Passione Gourmet daGorini - Passione Gourmet

daGorini

Ristorante
via Giuseppe Verdi 5, S. Piero in Bagno (FC)
Chef Gianluca Gorini
Recensito da Giacomo Bullo

Valutazione

18.25/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • L'impiego sapiente di distillati e liquori.
  • Materia prima sorprendente.

Difetti

  • L'illuminazione continua a risultare sfidante anche riuscire a fare le foto.
Visitato il 04-2024

Pascoli e Casadei a casa Gorini

L’olio cantò con murmure sommesso; un acre odore vaporò per tutto. Fumavano le calde erbe da presso, nel tondo ch’ella inebbriò del flutto stridulo, aulente; e poi nel canovaccio nitido e grosso avviluppava il tutto.” Con queste due terzine cristalline, rubate a Giovanni Pascoli, il poeta traccia sentori, umori e gesti di quel “desinar” romagnolo che si trova ben raccontato nel titolo, omonimo, di questa sua poesia. Si percepiscono nettamente, in una sequenza squisitamente descritta, gesti e i suoni che permeano le parole scelte. Partendo da tali, preziosi versi, inquadriamo dunque la nostra ultima visita, in veste primaverile, al ristorante daGorini.

È stagione volubile la primavera. Abbacinata dai primi soli e subito redarguita da repentini temporali. L’aria qui a San Piero in Bagno è tanto frizzante quanto brillante, come lo è il talento di Gianluca Gorini che del luogo ne ha fatto prima che impresa, anche famiglia. Dal parcheggio alla soglia, le facciate di pietre delle case, con le loro vie, sono i letti sui cui scorre goloso l’aroma di brace che scaturisce dalla prolifica cucina. L’aroma segna la rotta, difficile sbagliarsi, di materia e dimora: capisaldi su cui il talento di questo cuoco ci ha abituati, ma non assuefatti. La stagione in questione per il suo nuovo menù sembra essere diretta emanazione del carattere di Gorini, gentile ma al contempo robusto, intellegibile eppur tecnicamente complesso. Proprio come le n-mila sfumature dello stesso, impetuoso verde, che cangiante dipinge le colline dell’Appennino tutt’intorno, l’istinto di Gorini è in grado di mutuare concretezza dalle esperienze e dal luogo in cui opera. Parafrasando il tutto in una rosa di eloquentissimi piatti.  

Multiforme bravura

In questa tornata vogliamo prendere in esame ben sei vivande, utili a raccontare la multiforme bravura di Gianluca Gorini. Il Fritto misto di erbe, foglie e fiori è antologico per la perfetta esecuzione, quanto vario negli elementi impiegati: ortica, borragine, tarassaco, piantaggine, timo limone, prezzemolo, salvia, finocchio selvatico e fiori di acacia. A volo d’uccello su un prato primaverile, con una tempura eterea ma deliziosa nel preservare gli olii essenziali di ciascuna delle erbe, regalando bocconi dal gusto unico. Dopo il fritto, la cadenza impenna con l’Insalata di albicocche in conserva, estratto di mandorla, mandorla verde, limone alla brace, stridoli e sambuco. Esercizio sull’amaro vigoroso dove la succulenza perduta dell’albicocca funge da dolce fondale per l’astringenza tannica della mandorla fresca e ben estratta. Emblema di una nuova primavera in partenza. La citronette al vermouth e i fiori di sambuco alla brace amplificano la vegetale amara rilevanza su cui tutto il piatto poggia, offrendo una versione heavy-metal di San Piero in Bagno. Quanto alla personale pasta ripiena di Gianluca, abbandonate le pieghe romagnole del cappelletto accogliamo stavolta le sembianze tondeggianti di una sorta di Anolino emiliano. Qui ripieno di cacciagione e immerso nel brodo di funghi, alghe, spuntature e prugnoli. Piatto confort rinverdito dal fresco apporto di soia e zenzero, a regalare ficcante pungenza. In più, grazie al primaverile prugnolo aggiunto a crudo il piatto amplia ulteriormente l’orizzonte verso Oriente, evocando masticazione shabu – shabu, e riscrive il contrappunto carnoso/vegetale nella polifonica struttura della portata. Quanto ai secondi, il Lombo e fegato di cervo in stile Wellington cesellati dalla salsa poivrade, fatta come si deve, esibiscono la grande e maniacale attenzione di Gianluca per le cotture della cacciagione. La mimesi di consistenze tra le due parti del cervo, tanto distanti quanto uniformi nella loro cottura in sfoglia, rivela la proporzione aurea su cui questa forma di Wellington in salsa Gorini è costruita magnificamente.

Ma se dei pre-dessert abbiamo già scritto, appare impossibile non citarli anche stavolta. Di fatto, al servizio del Colombaccio seguono le sue consuete frattaglie, qui appena scottate e timidamente coperte dalla spuma di Barolo chinato e uva fragola. Il risultato è sorprendente poiché le interiora in cottura abbinate all’uva fragola sembrano, in dimensione e consistenza, degli acini. La carne trascende dunque a regno vegetale, e profonda introduce al capitolo dolce grazie all’impiego aromatico della china calissaja e della genziana, resettando il palato per l’atto finale. La pasticceria trova così completezza spaziando sui grandi classici come la Zuppa inglese, fino ai Nuovi asparagi arrostiti alla vaniglia, polline, ricotta e dragoncello. La variante vegetale ritorna anche qui sfruttando la dimensione dolce e minerale dell’asparago atto a reggere la soffice ricotta e il più balsamico gelato al dragoncello.

Così, se abbiamo scomodato il grande Pascoli all’inizio, senza farci mancare un pizzico di ironia dissacrante citiamo in chiusura invece uno tra gli storici bardi romagnoli della musica, Casadei. Con Gianluca Gorini, DaGorini, nella tua casa ancora una volta “Lontan’ da te, Non si può star!”.

IL PIATTO MIGLIORE: Frattaglie, succo d’uva e Barolo chinato.

La Galleria Fotografica:

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