Valutazione
Pregi
- Il mulino sapientemente ristrutturato che ospita il ristorante.
- La qualità dell'accoglienza e la professionalità in sala.
- Le stanze della locanda.
Difetti
- Alcuni piatti difettano di finezza.
Uno storico mulino, un’antica pila, la cucina del riso di Davide Botta
Davide Botta, bresciano, classe 1967, membro onorario dei JRE di cui è parte dal 1997, ha trascorso quasi tutta la sua vita professionale tra Brescia e la Franciacorta dove ha conseguito importanti riconoscimenti professionali con la sua trattoria L’Artigliere, tra i quali l’agognata stella nel 2003.
Poi nel 2013 la decisione di trasferire il ristorante da Brescia a Isola della Scala, pochi km fuori Verona, nel cuore di una delle più nobili zone del riso italiano, quella del Vialone Nano.
E location più bella non poteva trovare: un mulino del 1600 con all’interno la più antica pila per la lavorazione del riso della zona, la cui enorme ruota fa ancora bella mostra di sé dietro ad un vetro della sala. La ristrutturazione è stata effettuata con mano sapiente rispettando e valorizzando al massimo l’originalità del luogo.
In questa antica, suggestiva struttura sorge oggi l’Artigliere, ristorante con locanda: otto tavoli e cinque camere con in più anche una zona relax dotata di una mini SPA.
Al centro di tutto, il riso, e non poteva essere diversamente vista la zona e la location. Almeno una decina i risotti in carta, ai quali è dedicato anche uno dei numerosi percorsi di degustazione, intitolato I Fantastici 4, che prevede, appunto, l’assaggio di tre risotti e un dessert.
L’accoglienza è calda, di stampo familiare con lo chef che si divide fa sala e cucina, occupandosi anche di consigliare la bottiglia giusta, pescando da una carta di vini non molto estesa, ma che ha più di un motivo di interesse. A coadiuvarlo, in sala, il garbo e la professionalità della moglie Marina, in grado di far sentire l’ospite davvero come a casa.
Cucina di pancia che in qualche passaggio difetta in finezza
La cucina è di spiccata natura gourmandPer "gourmand" si intende una persona amante della buona tavola, in particolare delle preparazioni di stampo classico, un cultore della gola. Ghiottone.... Leggi, senza compromessi, dai sapori chiari e decisi. Lontana anni luce da sperimentazioni e cerebralità. È diretta, punta alla pancia più che alla testa, cerca costantemente il colpo del Ko. E, a nostro giudizio, a volte esagera, sovraccaricando inutilmente il piatto.
Emblematico al riguardo il Timballo di riso allo zafferano con animellaGhiandola corrispondente al timo umano presente in agnelli e vitelli che scompare con l’avanzare degli anni. Rientra tra le frattaglie bianche, si presenta come una massa spugnosa e va consumata fresca, altrimenti fermenta. La parte commestibile, di forma allungata, si definisce noce e, previa cottura, va immersa in acqua, ricambiandola ogni volta che assume un colore rosato, al fine di... Leggi, foie grasIn francese significa letteralmente "fegato grasso" ed è definito dalla legge francese come "fegato di anatra o di oca fatta ingrassare tramite alimentazione forzata”. È uno dei prodotti più famosi e pregiati della cucina francese. Esistono tipologie di 'foie gras' non derivate da animali sottoposti ad alimentazione forzata. Spesso il fegato grasso è associato all'alta cucina francese e internazionale per... Leggi e tartufo nero in cui il risotto, già di per sé riccamente mantecato e goloso, è sovrastato (letteralmente) da animella e foie gras (in proporzioni praticamente paritetiche rispetto al riso) e come se non bastasse da una abbondante grattugiata di tartufo nero. Onestamente troppo.
Non ci ha convinto appieno neanche il Risotto al Franciacorta, caratterizzato da un residuo alcoolico troppo elevato e dall’aggiunta di due ostriche fritte che nulla aggiungono se non ulteriore grassezza al piatto.
I piatti migliori all’inizio del pasto: dagli appetizer, tutti molto centrati, al Carpaccio di calamaro con piselli, mandorla e rapanelli, piatto fresco, lineare il cui sapore gioca tutto su due fronti: dolce e amaro, fino a una versione molto delicata ed equilibrata di un grande classico veneto come Polenta e stoccafisso.
In conclusione, una location davvero bella, anche per pernottare, un locale in cui, nel complesso, si sta molto bene e ci si sente coccolati. La cucina è tutta sostanza e affidabilità, anche se in qualche passaggio difetta un po’ di eleganza.
Trovo sublime l’involtino col cav navone, tutto vegetale; e’ solo locale, ahime’ Gagliardi potra’ dire allo chef bravissimo D Botta delle “torzelle irpine” un cavolo riccio che si mangia nell’avellinese in minestra con osso di prosciutto sopra i biscotti di pane tagliati a tozzi…