lasciano spazio a momenti di pura, emozionante, profondità. La differenza con la giocosità della cucina spagnola è netta: lì, nella gran parte dei casi, la risata è il fine ultimo, corta – a tratti grossolana –, e non, come nel caso di Massimiliano Alajmo, il mezzo per rendere visibile l’invisibile. 

Un esempio lampante in tal senso è Suono n’uovo, uno dei migliori piatti del 2024, in cui si mescolano tradizione, gola, ricerca tecnica e sensorialità: quel masticare che svela un contatto con sé stessi, nel “sentirsi”, quasi si fosse in una camera anecoica, come aveva immediatamente osservato l’amico Gianni Revello. 

Intimamente connesso a questa concezione è il rapporto tra cuoco e ingrediente (vedi, il libro Ingredienti del 2006), il quale viene sì concepito come perfezione primigenia – la natura contiene già, in potenza, la totalità delle proprie possibili espressioni – ma ciò non si risolve in un arrocco (lì sta l’errore ricorrente) bensì in approccio autoriale: della materia viene svelata una sfumatura, un aspetto recondito  (“Scampo e carciofo”, in cui del vegetale vengono valorizzate le note dolci, recessive). A tal proposito, si percepisce nitidamente la differenza con lo stile di Niko Romito, in cui vi è invece il tentativo – altra straordinaria unicità – di rendere la totalità dell’ingrediente all’interno di un piatto, un gesto quasi cubista, consistente nel costringere in un piano dimensioni altre (un superamento della materia attraverso la materia stessa).

L’approccio di cui si è detto si traduce, poi, nella capacità di interpretare l’italianità con estro, distillando l’essenza e unendola a una visione personale che le conferisce una potente vitalità. In Conserva all’italiana, si incontrano due capisaldi della nostra cultura gastronomica – pomodoro e caffè – in un equilibrismo emozionante (a tratti inspiegabile) e carico di echi domestici. Inoltre, Massimiliano Alajmo resta, insieme a Riccardo Camanini, il più grande interprete del “risotto”, tant’è che ogni anno si susseguono almeno quattro inediti: tra gli ultimi, vanno necessariamente menzionati quello all’ananas nero e con capesante, pompelmo e geranio. 

Un’ulteriore manifestazione dell’originalità di cui si è detto è rappresentata dall’estetica, in cui si ritrovano una vivacità di colori unica, l’immediatezza fanciullesca, un apparente disordine e una densa matericità: la totale libertà rispetto agli stilemi imperanti, soprattutto nelle cucine ricche di riconoscimenti (a tal riguardo, è ancora disponibile in rete una meravigliosa lectio magistralis di Fulvio Pierangelini sull’estetica nella gastronomia, illuminante). Nel caso di Alajmo, ciascun piatto uscito in sala sembra un unicum, preparato per quel singolo cliente, non la ripetizione algida di un “modello”. 

Il presupposto di questa somma di unicità è l’isolamento, nell’accezione più sana e necessaria: l’isolamento come metodo di conservazione della purezza delle proprie percezioni. Un esempio in tal senso è rappresentato dall’utilizzo delle note amare, che al ristorante Le Calandre hanno fatto capolino solo nell’ultimo anno (a “moda” oramai svanita), eppure con grande acutezza – l’apice è rappresentato da Calamaretti ed erbe amare e Caramelle amare al tartufo nero –: l’amaro non diventa un valore in sé (ah, che bello quel piatto, così amaro!), ma apporta eleganza, grazie alla valorizzazione delle diverse sfumature che quella nota gustativa possiede. 

Da ultimo, una riflessione deve essere dedicata al rapporto tra il cuoco e chi sta a tavola: quando ci si siede al ristorante Le Calandre si ha la netta sensazione che le ricette siano state concepite esclusivamente in funzione del commensale – ciò che c’è fuori non rileva – ma, allo stesso tempo, non mirino a sedurlo, a sbalordirlo, bensì a conquistarlo nel profondo, nel raggiungere un autentico contatto.  

IL PIATTO MIGLIORE: Scampi e carciofi [Inverno 2024].

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Claudio Marin

I racconti familiari narrano di una mia precoce passione per escargots, sogliola alla mugnaia e quinto quarto. Nel 1995, avevo otto anni, una cena illuminante a La Coupole di Parigi e il principio di un amore: un grande ristorante non è solo buon cibo, ma molto di più. Ad oggi, appena ne ho l'occasione, salgo su di un aereo per conoscere nuove cucine - con una (malcelata) predilezione per l'avanguardia - e, nel contempo, tento di seguire con regolarità il percorso di alcuni straordinari talenti nostrani. Il blues e la musica dei grandi chitarristi sono l'altra passione che da sempre mi accompagna.

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Cucina Moderna

19/20

PREGI
Una delle massime espressioni della cucina d’autore in Italia.
Una cucina profondissima, eppure straordinariamente accogliente e prolifica.
DIFETTI
A volte, le grandi emozioni tendono a concentrarsi nella parte iniziale e centrale del menù.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menù degustazione a 280€; alla carta intorno a 220€

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