Un vino simbolo di unione, coesione e festa
Il vino di cui vi parlo oggi è sicuramente uno dei vini più estremi che l’articolato panorama enologico italiano possa proporre, basti pensare che le uve atte a produrlo sono ancora a riposo e verranno vinificate la prima settimana di aprile, subiscono sei mesi di passitura, perdono circa l’80% del loro peso, e da cento chilogrammi di questi preziosi chicchi si ottengono solo venti litri di mosto.
Vi racconto di un vino che prende il nome dal luogo in cui è prodotto, Fregona, un grazioso comune situato nell’estremo nord della provincia di Treviso, che si estende su un’area pedemontana a nord-est di Vittorio Veneto e su gran parte dell’altopiano del Cansiglio, includendo alcune delle sue cime circostanti; in particolare il Pizzoc (1.565 m) e il Millifret (1.581 m), la cui vetta rappresenta il punto più alto del comune. Gli abitati si trovano su una zona collinare, con altitudini che raramente superano i 6-700 m. Famoso per le affascinanti grotte del Caglieron, un suggestivo complesso formato da una gola naturale e da alcune cave da cui in passato veniva estratta l’arenaria (conosciuta localmente come piera dolza), menzione che compare sull’etichetta a testimonianza del legame con le tradizioni locali. Con questa pietra è stato anche modellato il basamento che sosteneva lo storico torchio posizionato nella piazza del paese, dove tutti potevano recarsi per la pigiatura dell’uva, una cerimonia che tradizionalmente cadeva nella settimana di Pasqua e continua ancora oggi. Questa pietra, grazie alla sua capacità di assorbimento, veniva intrisa del dolcissimo mosto durante la pigiatura, ammorbidendosi in qualche modo, tanto che veniva chiamata dolce o dolza in dialetto locale.
Il vino in questione è un vino da dessert o da meditazione, il Torchiato di Fregona, un patrimonio culturale ed ambientale che alcuni anni fa ha rischiato l’estinzione ma è stato riportato in vita grazie all’impegno di sette piccoli produttori che hanno deciso di costruire una nuova casa per il Torchiato, ovvero un centro di appassimento unico per tutti, dove poter conservare i loro migliori grappoli. Questo centro si trova in una posizione strategica, precisamente in una gola del Cansiglio, senza barriere naturali o artificiali che lo circondano, e gode di una ventilazione costante che previene ristagni di acqua e umidità, garantendo un’uva più sana e di qualità superiore.
La produzione
I sette associati hanno un unico scopo, sono tutti concordi nell’esaltare il Torchiato e preservare questo patrimonio, uniti nella stessa visione e metodologia di lavoro in vigna e in cantina. I vigneti dedicati alla produzione del Torchiato si trovano tra Fregona, Anzano, Osigo, Montaner, Cappella Maggiore e Sarmede, beneficiando del microclima del Bosco del Cansiglio, che presenta una temperatura media due/tre gradi più bassa rispetto alla vicina Vittorio Veneto, situata a pochi chilometri di distanza. L’Altipiano del Cansiglio, un altipiano carsico, è ideale per i vigneti poiché favorisce la ventilazione anche durante le giornate estive più calde, contribuendo alla salute delle vigne. Il regolamento della cooperativa stabilisce che il lavoro sia principalmente manuale, vietando l’uso di diserbanti e favorendo la falciatura tra le file dei vigneti. I terreni sono argillosi e ricchi di calcare e arenaria, oltre che di ciottoli di origine alluvionale misti a limo ed argilla, tutti elementi fondamentali per la produzione di vini eleganti e di carattere. La conformazione del territorio porta i vigneti a essere divisi in parcelle, spesso con filari singoli che si trovano su terreni in competizione con il bosco circostante.
E non va dimenticato il significativo contributo della Botrytis cinerea (o muffa nobile), che spesso si presenta tra i grappoli. L’uva viene vendemmiata quando è perfettamente matura, talvolta leggermente anticipata per preservare l’acidità, con una raccolta rigorosamente manuale. Questo permette di selezionare e raccogliere i grappoli più sparsi e sani che saranno posti ad appassire nei fruttai. Tra storia e leggenda, il Torchiato di Fregona vede la sua origine in un anno imprecisato del Seicento, quando, in primavera, un contadino trova i grappoli di una vendemmia sfavorevole dimenticati in un granaio. Gli acini, seccati ma in perfetta salute, lo incuriosiscono. Decide di vinificarli con vigore, ottenendo alla fine un vino bianco passito intenso, ricco di aromi e dolce al palato. Questa piacevole scoperta spinge nel tempo altri contadini della zona a fare lo stesso. Ben presto si scoprirono anche qualità insospettate, tanto da farlo impiegare come ricostituente, come rimedio per la tosse e altre malattie da raffreddamento, come tonico per donne incinte e persino per i bambini, ai quali veniva riservato un cucchiaino nelle occasioni speciali. Il successo di questo vino crebbe rapidamente, fino a diventare un’icona, rappresentativa dello stesso paese di Fregona, fiero di averlo visto nascere.
Piano piano questa pratica si diffuse anche nei piccoli appezzamenti sparsi in zona, coltivati principalmente da contadini al servizio dei proprietari terrieri. Ad ogni vendemmia una parte dell’uva veniva nascosta nei granai e destinata alla produzione di questo nettare così dolce ed affascinante. Nel corso degli anni ottenne sempre maggior riconoscimento, diventando il vino per eccellenza del paese. Ogni famiglia metteva da parte l’uva nei propri granai e in primavera si teneva una vera e propria festa paesana, in cui i vignaioli erano protagonisti. Un vino simbolo di unione, coesione e festa, un liquido prestigioso per le grandi occasioni come il matrimonio della propria figlia o la nascita del primo figlio maschio.
