La critica e Lorenzo Cogo
Dovendosi fermare a riflettere, e per una volta trovando lo spunto che dà al critico il la per fare autocritica su se stesso, dovendolo fare per forza o per volontà, verrebbero al pettine alcuni nodi trascurati. Peccati in buona fede, errori umani, valutazioni eccessive e così via. Una volta ogni tanto è utile e forse addirittura conveniente rallentare e fare il punto della situazione, anche solo per avere il polso del lavoro svolto e per legittimare di conseguenza il ruolo sociale della critica. Ecco, se questo davvero avvenisse come auspicato, con ogni probabilità ne risulterebbe un certo debito morale nei confronti di Lorenzo Cogo. Lo diciamo da ammiratori della prima ora, da forti sostenitori e attenti osservatori della sua crescita nel corso degli anni. Ma per un qualche strano disegno del destino risulta sempre che Cogo sia un grande cuoco, sia uno chef ormai affermato, che abbia reso la sua cucina riconoscibile e personale, però… c’è sempre un però. Una ricerca eccessiva dell’appunto da fare allo chef vicentino, che al cospetto di altri colleghi tante volte verrebbe risparmiata.
Alla luce di questo non si prende mai in considerazione la reazione dell’altra parte, che nel caso specifico si prodiga in uno slalom sopraffino e leggerissimo, testardo e convinto, diretto al traguardo senza lasciarsi influenzare da alcun ostacolo. E poi con Lorenzo ci si parla, ci si confronta e lo si ascolta, ma più che ascoltarlo ci si accorge che è lui ad ascoltare il suo interlocutore. Ma allora? Allora crediamo che ci sia un però…
Alta densità gustativa in una cucina totalmente intellettuale
E in effetti ci sentiamo di dire che un però ci sia, eccome. Perché a seguito della nostra ultima visita abbiamo trovato una profondità di pensiero nell’evoluzione del menù proposto che si confà alla mente di un intellettuale puro, in grado di declinare certe sue idee apparentemente stravaganti con una eleganza e una sensibilità toccanti.
Ogni piatto si basa su un costrutto gustativo e su uno texturale. In questo modo l’attenzione del commensale viene calamitata sulle note dissonanti del piatto, attratta e imprigionata dalla tensione emozionale che ogni fase della masticazione fa scaturire. Si aggiungono a questo un approccio estetico che già di per sé potrebbe saziare e un ritmo cadenzato con mirabile dinamismo che non lascia libertà alla fantasia di emigrare. Il cervello è pieno di input, gonfio di suggestioni che rincorrono memorie, confuso da dolcezze che si toccano con note piccanti, acide, consistenze turgide, liquide, fumose ed eteree. Ogni piatto è un’esperienza a sé, involucro di una storia che nasce da una riflessione, rispettoso della cultura non solo del luogo che abita ma del mondo intero dal quale proviene. Non c’è scampo durante la degustazione di uscire dal recinto emozionale disegnato dallo chef. Non c’è scampo di astenersi dal voler approfondire e mettersi alla prova per vedere quanto le sfumature gustative di ogni passaggio possano far esplorare leghe abissali. Non c’è scampo quando alla fine della cena ci si emoziona di aver potuto prendere parte all’esposizione di un artista che di professione fa il cuoco. E se proprio bisogna aggiungere un però al capolavoro andato in scena potremmo dire che i margini di miglioramento di questo grande chef in forma smagliante ci sono e ci sembrano ancora molto ampi.
La galleria fotografica:
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- Il pane con olio, olio sale e spezie, burro con foglie di alloro, burro con pelle di pollo e arancia, lardo.
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- Il pane con olio, olio sale e spezie, burro con foglie di alloro, burro con pelle di pollo e arancia, lardo.
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Capasanta come un dolce: pan di spagna all’elicriso, bernese alla vaniglia, artemisia
l'Artemisia appartiene ad un genere di piante angiosperme dicotiledoni appartenenti alla famiglia delle Asteraceae. In cucina, le foglie cotte o crude di Artemisia vulgaris, per merito del loro aroma amaro, aiutano la digestione; per questo in molte zone sono preparate soprattutto come condimento a cibi grassi. Le foglie sono usate anche come infuso, oppure per aromatizzare la birra. Il sapore... Leggi e capasanta cruda con tè di capasanta e semi di senape.
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Chawanmushi
Mimosa crema, albicocca, cocco, zafferano, polline e liquirizia. Leggi, cannolicchio, ‘nduja e fungo cardoncello.
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Ricotta, wasabi
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Tartare
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[…] di formazione a fianco di due delle più luminose teste pensanti della cucina veneta e non solo: Lorenzo Cogo e Francesco Brutto. Con questi presupposti, difficile prevedere che il menu “T.E. True […]