Valutazione
Pregi
- L’arte dell’accoglienza fatta poesia.
- Una delle più importanti cantine al mondo.
Difetti
- E’ uno di quei ristoranti in cui, per bere discretamente, facilmente si spende più in vino che in cibo.
L’Enoteca Pinchiorri è meravigliosamente unica. Per tanti motivi.
Per il fascino settecentesco del palazzo Jacometti Ciofi, nel cuore rinascimentale di Firenze.
Per la signorilità, lo charme di Giorgio Pinchiorri e per la sua monumentale cantina.
Per la raffinatezza e l’eleganza di Annie Féolde.
Perché, diciamolo, in Italia un altro posto così non c’è.
Per un appassionato gourmet poter cenare in questa cattedrale del buon gusto, nel senso più ampio del termine, è come per un violinista poter suonare uno Stradivari: un’emozione unica.
Una storia, quella dell’enoteca più famosa al mondo, legata a doppio filo a quella di Giorgio e Annie, compagni nella vita e nel lavoro fin dai primi anni ’70. Modenese d’adozione fiorentina lui, francese lei, potrebbero essere tranquillamente i personaggi principali di un romanzo tanto è bella la storia che li vede protagonisti sia sul piano professionale sia su quello più intimamente personale. L’Enoteca Pinchiorri è il frutto di questa unione, di anime e di passioni. Dell’uno per il vino, dell’altra per la cucina.
Varcando l’ingresso di via Ghibellina ci si ritrova in un ambiente quasi sospeso nel tempo, in cui ogni gesto, ogni parola, ogni aspetto è stato sapientemente studiato ed affinato nel corso degli ultimi 40 anni per mettere a proprio agio e soddisfare i clienti, facendo sentire ognuno di loro come fosse l’ospite d’onore.
Non capita spesso, neanche nei più grandi ristoranti. Tutto è misurato, sempre appagante, mai eccessivo.
A partire dal servizio, impeccabile, affidato ad un personale molto ben preparato, formale ma non ingessato, presente e allo stesso tempo discreto.
In un mondo in cui ormai gli chef sono assurti al ruolo di vere e proprie star, catalizzando su di sé le luci dei riflettori, sedere a questa tavola può far ben capire che cosa sia e quanto sia importante il servizio di sala. Qui l’arte dell’accoglienza non si recita, si vive.
In cucina, raro esempio di riuscita sintesi culinaria tra l’anima transalpina e la tradizione italiana, sotto l’illuminata supervisione della Féolde, i primi chef Italo Bassi e Riccardo Monco da oltre vent’anni sono la spina dorsale di una delle brigate più apprezzate dai clienti e più ambite dagli chef.
E se per tutto questo tempo il livello è riuscito a rimanere tanto alto, gran parte del merito è anche loro.
Descrivere la cucina dell’Enoteca Pinchiorri, paradossalmente, non è difficile: l’eccellenza nella semplicità.
Piatti (apparentemente) semplici, nel senso migliore del termine, eppure ricchi di dettagli, di sfumature. Spesso essenziali a vedersi eppure disarmanti quanto a ricchezza di gusto ed equilibrio.
Frutto di un rispetto assoluto delle materie prime, selezionate con maniacale attenzione e di una sensibilità ed una tecnica in grado di valorizzarle senza stravolgerle, lasciando i sapori sempre molto ben distinti e distinguibili con il risultato che i piatti, anche quelli più complessi, risultano facilmente intellegibili e riescono a fissarsi nella memoria gustativa del gourmet come raramente accade. Quante volte capita di alzarsi da una tavola, anche importante, con la convinzione di aver mangiato bene ma senza ricordare di preciso i piatti assaggiati? Qui non accade. E non è un caso.
La pasticceria è affidata allo chef Luca Lacalamita, un giovane pugliese dal curriculum impressionante, messo insieme tra Inghilterra, Spagna ed Italia alla corte di chef quali Cracco, Bottura, Gordon Ramsay e Ferran Adrià solo per citarne alcuni. Esperienza ed una gran bella mano, anche se in questa occasione il dessert non ci ha convinti fino in fondo.
Ma parlare dell’Enoteca Pinchiorri è anche e soprattutto parlare di vino. Perché l’ottimo lavoro svolto dalla Feolde per quanto attiene alla cucina è complementare a quello, quasi unico, svolto da Giorgio Pinchiorri per la cantina. Parlare dell’uno senza parlare dell’altro sarebbe come voler parlare dello Yin senza lo Yang. Difficile dire con certezza se sia la migliore, ma è sicuramente una delle più importanti cantine al mondo con le sue oltre centomila bottiglie distribuite tra le 4500 etichette di oltre mille produttori. Di molte etichette detiene l’esclusiva mondiale, di altre, importantissime e numerate, vanta la numero uno di ogni annata. Una collezione dal valore ormai quasi incalcolabile a disposizione degli avventori, di ognuno secondo i propri gusti e, va detto, le proprie tasche. I ricarichi sono certamente importanti, in alcuni casi forse anche eccessivi, ma d’altronde non sfuggiranno all’appassionato i faraonici costi di gestione di un siffatto patrimonio enologico.
Sedere all’Enoteca Pinchiorri è un’esperienza che va fatta. Magari una sola volta, se eccessivamente “impegnativa”, ma va fatta. Per l’ottima cucina, per l’infinita cantina, per il servizio eccellente, per la location suggestiva ma soprattutto per le emozioni che sa regalare, tenendo a mente, al momento del conto, la frase del grande Veronelli: “Si paga sempre troppo poco, per chi ti riempie di gioia”.
L’amuse-bouche: Biscotto di cipolla caramellata.