Il vino deve essere prodotto con un minimo di 30/35% di Glera, 25% di Boschera e 20% di Verdiso. Dopo la vendemmia vengono conferite solo le uve migliori, selezionate rigorosamente a mano, e riposte in cassettine di circa cinque chili. Una volta portate ad appassire riposano in fruttaio per circa sei mesi: la Boschera per le sue caratteristiche viene adagiata nei graticci, mentre le altre stanno nelle cassettine (invertite almeno una volta portando quelle più in alto in basso e viceversa). Durante i primi venti giorni vengono azionate delle ventole che permettono di asciugare l’umidità contenuta nell’uva, per poi riposare a temperatura ed areazione controllata fino al livello ottimale di appassimento. Circa sei mesi dopo avviene la pigiadiraspatura per poi torchiare le uve, almeno un paio di volte, e talvolta una terza per poter estrarre tutti gli aromi presenti.
La resa media dei vigneti dedicati alla produzione del Torchiato è di circa 80 quintali ettaro ma alla fine del processo, resta un 20% della produzione. Il mosto fermenta un mese, un mese e mezzo a temperatura controllata, poi viene messo a maturare per il 50% in acciaio e la restante metà in barriqueCon "barrique" si intende una piccola botte di legno adatta all’affinamento di vino dalla capacità compresa tra i 225 e i 228 litri.... Leggi esauste da vini bianchi. Il disciplinare prevede un affinamento di un anno e mezzo, ma il vino viene lasciato solitamente riposare due o tre anni invertendo le due masse, trasferendo il vino dalle barrique all’acciaio e dall’acciaio alle barrique. Nelle barriques il vino viene fatto affinare in stile ossidativo, cioè in botti piene per l’80%, lasciando una buona parte di ossigeno , quindi alla fine viene assemblato e imbottigliato, per affinare ulteriormente in bottiglia almeno cinque mesi prima di essere immesso nel mercato. Ogni varietà in questo vino conferisce le sue caratteristiche principali: l’aromaticità della Glera, la freschezza ed acidità del Verdiso e la speziatura e l’acidità della Boschera. Propio la Boschera è la meno nota, ed è quella che regala al vino una inaspettata acidità che da vigore al vino, i suoi chicchi passiti cono i più piccoli e si colorano di arancione, sono estremamente dolci ma con un’acidità sorprendente!!!
La Boschera è un vitigno a bacca bianca italiano autoctono, originario della zona di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, questo vitigno produce un’uva a bacca bianca, particolarmente adatta all’appassimento, che era chiamata anche uva del prete, a seguito di ricerche coordinate dall’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano Veneto, dal 1992 l’antico vitigno è iscritto nel Registro Nazionale delle Varietà di vite e fa parte dei DOC di Colli di Conegliano e Torchiato di Fregona. Viene coltivata in vigne alte a ridosso dei boschi, produce poca uva, gli acini hanno una scorza dura e puntinata, un sapore fruttato e una marcata acidità. La vinificazione ritardata di uve passite è quasi un obbligo data l’elevata acidicità di questa uva, che altrimenti darebbe un vino povero e facilmente deperibile. Luigi Veronelli, famoso enologo italiano, lo ha descritto come “un brivido verde, minerale e vegetale“.
La Degustazione dei Torchiato di Fregona di Piera Dolza (più un intruso)
Torchiato di Fregona 2016
Si può ammirare nel calice la sua veste ambra piena e luminosa, uno stupendo colore. L’olfatto è intenso e stratificato come si conviene a un vino di questa tipologia, apre le danze con note ossidative dolci come legni antichi, resine, miele di castagno per spaziare poi su uva passa, albicocche disidratate, composta di mele cotogne, fichi, agrumi canditi, cannella, pepe bianco, noce moscata, pan di spezie. Al palato rivela una materia dolcissima e densa, ricchissimo, appagante, dotato di eleganza e garbo, da metà bocca in poi esplode una scia fresca inaspettatta e sorprendente a ristabilire gli equilibri e renderlo armonico. Chiude in un’interminabile scia aromatica su toni fumè, di moka e salmastro.
Torchiato di Fregona 2017
Devo osservare che il colore e il comparto aromatico non si discostano dal 2016, praticamente identici. La differenza sostanziale è che il 2017 è dotato di ancora più freschezza, sorprendente per un vino con un residuo zuccherino altissimo, risulta un vino bilanciatissimo e armonico. Due vini che mi hanno colpito per la loro energia e vigore, splendidi nella parte aromatica e appaganti sul palato, un tripudio di sensazioni e una lunghezza infinita.
Boschera Colli Trevigiani IGT 2022
Vino proposto nella versione petillant come tradizione vuole, al naso regala toni di mela granny smith, kiwi, uva-spina, buccia di limone, fiori di acacia e biancospino. Sul palato è fresco, snello e teso, con acidità sostenuta ma armonico e saporito. Buona la persistenza.
Ph credits: Piera Dolza Torchiato di Fregona
Complimenti per la spiegazione I passaggi della stessa molto precisi
Vi aspettiamo alla 48^Mostra del Torchiato e dei colli di Conegliano DOCG che si terrà presso il Centro di Appassimento del Torchiato, sede della cantina produttori a Fregona in via Castagnola 50 dal 3 al 19 maggio 2024. Tutte le info a breve su www.prolocofregona.it