Uri Sapori Condivisi
Valutazione
Pregi
- Uno chef coreano alle prese con la cucina di una regione dalle grandi tradizioni gastronomiche.
Difetti
- Le indicazioni per arrivare al ristorante non chiarissime.
Filologia culinaria langarola, da mani coreane
Appena fuori dal borgo di Roddino, appollaiato sulla cima di una collina, in una posizione strategica che rende contemplativo l’affaccio sul panorama circostante, mozzafiato, prende vita il progetto esistenziale e professionale di Seul Ki Kim e Federica Vaira.
Lo chef coreano, reduce da significative esperienze formative sui pass di Antonino Cannavacciuolo, Davide Palluda e Massimo Camia, ha individuato insieme a Federica, la moglie, questo buen retiro di Alta Langa per edificare le rispettive esistenze e i progetti a esse associati.
E non è un caso che, in coreano, uri significhi proprio “noi”, come a sottolineare il carattere sostanzialmente intimista di questa prospettiva. Ma attenzione a non sottovalutarlo perché lui, da buon coreano, è quindi precisissimo, diremmo quasi filologico nell’esecuzione del suo fuoco culinario, oggi animato da una cucina sostanzialmente langarola. Certo, con la grazia e la mano leggera richiesta dalla presente contemporaneità a tavola, nonché dalla location, che non cela affatto di nutrire le velleità del ristorante di livello.
Uri Sapori Condivisi: precisione esecutiva e qualche timido esotismo
L’ambiente è rilassato, confortevole, così come il servizio, molto affabile. Il menu affronta con semplicità i passaggi salienti della tradizione piemontese: gnocchi, ravioli del plin, tajarin, carré di agnello e bonet senza farsi mancare, pure, qualche incursione coreana come l’ottok, una frittella ripiena, però, di ingredienti a forte vocazione locale, anzi iper-territoriale, come uvetta e nocciole.
Benché forse i sapori propendano qui per una fedele e davvero corretta interpretazione della cucina tradizionale di Langa, si crede che il senso di questo indirizzo sarà, a poco a poco, quello di trovare una quadra, un punto di intersezione, o condivisione, appunto, tra due grandi tradizioni culinarie tanto distanti quanto, in questo cocuzzolo cuneese, prossime non solo fisicamente, ma anche affettivamente.
Aspettiamo quindi, con sincero entusiasmo, che la mano dello chef acquisisca la sicurezza necessaria.