Rotolo d’orata, zucca fritta, salvia e riso soffiato su crema di zucca: un po’ appiattito sulle note dolci ma interessante per il contrasto di consistenze.
Tonno pinna gialla al basilico, marmellata di pompelmo, finocchio e polvere di liquirizia: si fa apprezzare per l’eccellenza della materia prima che letteralmente si scioglie in bocca. Interessanti le note balsamiche legate a finocchio e liquirizia mentre la chiusura vira piacevolmente sui toni acidi ed amarognoli del pompelmo.
Noci di capesante con asparagi al coriandolo, coralli marinati e maioneseLa maionese (dal francese mayonnaise o dal catalano maonesa) è una salsa madre, cremosa e omogenea, generalmente di colore bianco o giallo pallido, che viene consumata fredda. Si tratta di un'emulsione stabile di olio vegetale, con tuorlo d'uovo come emulsionante, e aromatizzato con aceto o succo di limone (che aiuta l'emulsionamento). La ricetta tradizionale prevede l'uso di olio d'oliva e... Leggi di crostacei: l’esempio ideale di come, partendo da ingredienti semplici e senza voler stupire a tutti i costi con tecniche futuristiche, si possa tirar fuori un gran bel piatto: perfetta la cottura delle capesante così come quella delle verdure, piacevolmente croccanti. Gustose ed in perfetta armonia col resto del piatto sia la salsa di asparagi che la maionese di crostacei.
Uovo affogato in cenere, taleggio, crema di zucchine e pancetta: altra cottura da manuale, ottimo il bilanciamento di sapori, piacevole il gioco di consistenze. Pur nella sua delicatezza, presenta una notevole persistenza.
Fusilli al ferretto con scampi, pomodoro fresco, bottargaLa bottarga è un alimento costituito dall'ovario del pesce, le cui uova vengono salate ed essiccate con procedimenti tradizionali. Viene ricavata dalle uova di tonno o di muggine. I due prodotti differiscono sia nel colore che nel gusto (più deciso quella di tonno). La bottarga di tonno ha un colore che varia dal rosa chiaro a quello scuro, mentre quella... Leggi e briciole di pane: che piatto! Paradisiaco già all’olfatto. Un piatto apparentemente semplice che stupisce per intensità, complessità ed equilibrio. I sapori sono scanditi ad uno ad uno per poi tornare all’unisono meravigliosamente amalgamati. Le cotture millimetriche di pasta e scampo completano l’opera per un passaggio che si fa ricordare.
Coda di rospo farcita di sopressata e poi fritta, crema di patate al limone e pepe giamaicano: buona la cottura ma il piatto non entusiasma. Al palato i contrasti di consistenze e sapori che ci si aspetterebbero non trovano riscontro. Nonostante la buona tecnica resta uno dei passaggi che ci ha convinto di meno.
Agnolotti con crema di ceci e nervetti di vitello: tralasciando l’ottima fattura della pasta e la sua millimetrica cottura, è un piatto che conquista per l’eccellente equilibrio gustativo. Il sapore intenso del ripieno è ben bilanciato dalla crema di ceci mentre i nervetti marinati nel vino rosso, oltre ad arricchire il gioco di consistenze, donano una piacevole nota acida.
Maialino di razza “Mora Romagnola” con radicchio, asparagi e fagiolini marinati: un maialino così si può mangiare in pochi posti, forse solamente qui. Crosticina perfettamente croccante, carne tenerissima e succulenta, gusto pieno, intenso ed equilibrato. Le verdure, che pure completano degnamente il piatto, passano quasi inosservate.
Doppio petto di piccione con pesto ai peperoni, frittella di patate e salsa di fegatini. Altra carne, altro piccolo capolavoro. Per cottura, per sapore, per la salsa, per tutto insomma. A completare l’ottimo doppio petto una coscia ben croccante ed una frittella di patate che forse stona un po’ rispetto alla finezza del piatto.
In attesa del dessert un rinfrescante sorbetto agli agrumi.
Tortina di mele con gelato al caramello salato: semplicemente un buon dessert.
Gradevole la piccola pasticceria: mikado di ananas, caramelle di acqua di rose e verbena, tartufo liquido di lime e menta…
…ma è con il carrello dei cioccolati, uno dei più ricchi mai visti, che torna il sorriso pieno e si può chiudere in bellezza il pasto…
Questa la selezione dei vini proposta in abbinamento. Ottimi vini ma, ad essere sinceri, per una media di 40 euro a calice, ci si potrebbe aspettare qualcosa di più.
Poggio alle Gazze 2012 – Tenuta dell’Ornellaia.
Chassagne Montrachet en Virondot 2011 – Marc Colin.
Morey St. Denis 2011 – Domaine Dujac.
Colonia 2006 – Fattoria di Felsina.
Galatrona 2004 – Tenuta Petrolo.
200€ per quei cinque calici lo trovo una follia pura.....piuttosto acqua come consigliava G.Marchesi......
Per dovere di cronaca : la degustazione all'Enoteca Pinchiorri è riferita alle bottiglie, quindi nessun vincolo al calice ma, a quel prezzo, si hanno le bottiglie previste dal degustazione a disposizione anche per rabbocchi plurimi.
Ottima recensione, ma il paragone con lo stradivari, onestamente, mi sembra eccessivo... Sedersi a questa tavola è senza dubbio un'esperienza unica, un' esperienza che permette di gustare i risultati di anni e anni di perfezionismo corale e di ricerca del massimo, nei piatti come nei vini e nell'accoglienza. Ma suonare uno stradivari è ben altra cosa; sono strumenti frutto del genio di una sola persona. Irripetibile.