Passione Gourmet Mistral, Chef Fredrik Andersson, Stoccolma (SVE), Orson - Passione Gourmet

Mistral, Chef Fredrik Andersson, Stoccolma (SVE), Orson

Ristorante
Recensito da Presidente

Valutazione

17/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

Difetti

Visitato il 04-2024

Recensione Ristorante

Se si vuole avere un’idea di quanto uno chef possa spingersi, anche nel tempo dei mille congressi e delle mille scopiazzature, su piste personali, continuo a consigliare una visita da queste parti.
Con tutti i preamboli del caso, perché Fredrik Andersson ha scelto di spostarsi in un sobborgo piuttosto anonimo della bella capitale svedese; perché d’inverno muoversi da queste parti richiede abbigliamento d’occasione; perché la natura qui al nord va davvero in letargo e per chi voglia usare solo ingredienti locali la scelta non è per niente facile; perché è cucina di mille sfumature che a volte rischiano di essere quasi impalpabili e la delusione, per molti palati avvezzi a gusti più esplosivi, è dietro l’angolo.
Qui siamo in un’oasi di civiltà, come già descritta in passato, molto coerente: semplicità spartana degli arredi, accoglienza di cordialità vera (come capita da queste parti: pochi salamelecchi ma cortesia che si sente spontanea), servizio sussurrato per proporre un unico menu del giorno (nella doppia versione per carnivori o vegetariani) accompagnato da una carta dei vini di bella ricerca tra i migliori produttori “naturali”, a prezzi alti in assoluto ma non a queste latitudini.
L’avvio è con il porro invernale appena scottato nel siero di latte, con funghi, concentrato di yogurt e burro scuro aromatizzato al ginepro: 4 bocconi per mille nuances. Se non ci siete mai venuti prima, capite da subito se lo chef vi ha già sedotto o se preferireste scappare a gambe levate.

Il seguito con i cipollotti caramellati con patate secche e cremose, lo stomaco, il grasso e il collo d’anatra, sconta l’eccessiva tenacia del collo stesso e risulta piuttosto deludente, anche per un fan della, quasi, prima ora come il sottoscritto.

Meno male che si risale subito con le verdure invernali -crude, secche, cremose, arrostite- con il rosso d’uovo al forno, yogurt cremoso e uova di luccio: è la versione invernale del suo continuo omaggio al gargouillou e convince quanto la versione estiva, altrettanto ricca nelle combinazioni e mai troppo piaciona nonostante l’uovo che “lega” i vari pezzi del mosaico.

Il piatto della cena, per me, è la tartare di petto di anatra sotto una foglia cavolo marinato, panna, rabarbaro, prugne secche, sapore d’aringa e bacche rosse. Lo so fuori fa freddo e una tartare non sembra la cosa più adatta; lo so è un piatto d’assemblaggio; so ancor di più che a leggerlo e a vederne la pessima resa fotografica dovuta alla (assenza di) luce oltre che alla mia insipienza è tutt’altro che attraente. Ma qui si vede tutta la misura che ci si può aspettare da un maestro del sol levante o da qualcuno che mette passione vera in quello che fa. Qualcosa che dà un senso alla visita di uno chef che non è esattamente dietro l’angolo.

La coscia e ala d’anatra prima cotta lentamente e poi rosolata, aglio estivo, sedano, con burro aromatizzato al caffè, cavolo crudo e pere è cotto con perizia, è ghiotto come non ci si aspetterebbe e funge da vero “main dish” in una scansione del menù sostanzialmente classica (e dosata alla perfezione: non vi alzerete affaticati e solo i palati più voraci si lamenteranno della troppa leggerezza).

Il pre dessert è un omaggio alla zucca (in granita, polvere e il suo succo) ed è una prova di bravura, vista la povertà della materia e la gradevolezza che si riesce a dare anche in presenza di un tipo di preparazione, la granita, sin troppo diffusa da queste parti. La sensazione è quella di quando da piccoli si assaggiava la neve, con la sorpresa che, in questo caso, è dolce e profumata.

L’ultimo passaggio è la barbabietola cotta in uno sciroppo leggero e caramellata, ricoperta di cioccolato, con rabarbaro confit, marmellata di pomodoro, lampone disidratato e panna di latte di capra. Interessantissima fantasia di profumi e consistenze che, pur nell’aria del tempo, non è scopiazzata da nessuno e rivela una reale sapienza nel dosare gli ingredienti al millimetro.

