Angiolina

VALUTAZIONE

Cucina Classica

14/20

PREGI
L’accoglienza di Leonardo e Laura.
Una cucina raffinata e territoriale in un luogo che non brilla in termini di ricerca culinaria.
DIFETTI
Tutti i piatti sono, solo apparentemente, molto semplici.

Pitigliano gourmet

Con Sovana e Sorano alle due estremità Pitigliano disegna la acme del triangolo del tufo, ovvero il trittico dei tre paesi dell’entroterra maremmano caratterizzati dal magnetismo della cultura etrusca che, proprio in quel tufo, ha incastonato la sua storia, riecheggiando fino alla contemporaneità.

Eppure, nonostante le eco di questa civiltà matriarcale e raffinatissima, la cultura enogastronomica della zona sembra ripetere, inamovibile, lo stesso canovaccio fatto di bruschette, tagliatelle al ragù di cinghiale, tortelli e tagliata, da almeno 15 anni, al punto che coloro che, pochissimi invero, decidono di metterlo in discussione, sono spesso tacciati di sovversione o, peggio, di ingenuità. Ebbene, tra questi c’è senz’altro Leonardo Pini e la sua Angiolina, delizioso ristorante-laboratorio dal quale ha deciso di studiare, assieme alla compagna Laura Simionato, la tradizione enogastronomica della zona, e indagarne le profondità che si rivelano molto più articolate di quanto non appaiano nei menù dei ristoranti della zona.

Significativamente doppio, a questo proposito, l’affaccio esterno di Angiolina: uno sull’adamantino, levigato travertino di Piazza della Repubblica, proprio accanto agli archi dell’acquedotto Mediceo; l’altro sul precipizio scavato nel massiccio di tufo, a picco sul dirupo scavatogli tutt’intorno dal fiume Lente. 300 metri più sopra, seguendo la plastica parete di roccia, dalla cucina di Leonardo, costantemente cresciuta in questi dieci anni, dopo 36 ore di lievitazione si fornano ogni giorno pane fresco e focacce dalla crosta sonante e dalla mollica aerea, e si sperimenta su tutto un repertorio di marinature e salamoie, tanto che con la rosetta e la lingua di Chianina del macellaio e amico Simone Fracassi Leonardo realizza un Pastrami cui le droghe, come la senape, il tè nero e lo zenzero, donano struttura, e le erbe (coriandolo) e le spezie (pepe) slanciano, in una danza olfattiva di trascinante seduzione.

Ogni tecnica di cucina, cottura e conservazione viene qui indefessamente studiata con l’abnegazione umile e monacale di sempre, la stessa che indora di una pastella aerea e leggerissima le Coscette di rana in tempura, mentre l’Aringa affumicata viene sfilettata e marinata nel latte per un giorno, passata in aceto, asciugata, conservata sott’olio extravergine e quindi servita con le sue uova e una foglia sottile di lardo di Grigio Brado, sempre di Fracassi. A questo proposito, se siete in vena non mancate neppure l’Anguilla croccante con cipolla rossa, uvetta e pinoli cui la sapientissima marinatura prevede, tra gli altri, il raffinato aglio rosso di Proceno.

Davvero solo apparentemente semplici sono, poi, i primi piatti, come le Fettuccine (e non tagliatelle) di semola di grano duro, uova di Paolo Parisi e sugo ai pomodorini datterini con basilico, pecorino maremmano stagionato di Angela Saba e olio extravergine a crudo o il sostanzioso Spaghettone al ragù di cortile con anatra, coniglio e piccione, che utilizza le polpe degli animali da cortile presenti nel grandioso repertorio dei secondi piatti. Tra questi, imprescindibile il cerebrale Petto d’anatra al cartoccio con radici amare e un po’ d’orto e il sontuoso Piccione e crostino con le sue rigaglie, che nel repertorio dei piccioni classici rappresenta senz’altro uno dei migliori mai assaggiati complice, ancora una volta, l’edotta marinatura delle carni, fatta con arancia, vino bianco, alloro, erba cipollina, aglio rosso di Proceno, pepe Timur di Tarai (Nepal) e Sarawak di Gianni Frasi, timo e maggiorana, mentre le rigaglie sono insaporite con spezie, colatura d’alici di Anzio di Manaide, capperi di Linosa e nocciole piemontesi. Un piatto, questo, che del percorso fatto di edonismo ed erudizione di Leonardo rappresenta la acme.

Similmente si comporta la carta dei vini che parla con altrettanta eloquenza e cultura della sensibilità e dell’audacia di questa tavola che, con umiltà e perseveranza, sta riscrivendo le pagine, enogastronomiche ed estetiche, di questo territorio.

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Leila Salimbeni

In famiglia si ritiene che abbia ereditato il palato del nonno Adorno, col quale ha imparato ad amare il vino e a fare colazione con pane, burro e pasta d'acciughe. Perfino le sue prime parole furono parole di gusto: precisamente, il rifiuto di mangiare i biscotti inzuppati nel latte, di cui detestava la consistenza. Una presa di posizione sul mondo, commestibile e non, che dopo una laurea in linguistica la porta a Bologna dove, con una tesi specialistica, decide di applicare la Semiotica Strutturalista alla cucina di Massimo Bottura. Correva l'anno 2010: da allora, non ha mai smesso di scriverne.

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VALUTAZIONE

Cucina Classica

14/20

PREGI
L’accoglienza di Leonardo e Laura.
Una cucina raffinata e territoriale in un luogo che non brilla in termini di ricerca culinaria.
DIFETTI
Tutti i piatti sono, solo apparentemente, molto semplici.

INFORMAZIONI

PREZZI

Alla carta sui 45 euro

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