Valutazione
Pregi
- Una grande cucina sabauda abilmente rivisitata.
- La interessante carta dei vini, con ottimi prezzi.
- La gentilezza e affabilità del servizio, quasi interamente al femminile.
Difetti
- Il parcheggio in zona, difficoltoso.
Capita, a volte, che un gourmet si innamori di un ristorante e di un cuoco. E quando ciò avviene può accadere che si ritrovi alla sua tavola con una cadenza tale che la gente normale definirebbe “pura follia”. Due, tre volte a settimana. Per mesi, o addirittura anni.
I delicati meccanismi che muovono e determinano, oltre all’anima, anche l’agire di un gourmet sono veramente misteriosi. Se non fosse così, non si spiegherebbe perché, con manifesta facilità, nella sua agenda ci siano elencati locali che egli considera d’eccellenza assoluta, ma che non frequenta per periodi incredibilmente lunghi.
Cosa accade nella sua mente? Non è certamente pigrizia, questa è una delle molte lacune di cui un vero spirito gourmet, curioso e perennemente errante, non può essere certo sospettato. Più semplicemente è una sorta di tirannia dell’autoconvinzione che lì, in quel luogo, in quella cucina, si sta benissimo. Una sublimazione della sicurezza, che già da sola sembra appagare gli istinti primari.
Confessiamo che, a volte, questa spiegazione non basta più. E quando capita di andare in un ristorante come L’Enoteca di Canale dopo tanto tempo, è giusto fare ammenda.
In Italia, infatti, ci sono luoghi che meritano di essere visitati quasi ogni mese, per la loro capacità di emozionare e soprattutto di rinnovare ogni volta quelle sensazioni.
Nel cuore di questa terra gastronomicamente benedetta che è la Langa&Co., il rischio di annoiarsi o distrarsi non c’è proprio. L’imbarazzo della scelta è il primo ostacolo da superare, poi solo gioia e appagamento.
Promettiamo di tenere in futuro sempre presente che all’Enoteca di Canale c’è un grande cuoco, ma anche un grande uomo, che non ama le luci della ribalta.
Davide Palluda interpreta la sua professione e il suo ruolo più come artigiano che come navigato showman. Il che si traduce in una formula semplicemente perfetta per il gourmet: accontentare e assecondare, non sorprendere e stupire.
Palluda è sempre sereno, giustamente convinto dei suoi mezzi, ma privo di quella pressante necessità di vedersi assegnare di continuo riconoscimenti, coccarde, o stelline.
Forse è questa la ragione della nostra latitanza colpevole? Forse. Ma non ci eravamo affatto scordati che Davide Palluda è uno dei più fulgidi esempi di una mirabile cucina fatta di pulizia, nettezza e linearità. Una cucina “sabauda”, che nacque da quella profonda contaminazione che a fine settecento inondò il Piemonte e vide concentrarsi sui prodotti di questa terra stupefacente le tecniche, le preparazioni e le elaborazioni francesi (o meglio parigine).
C’è quindi un luogo straordinario a Canale, in cui la vera forza dirompente sono mirabili preparazioni che solo apparentemente si palesano ai più come tradizionali.
Nascondono, in realtà, una cura maniacale al dettaglio, una perizia tecnica assoluta, una profondità e una purezza gustativa che sono in grado di farti letteralmente sobbalzare sulla sedia.
Certamente golose, ma anche raffinate, minimali, delimitate dalla perfezione. Mai un ingrediente di troppo, mai un sapore scomposto.
Estro e precisione, che hanno intagliato il nostro percorso gustativo a ogni passaggio, culminando con una straordinaria e moderna finanziera, con una pernice da caccia di didascalica finezza e con un piatto di agnolotti che ci è apparso semplicemente divino.
Oggi, in questo bellissimo castello, sede luminosa dell’Enoteca Regionale del Roero e vetrina privilegiata di quei vini straordinariamente longevi, è possibile assistere a un concerto di emozioni a cui è decisamente impossibile rinunciare se si ama la grande cucina.
