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Cardo

di Erika Mantovan

Nelle vecchie città romane c’era il Cardo Maximus, una strada che attraversava la città in cui  passavamo commercianti, punto di arrivo per chi era in cerca di opere d’arte e antiquario. Una via del commercio che in latino prende il significato di polo: punto cardinale. Un percorso che si intrecciava col decumano, e che definivano i quartieri. Una piccola digressione sul nome di un ortaggio, di forma simile al sedano, ma appartenente alla famiglia dei carciofi, per trarre co non parallelismo degli aspetti dal punto di vista sia del consumo che produttivo.

Parte da qui il nostro viaggio con Sergio Fessia di Ortobra Gourmet.

Una varietà antica

Coltivata già ai tempi dei Romani, questa verdura prettamente invernale è raccolta da ottobre ai primi giorni di febbraio. Solo in zoni più miti, il ciclo è dilazionato e può superare i 200 giorni. Fuori Italia, and esempio, è coltivato Cile, Argentina, Cina, Romania, Ungheria e Africa Settentrionale. Nel Bel Paese è consumato crudo in Piemonte, con la bagna cauda, in accompagnamento, invece, in altri stati per via della sua componente amara, come base di zuppe, ad esempio. Sono quattro i principali cardi che vengono consumati in Italia, il Gobbo di Nizza Monferrato, quello di Chieri, il Gigante di Romagna e il Cardo dolce di Cervia.

Tipologie e proprietà

Iniziando dal primo, tra i più pregiati e laboriosi dal punto di vista produttivo, il Cardo Gobbo di Nizza cresce in Piemonte, in sabbiosi terreni tra Nizza Monferrato, Incisa Scapaccino e Castelnuovo Belbo. Quel loro essere «gobbi» più per via di una tecnica che non vede irrigazione, concimazione e trattamenti, bensì, quando sono alti e rigogliosi, vengono piegati a terra. Un trauma migliorativo per la pianta che richiede una certa manualità ed esperienza, ma che aumenta in maniera indiscussa la qualità del cardo. Sotto terra, saranno essi stessi a doversi liberare per trovare la luce. Ciò fa si che le coste perdano ogni traccia di clorofilla e diventino bianchissime e tenere. Una volta eliminata le foglie esterne, è il cuore quello che si consuma. I cardi sono croccanti e dolci. Sono gli unici che si fanno apprezzare anche tal quali: crudi.

Restando nella regione, il cardo di Chieri, poco spinoso, verde prima di diventare biancastro una volta posto sotto dei teli per eliminare la clorofilla. L’obiettivo, anche in questo caso è ridurre la sensazione di amaro. Il Gigante di Romagna, invece, si presenta con meno spine, è di colore verde grigio chiaro e, da qui il nome, può superare il metro e mezzo di altezza. Infine, il dolce di Cervia, viene interrato sotto la sabbia marina in cui trova zona fertile per crescere: a differenza dei precedenti, si sbianca naturalmente. 

Grazie a un loro apporto calorico piuttosto basso, poiché contengono ben il 94% di acqua, il cardo ha numerose proprietà benefiche per il fegato, è antinfiammatorio, apporta benefici ai reni, contrasta le infiammazioni intestinali e viene utilizzato anche nel trattamento della psoriasi. Ha proprietà antiossidanti e anti-stress e si rivela ottimo anche in caso di stato di affaticamento.

Come scegliere il cardo? Guardando il colore dei gambi, che devono essere bianchi: il che significa non saranno fibrosi, né duri né amari.

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