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Obiettivo Valtellina

Vino
Recensito da Alberto Cauzzi

L’evento per far conoscere il Nebbiolo delle Alpi

Il Consorzio di Tutela dei Vini di Valtellina ha presentato lo scorso 15 maggio a MilanoObiettivo Valtellina”, un evento atto a far conoscere l’immensa ricchezza enologica dell’areale lombardo. Masterlab e degustazioni condotte da ospiti d’eccezione, come il Master of Wine Gabriele Gorelli e Danilo Drocco, Presidente del Consorzio, hanno permesso di immergersi in quel territorio ostico e al tempo stesso splendido che è la Valtellina, esplorandone i 50 km di estensione longitudinale sul versante retico per mezzo del vitigno principe dell’areale: il Nebbiolo.

La Chiavennasca, il Nebbiolo di montagna 

Il vitigno, conosciuto per i suoi vini eccellenti in altre regioni e ad altre latitudini, qui prende il nome di Chiavennasca e si configura come vero e proprio – e unico – Nebbiolo delle Alpi. I soli 820 ettari di vigneto che affondano le radici nel sottosuolo ricco di Gneiss, pietra che nasce dal compattamento di porfido e diorite, sono infatti racchiusi all’interno di una valle stretta tra le montagne, le Alpi Retiche a nord e le Prealpi Orobiche a sud, dislocati ad altitudini che vanno dai 300 agli 800 metri sul livello del mare, con pendenze fino all’85%.

Il particolarissimo clima di questa valle, protetta dalle montagne, esposta al sole per 1900 ore ogni anno e termo-regolata dalla presenza del Lago di Como a sud-ovest, fa sì che qui si creino le condizioni pressoché ideali per la coltivazione della vite. E in effetti la qualità dei vini di Valtellina raggiunge vertici altissimi, sia nelle espressioni più immediate, come nel caso del Rosso di Valtellina Doc e della Alpi Retiche Igt, sia nel caso delle denominazioni iconiche del territorio: il Valtellina Superiore Docg e lo Sforzato di Valtellina Docg.

Quest’ultimo in particolare è stato nel 2003 il primo vino rosso passito secco ad aver ottenuto la Docg in Italia. Un nettare il cui nome allude alla tradizione locale di “sforzare” le uve, ottenendo il loro appassimento, processo attuato solo nelle zone più vocate del territorio e dopo un’attenta selezione delle uve, seguito da almeno 20 mesi di affinamento (dei quali 12 in legno).

La tradizione millenaria dei muretti a secco

In aggiunta alle peculiarità naturali di questo areale che sembra essere stato baciato dalla Dea Bendata, va tuttavia sottolineato che il lavoro dell’uomo riveste qui un’importanza fondamentale. È la tradizione millenaria dei terrazzamenti e dei muretti a secco, riconosciuta anche nel Patrimonio Immateriale dell’Unesco, ad aver permesso di domare i ripidi pendii e le asperità di questa valle, altrimenti impraticabile. Una fitta rete di muretti in sasso che si estende per oltre 2500 km tra queste vigne, stabilizzando i versanti montani, aiutando a regimare le acque, tutelando l’equilibrio idrogeologico e impedendo il degrado e lo sviluppo di erbe e arbusti minacciosi per la sostenibilità del paesaggio. Estremamente utile, dunque, oltre che bellissima a vedersi.

Non bisogna poi dimenticare che questi muretti assumono un ruolo fondamentale anche nell’allevamento della vite, che da essi trae il calore incamerato dalle rocce durante l’esposizione al sole. Una condizione che caratterizza il vigore, la vitalità e l’elevata longevità di questo vitigno, riscaldato dal sole, asciugato dalla brezza – la Breva – proveniente dal vicino lago e rinfrescato dall’importante escursione termica che si ha nelle ore notturne.

Il risultato sono vini il cui comune denominatore si rinviene nelle caratteristiche dell’eleganza, della freschezza e della sapidità. Tuttavia, percorrendo le 5 sottozone di produzione del Valtellina Superiore Docg – Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno, Valgella – diviene evidente come ognuna di queste aree trasmetta ai propri vini caratteristiche del tutto peculiari, accentuandone e diversificandone il carattere.

La masterlab Valtellina Superiore: l’autentica unicità del Nebbiolo di montagna

La masterlab, condotta da un eccellente Gabriele Gorelli, primo e unico master of wine italiano e palato capace e raffinato, ha ben delineato, con la sua selezione davvero centrata, il territorio e le varietà di produzione della Valtellina. Stili differenti in cantina, annate differenti ma soprattutto territori e denominazioni differenti ci hanno fornito un panorama davvero interessante. Un primo grande complimento a Gabriele, che ha saputo selezionare attentamente la Masterlab e farci davvero vedere le potenzialità e l’espressività di un territorio così complesso ed articolato.

