Valutazione
Pregi
- Una cucina millimetrica e in grande forma.
- Le piacevoli incursioni di Mauro Uliassi in sala.
- Un’atmosfera che, malgrado il tono, non cessa di essere conviviale e rilassata.
Difetti
- Qualche emozione in più potrebbe arrivare dalle proposte del sommelier.
La contemporaneità in tavola
Disseminati per la galassia gastronomica, ci sono alcuni – pochissimi, in realtà – ristoranti che non solo centrano il duplice obiettivo di convicere critica e gourmet ed entusiasmare il pubblico generalista, ma possiedono il dono di riuscirvi senza cadere nella trappola del cerchiobottismo. Nel ristretto novero di tali locali si colloca, a nostro avviso, Uliassi. Quella di Uliassi non è una cucina in assoluto anticipo sui tempi per tecniche, ingredienti impiegati, arditezza degli accostamenti.
Eppure, muovendosi disinvoltamente sul filo della contemporaneità – ma senza assumere del tutto su di sé i rischi dell’avanguardia – lo chef ha dimostrato lungimiranza e coerenza, impiegando in modo intelligente e fantasioso le tecniche più funzionali alla propria visione gastronomica e, allo stesso tempo, lasciando in vita un lumicino dell’originaria vocazione di trattoria di mare di questo indirizzo. Il tutto accade, qui sulla Banchina di Levante dell’affascinante Senigallia, senza sforzo apparente, senza l’ansia di rincorrere ogni occasione per dimostrare di essere sempre al passo coi tempi. Ecco perchè la valutazione ormai stretta, se continuamente confermata ai livelli odierni, potrebbe crescere presto.
Da trattoria di mare fino all’olimpo gastronomico
La terza stella, recentemente conseguita, sembra aver caricato a molla cucina e sala, convincendo tutti che il percorso fin qui seguito sia stato meritevole di ogni fatica e di ciascun occasionale inciampo. Abbiamo trovato così, in occasione delle nostre visite più recenti, un Mauro Uliassi in grandissima forma: né vate dell’avanguardia né tantomeno umile servo della tradizione ma, e del resto così è sempre stato, un cuoco che ama giocare con i sapori e che, nel tempo, ha saputo circondarsi di una brigata di grande professionalità ma allo stesso tempo partecipe del processo creativo. Sembra vedersi, lo chef, in un ruolo di capitano/allenatore, allo stesso tempo coordinatore e compagno dei ragazzi in cucina, ai quali non manca di rendere omaggio citando, per molti dei piatti assaggiati, l’ideatore.
Come ogni anno, l’apertura primaverile del ristorante ha visto l’esordio in carta di numerose nuove creazioni, che confluiscono nel menu Lab. Siamo stati testimoni di una fase di transizione, con alcuni piatti che, in una versione perfezionata, erano già stati presentati nella collezione 2018.
Tra questi, meritano una citazione il pancotto con mandorle e granita di ricci di mare, ancora più intenso della versione precedente e miracoloso per gestione di temperature e consistenze, e lo straordinario colombaccio, la cui cruda carnosità riesce a contenere un fondo all’eucalipto di raro potere perforante. Citiamo, fra i piatti nuovi, l’eccellente anguilla, sapiente rimodulata su tratti acidi, tannici e affumicati e un reparto dolci in grande spolvero.
Il servizio si mantiene sorridente senza essere scanzonato e lascia che al centro della scena restino le non rare uscite dello chef, vero mattatore della sala. Qualcosa in più, in termini emozionali, si potrebbe chiedere al servizio al calice per quanto, in quest’occasione, l’unico vino insolito della serie abbia finito per ripagarci ampiamente di qualche proposta eccessivamente scontata.