Col conto, uno strepitoso fungo e cioccolato, rustico e infinitamente persistente.

Dalla carta dei vini abbiamo pescato con successo un Cotes du Jura 2004 di Tissot: a una settantina di euro da queste parti è quasi un affare e lo abbiamo bevuto rigorosamente “tra” i piatti, perché il suo forte carattere avrebbe soverchiato una cucina che forse richiederebbe, più coerentemente un tè bianco.
Messe tutte le debite mani avanti, un consiglio a chi gira parecchio e ha vera passione: veniteci, è un posto con un’anima, ce ne sono così pochi…
La sala

Il pregio:La personalità unica.

Il difetto:La luce soffusa del ristorante penalizza la qualità delle foto 🙂

Mistral
Sockenvägen ,529
Enskede (Stoccolma) Svezia
Tel: +46 (0) 8-10 12 24
Mail: Info@mistral.nu
chiuso: domenica e lunedì, aperto solo la sera (dalle 18)
numero coperti: 25
menu degustazione: 800 kr, 1000 kr, 1200 kr

www.mistral.nu

Visitato nel mese di Gennaio 2011


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Orson

18 Commenti.

  • Roberto25 Febbraio 2011

    Le temperature ? mi sembra tutto piuttosto freddo

  • Roberto25 Febbraio 2011

    quale menù hai fatto, quello piccolo da 90 € ?

  • Orson25 Febbraio 2011

    Unico piatto freddo il cavolo, dolci a parte. Il primo era tiepido. Il menu quella sera era l'unico presente a parte il vegetariano.

  • roberto25 Febbraio 2011

    Ho sempre la sensazione che i voti qundo andate all'estero siano un po' generosi...

  • Piermario25 Febbraio 2011

    Mi trovo abbastanza d'accordo. In particolare mi sembra che, con riferimento, alle tavole estere non sia chiaro l'orientamento di fondo di PG, che esalta al tempo stesso tavole come questa e stabilimenti di impostazione molto più 'datata' come L'Ambroisie o, più recentemente, L'Hotel de Ville di Crissier. La sensazione è che in Italia questo non sarebbe successo (e a riprova si possono vedere le valutazioni date al Pescatore o al Sorriso). P.S. Tengo a precisare: bravi e interessanti comunque, eh... Si fa così, giusto per discutere... :)

  • Presidente25 Febbraio 2011

    Certo Piermario, si fa per discutere. E grazie per gli apprezzamenti. Grazie davvero! Notiamo che nessuno però da importanza al colore, che per noi riveste un ruolo fondamentale nelle valutazioni. Un 17 rosso è profondamente diverso da un 17 blu. E, devo dire in tutta onestà, che L'Ambroisie (19 blu) è, per nostra personale valutazione, nettamente superiore al valore espresso dalla cucina del Sorriso. Il nostro orientamento è chiaro e limpido, nessuna benevolenza nei confronti degli esteri (a breve su questi schermi un 2 stelle francese a 15/20, ma se vai a rivedere troverai tanti altri casi di questo tipo), nessun eccesso di severità in Italia. E' il confronto con il resto del mondo che rende unica questa collezione di recensioni. E forse incomprensibile se non letta nell'insieme.

  • gianni revello25 Febbraio 2011

    Mi permetto di osservare che lo chef del Mistral, Fredrik Andersson, non è proprio uno sconosciuto, bensì gode di molta stima tanto da parte di critici, giornalisti e organizzatori, quali ad esempio Andrea Petrini e Alessandro Porcelli, che da parte di illustri chef di ogni parte del mondo. Si veda la sua partecipazione a “Cook it raw” Lapland 2010 http://www.theworlds50best.com/the-end-of-the-expedition-cook-it-raw-in-the-nordic-polar-circle-avant-garde-cuisine-and-aurora-borealis/4992 A me pare molto positiva la caratteristica di PG di esulare da metri nostrani, mantenendo allo stesso tempo i recensori la libertà di seguire la propria passione. Sulle recensioni poi ognuno legge e com'è naturale si fa la sua idea.

