Derby Grill

VALUTAZIONE

Cucina Classica

14/20

PREGI
L’ambiente di gran tono.
Parcheggio privato gratuito.
Il conto accessibile.
DIFETTI
Il burro presentato in un contenitore metallico.
Qualche occasionale eccesso di grassi.

390

Dobbiamo ammettere che non ce l’aspettavamo. Troppe volte abbiamo soffocato la curiosità di tornare, dopo molti anni d’assenza, al Derby Grill, l’elegante ristorante dell’Hotel De la Ville, che si affaccia proprio sulla meravigliosa Villa Reale di Monza. Poi, di volta in volta, il desiderio di testare un altro locale mai provato, la voglia di un’atmosfera meno impegnativa e non da ultimi i ricordi di esperienze passate decisamente poco entusiasmanti hanno finito per portarci altrove. In tutto questo tempo, parliamo di più di un lustro, sono però cambiate molte cose, a partire dalla conduzione della cucina, passata circa due anni fa nelle mani del napoletano Fabio Silva.
Mettiamo subito in chiaro che il Derby Grill, che nasce in realtà prima dell’hotel che ora lo ospita, resta per vocazione un ristorante dalla matrice fortemente alberghiera: i piatti di Silva sono pertanto di impronta tendenzialmente conservatrice, secondo lo stile che la clientela dell’hotel, in prevalenza straniera, predilige. Nonostante le origini meridionali lo chef si esprime bene alle prese con un caposaldo della cucina lombarda come la cotoletta alla milanese, che qui è appena battuta e ben lontana dall’imperversante orecchia d’elefante. Vediamo transitare verso i tavoli vicini un risotto alla monzese (una variante di quello alla milanese dove il midollo è sostituito dalla luganega) che ci dispone bene per un ritorno da queste parti a stretto giro di posta, ma non per questo ci pentiamo degli spaghetti trafilati al bronzo con ragù di faraona e cavolo romanesco, cui possiamo rimproverare solo un leggero eccesso di materia grassa.
Goloso e ben eseguito, ma migliorabile nella presentazione, è il petto d’anatra cotto sottovuoto, servito con gelato di fegato grasso e chutney di ananas. In alcuni dei piatti individuiamo un’impronta stilistica quasi sadleriana, e lo chef a fine serata ci darà conferma della nostra impressione raccontandoci come proprio da Sadler abbia vissuto un’importante esperienza professionale. Il piatto che più ci è sembrato evidenziare quest’influenza è il trancio di ricciola con capperi di Pantelleria, melanzane e burrata, ghiotto e rotondo omaggio al Sud Italia, supportato da un’ottima cottura del pesce e da materie prime, come sempre nel corso della nostra cena, di livello qualitativo notevole.
Buoni anche i dolci, peccato solo per lo spessore eccessivo della pasta nei ravioli di mele con sorbetto al Calvados, dettaglio che ci ha permesso di intuire solamente il ripieno, mentre è bilanciatissimo e fine il semifreddo al caffè con spuma al cardamomo e tegolina di mandorle.
Chiudiamo con un accenno ad una carta dei vini con ricarichi tendenzialmente corretti, con vasta scelta di mezze bottiglie, ma migliorabile per originalità e personalità e ad un servizio decisamente puntuale, formale ma non ossequioso. Ora che il livello della cucina si è innalzato vale davvero la pena di passare una serata qui, complice anche l’indubbio vantaggio di poter cenare in una delle più eleganti sale italiane, ricca di boiserie e di fascino.

Aperitivo: olive ascolane e buonissimi mondeghili.
390
Entrata: tartare di ricciola con emulsione di olio e lime. Basica ma in grado di evidenziare che sui prodotti qui non si scherza.
390
Petto d’anatra cotto sottovuoto, gelato di foie gras e chutney di ananas.
390
Spaghetti trafilati al bronzo al ragù di faraona e cavolo romanesco.
390
La vera costoletta alla milanese, poco battuta e a doratura lenta nel burro chiarificato.
390
Trancio di ricciola al forno con capperi di Pantelleria, melanzane e burrata.
390
Semifreddo al caffè, spuma di torrone e tegolina di mandorle.
390
Ravioli farciti di mele, mantecato al Calvados.
390
Di buon livello anche i petit fours.
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Carlo Cappelletti

Di professione musicista, le ascendenze marchigiane e la passione bruciante per la buona tavola lo collocano idealmente nel solco tracciato dal padre di tutti i musicisti gourmet, Gioacchino Rossini. Amante del Friuli e delle cucine con un'identità territoriale molto forte, l'unico ingrediente che teme, sedendosi al tavolo di un ristorante, è Giovanni Allevi come sottofondo.

1 Comments

  1. Marco 50&50 ha detto:

    La matrice fortemente alberghiera che può penalizzare le scelte a cena, diventa un punto di forza in occasione dell’aperitivo.
    Fascino delle sale davvero da cinema muto, occhi ben aperti e senza parole.
    Marco 50&50

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VALUTAZIONE

Cucina Classica

14/20

PREGI
L’ambiente di gran tono.
Parcheggio privato gratuito.
Il conto accessibile.
DIFETTI
Il burro presentato in un contenitore metallico.
Qualche occasionale eccesso di grassi.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menù degustazione: 49€, a pranzo 39
Alla carta: 75€

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