Il teatro è Canale, a dirigere c’è Davide Palluda, le repliche della sua cucina-spettacolo ogni giorno tranne la domenica. Non comprate un solo biglietto
L’ingresso
Il lungo benvenuto…
in cui svetta questa concentratissima zucca ricostruita (passata al forno) con seirass
L’ottima focaccia alle olive…
ed il primo colpo d’ala, Topinambour, tartufo e cioccolato bianco. La dimostrazione che le note dolci, se ben equilibrate, con senso del gusto e senso della proporzione, non sono affatto un minus
Il nostro primo compagno di avventure…
Un passo falso, merluzzo affumicato, crema di scarola e canditi. Qui il dolce e l’affumicato non danno via d’uscita.
Spalla di vitello marinata al miele, crema d’uovo e acciughe, briciole di focaccia, tartufo. Altro colpo da maestro
Il Roero può riservare sorprese su vini longevi? Bien sur
Variazione di ovoli reali: crudi, cotti e in blinisPiccola pasticceria. Leggi. Un tocco di classe le nocciole e la loro essenza
L’imperiale finanziera, qui in una versione da grande saucierMeglio conosciuto come Chef saucier o sauté, questa figura occupa una posizione di rilievo nella classica cucina in stile brigata. Responsabile del settore salse, è considerato il primo tra i capo-partita perché le sue specializzazioni - preparazione di fondi e di salse calde, cottura delle carni (esclusi arrosti, fritti e grigliate) e guarnizione dei piatti - richiedono grandi doti culinarie e, ça va sans dire,... Leggi
I ravioli di faraona con salsa al Marsala e suo fondo, tartufo. Un piatto da fondoscala.
Eh sì, confermiano:il roero può dare molte sorprese sui vini longevi
Costata di Vitello, radicchio e il tocco geniale della salsa di pinoli
Rapa e pernice da caccia a tutto tondo
Un sorbetto di uva del Roero
ed un dolce al caffè d’orzo
Il commiato della cucina
Tra due non brevi intervalli, solo la terza volta a questa tavola. La migliore delle tre di gran lunga. Convincente ad ogni livello tecnico: nelle cotture, negli abbinamenti, nelle salse, nel gioco di equilibri. Classe, la misura generosa di una raggiunta maturità. Efficacia: ogni preparazione dritta allo scopo e dotata di un proprio ben distinto carattere (il limite di molte pur buone cucine è una certa ripetitività del timbro tra i diversi piatti - monocordi in cultura). Una finanziera che senza nulla perdere della sua mitica tipicità (preparazione d’origini antichissime, ad ogni epoca rivisitata) esibisce una sorprendente eleganza gustativa. Oltre al resto, questi ravioli, questo vitello, questa pernice un trittico da podio piemontese (…dunque italico, …dunque mondiale: …chi li ha a priori indietro, o a priori avanti, regoli un po’ gli orologi :) E non fosse stato per il non convincente merluzzo e per le primissime e le ultimissime note, rispetto al resto nel complesso un po’ calanti, da pensare per Palluda anche a un gradino più in su. P.S.: Quanti ricordi quel Ròche d’Ampsèj (ne ho ancora una bottiglia conservata). Onore a Matteo Correggia, un grande che non c’è più. Andavo seconda metà anni ’90 da lui a prendere il vino. E da quelle parti c’era pure Cracco (e già Baronetto con lui) a Le Clivie…
Continuo a fare su e giù per le scale ma non è avanzato nessun raviolo... apprezzo i "fuori fuoco" con le padelle ben salde sul fuoco. Serene feste M 50&50
Piatti diversi - ieri a pranzo - ma identico giudizio. Una cucina di rara pulizia gustativa, di grande intensità e concentrazione, dove si arriva all'essenza dei sapori senza ruffianerie, senza cortine fumogene, senza diversivi. C'è tutto quel che ci deve essere, niente di più e niente di meno. Davide Palluda ha iniziato subito alla grande, ancora negli anni 90, da giovanissimo. Poi, a un certo punto, ci è parso come di notare uno sbandamento. Niente di davvero grave, ma la sensazione che il ristorante si fosse fermato e forse fosse perfino andato un po' indietro. Ma, negli ultimi anni, ecco la ritrovata sicurezza degli esordi, esaltata però da una completa maturità, da un'ancora maggiore essenzialità. Il risultato è una grande cucina, che è scandaloso non abbia due stelle e che ormai, dopo quella di Crippa, è forse la migliore di una zona dove certo i buoni ristoranti non mancano.