Passione Gourmet Trattoria Mario - Passione Gourmet

Trattoria Mario

Trattoria
via Rosina 2r, Firenze
Chef Romeo Colzi
Recensito da Gianpietro Miolato

Valutazione

Pregi

  • Rapporto qualità/prezzo.
  • La possibilità di mangiare la bistecca alla fiorentina anche in monoporzione.
  • La spontaneità del servizio.

Difetti

  • Alcune dosature del sale sono da ricalibrare.
  • Ci si siede su degli sgabelli, che alla lunga possono risultare scomodi.
  • Se non si prenota in anticipo, è praticamente impossibile trovare posto.
Visitato il 03-2022

Un’istituzione nel panorama delle trattorie storiche fiorentine

Sessantanove. Tanti sono gli anni di attività della Trattoria Mario, a un passo da piazza San Lorenzo e dal Mercato Centrale. Il locale, una vera e propria istituzione a Firenze, già esercizio storico fiorentino, è infatti aperto dal 1953, prima come fiaschetteria e, poi, dal 1957, come trattoria vera e propria. Merito di tanta longevità va al proprietario, il verace Romeo Colzi, coadiuvato dalla presenza silenziosa ma indispensabile della moglie Amalia. A loro, si uniscono il fratello e il figlio di Romeo: Fabio in cassa e Francesco in sala. Un’impresa familiare che si propone di far sentire, come tale, ovvero in famiglia, il commensale.

E ciò accade non tanto, però, avvolgendo l’ospite in un’atmosfera accondiscendente, magari dai tratti formali e poco spontanei, quanto, piuttosto, attraverso un’immediatezza di gusti e una chiarezza d’intenti che spesso si ritrovano stando seduti alla tavola domenicale. Perché appena ci si siede al tavolo, ci si immerge in un ambiente pulsante, tattile, a volte ridondante, nel quale già la mise en place chiarisce senza possibilità di fraintendimento che la “fiorentina” non viene servita ben cotta e che, soprattutto, non sono accettate eccessive “stuccherie” (ovvero orpelli, per dirla in modo elegante). Può sembrare una formula scostante ma, accettate le premesse, ripetiamo: assolutamente chiare e scevre da retro-pensieri. Qui ci si diverte parecchio e, non di meno, si gusta un menù di classica e tradizionale memoria, preparato con attenzione alla soddisfazione più immediata e pantagruelica, a volte anche troppo.

Cornice mutevole e solo tre costanti: ragù, ribollita e fiorentina

La proposta non è fissa: si cambia di settimana in settimana, in base a ciò che offe il mercato. A non mancare mai sono il ragù della signora Amalia, la ribollita e la fiorentina. La bistecca è servita in tre versioni: in costata, in filetto o in monoporzione, se la si vuole assaggiare da soli. Il dettaglio non è banale, poiché indica una volontà di accontentare il palato del cliente anche in soluzioni non scontate per il panorama culinario fiorentino.

L’“antipasto toscano” è stato una piacevole sorpresa: a base di salame fiorentino (col grasso macinato a maglie grosse), finocchiona, prosciutto crudo, pecorino e crostini di fegatini, ha trovato in quest’ultimi i suoi punti di forza grazie alla cottura lenta che ha conferito alle interiora un gusto dalle sfumature dolci, a smorzare l’intensità ematica che questo taglio spesso riserva. Meno riuscita la pasta al pomodoro, la quale ha presentato uno squilibrio di sapidità nel condimento che ne ha condizionato la resa finale, rendendola, purtroppo, troppo intensa.

Ma l’inciampo è stato presto risolto col pezzo forte del pranzo: il “Tocco di costata”, da 600 grammi. La carne, cotta rigorosamente al sangue, proveniva da razza Limousine allevata in Veneto. La cottura è stata effettuata su piastra, non griglia. La scelta può sembrare straniante ma ha permesso alla superficie esterna della portata di andare incontro a una reazione di Maillard di rara precisione, capace di conservare gli umori in maniera quanto più efficace, e conferire a ogni boccone morbidezza di consistenza e intensità di gusto, soprattutto nelle note ematiche. La qualità della carne di partenza, di circa due anni di età, ottimamente marezzata, ha fatto il resto; talmente ineccepibile nell’equilibrio tra sapidità e lunghezza dei succhi, da rendere superflua la salatura finale. In chiusura, gli immancabili Cantucci e Vin Santo, preparati da pasticcere di fiducia, in cui ha spiccato il vino, lunghissimo nelle note di frutta secca, soprattutto dattero e fico.

Un pranzo diretto, familiare, senza le famose “stuccherie”, come direbbe Romeo, ma che regala all’avventore occasionale la possibilità di scoprire la cucina fiorentina più verace e, al cliente abituale, il piacere di un pasto rassicurante. Come l’ambiente che accoglie chi varca la soglia del locale e ha il piacere di conoscere la famiglia Colzi.

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