Valtellina Superiore DOCG Inferno 2020 – Marco Ferrari
100% Chiavennasca, titolo alcolometrico 12,5%, altitudine 460 – 490 m.s.l.m. Un vino di grande eleganza, prodotto da viti di 80 anni di età e poi affinato per 18 mesi in tonneaux. Un vino che apre a note di tamarindo, molto fresco, balsamico e varietale, per poi virare su note di fiori secchi, con una complessità olfattiva e palatale davvero notevole. Un vino ricco di tensione e frutto. 93/100

Valtellina Superiore DOCG Grumello Riserva 2019 – Luca Faccinelli
100% Chiavennasca, titolo alcolometrico 13,5%, altitudine tra 500 – 650 m.s.l.m. Le uve provengono dalla fascia più alta della sottozona Grumello, denominata “Dossi Salati”. L’affinamento viene svolto in tonneaux di rovere francese da 500 litri per 24 mesi, quindi in bottiglia per almeno un anno prima della commercializzazione. Un nebbiolo “piemonteggiante”, con note di fiori secchi che richiamano la Langa. Denso e gessoso, con retro note di caffè, l’abbiamo trovato interessante ma in una fase di leggera chiusura. 89/100

Valtellina Superiore DOCG Sassella Stella Retica 2019 – Arpepe
100% Chiavennasca, titolo alcolometrico 13,5%, altitudine 400 – 600 m.s.l.m. Questo vino di grande finezza è il risultato di una lunga macerazione (oltre 100 giorni) a cui segue un affinamento di 15 mesi in legno e poi ancora un ultimo periodo in cemento e in bottiglia. Carattere riduttivo per questo Nebbiolo lungamente macerato che porta al naso una complessità straordinaria, al palato una texture gessosa e finanche allappante, ma che chiude con un profondo e lungo tratto elegante di frutto e una punta di oliva nera. Un vino che va aspettato ma già molto interessante, con lievi note terziarie già in evidenza. 94/100

Valtellina Superiore DOCG Maroggia 2019 – Agrilu
Nebbiolo con una piccola percentuale di Rossola e Brugnola. Questo vino da viti di 50 anni di età fermenta dapprima in acciaio, per poi maturare in piccole botti fino al momento dell’imbottigliamento. Una sorpresa per questa zona meno conosciuta ma davvero interessante. Un filo più corto in bocca degli altri, ma con un naso mentolato e gessoso che trova poi riscontro al palato col suo tannino morbido, caldo e rotondo. Un vino apparentemente semplice ma davvero originale e sorprendente. 90/100

Valtellina Superiore DOCG Valgella Cà Morei 2019 – Sandro Fay
100% Chiavennasca, titolo alcolometrico 13,5%, altitudine 550 m.s.l.m. Dapprima la fermentazione in vasche di acciaio per due settimane con macerazione di 11 giorni, quindi fermentazione malolattica e maturazione per 12 mesi in botti da 30 hl e tonneaux. Un vino piacevolmente riduttivo, da aspettare. Profumi e sentori di nespola, nocciola, finanche una punta di mallo di noce e frutta secca. Elegante, molto lungo e persistente. 92/100

Valtellina Superiore DOCG Grumello Riserva Vigna Dossi Salati 2018 – Dirupi
100% Chiavennasca, titolo alcolometrico 14,5%, altitudine 530 – 570 m.s.l.m. Le uve provenienti dalla vigna “Dossi Salati”, nella fascia più alta della sottozona Grumello, dapprima macerano per almeno 35 giorni sulle bucce. Segue un lungo affinamento di 24 mesi in botti di rovere Allier da 20 hl. Tannino molto ruvido, a tratti lievemente ancora acerbo, incalzato dalla sapidità che enfatizza le note di gesso accompagnate da frutta rossa, con un ritorno salato quasi iodato. Lo stile ossidativo dona complessità al vino che è davvero lungo e profondo. 90/100

Valtellina Superiore DOCG Nebbiolo 2014 – Marcel Zanolari
100% Chiavennasca, azienda certificata biodinamica. All’iniziale vinificazione in vasche d’acciaio segue una macerazione a freddo della durata di alcuni giorni. Dopo aver svolto la malolattica il vino è messo a invecchiare per almeno 36 mesi in barrique di secondo o terzo passaggio. Sentori di nespola e agrumi, fin citrici, che il leggero appassimento enfatizza di concerto con la ferrosità spiccata e intrigante. Elegante ma non del tutto espressivo, avviluppato com’è in una fase di chiusura che la barrique smorza con le sue note rotonde e morbide di vaniglia. 88/100

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