  • Piermario25 Febbraio 2011

    Giustissimo il richiamo al "colore". E' un elemento che in effetti avevo sottovalutato. Rimane il fatto che - finché si rimane in Italia - PG mi sembra non tanto più portata alla severità (non intendevo dire questo), ma meno condizionata dal senso di deferenza verso maison 'storiche', che talora, colore a parte, sono 'punite' anche nel punteggio. Come dire: si afferma una linea e la si porta avanti. E pazienza per chi ne esce scottato. Questo è un innegabile pregio di PG, e rimane tale anche a prescindere dal fatto che talora si possa essere in disaccordo sulle singole valutazioni (a mio avviso, per esempio, mentre è indubbio che il valore espresso dalla cucina de L'Ambroisie sia nettamente superiore a quello del il Sorriso, non si può dire la stessa cosa per quanto riguarda il Pescatore). Andando all'estero, invece, l'impostazione seguita mi sembra meno chiara o - potrebbe essere lo stesso - affermata con maggiore timidezza. Questo, che ritengo (sbaglierò, ma è la mia impressione) essere un piccolo difetto è del resto pienamente compensato dalla meritoria attenzione data alle tavole d'Oltralpe. Dato che tutto sommato - fatta la tara a quel tanto di enfasi data dal legittimo orgoglio dei membri di PG verso la loro creatura - penso anch'io che 'è il confronto con il resto del mondo che rende unica questa collezione di recensioni' :)

  • Orson25 Febbraio 2011

    Ciao Gianni, grazie della precisazione. Su F. Andersson, poi, va aggiunta una mia sensazione: avendo scelto di allontanarsi da Stoccolma, si è tirato fuori dal giro dei ristoranti "alla moda"; nel contempo, non è nemmeno "l'ultima chicca" da fighetto (com'è al momento il pur apparentemente molto interessante Magnus Nilsson), perché è sulla scena da un po'. Il rischio che corre è, cioè, che se ne parli molto meno di quel che merita (lode ancora al Petrini che ne parlò per primo ma ne parla ancora). E' una cucina da iniziati, questo sì, ma di grande personalità, che si trova di rado in giro. Nemmeno i mezzi punti aiuterebbero: qui, dovendo per forza mettere i voti, è 17 rosso.

  • Orson25 Febbraio 2011

    "Apparentemente" su Nilsson, solo perché non l'ho provato, intendevo

  • emanuele barbaresi25 Febbraio 2011

    PG potrà anche avere diversi difetti, come tutte le cose di questo mondo, ma tra questi non mi sembra ci sia l'esterofilia. Al contrario, mi pare - pur non essendo certo d'accordo con tutte le singole valutazioni - che nel complesso tra i ristoranti italiani e quelli stranieri recensiti cia sia un notevole equilibrio nei giudizi. Quindi niente esterofilia, ma fortunatamente anche niente nazionalismo, che nella maggior parte dei casi - in campo gastronomico - è dovuto a semplice ignoranza. Non nel senso dispregiativo del termine, ma in quello letterale. Comunque, a questo proposito, continua a lasciarmi perplesso la tendenza, diffusa sul Web e non solo, di discutere-criticare-eccepire a priori valutazioni di locali in cui non si è mai stati. Io al Mistral invece sono stato e condivido la recensione e il giudizio di Orson. Per la verità vi ho mangiato da 18, ma anch'io forse non avrei dato più di 17 perché - per l'impostazione minimalista, per non dire restrittiva, dell'offerta - è difficile ipotizzare di dargli di più. Quanto a carattere, però, vale 20/20; come, a costo di passare per super-esterofilo, neppure un ristorante italiano. Certo, è una cucina "difficile", non urlata e segnata da equilibri particolarmente sottili. Amanti di sensazioni primarie, gusti forti e sapidità a secchiate, astenersi.

  • Piermario25 Febbraio 2011

    Vediamo se riesco a chiarire meglio il mio pensiero. Non sto dicendo che PG sia esterofilo o al contrario nazionalista. Mi limito a rilevare che, in Italia, PG si fa piacere, per dire, Bottura o Romito, e 'abbatte' il Pescatore (e qui c'è una linea di fondo coerente, che io - facendo un confronto con le mie esperienze - posso capire, al di là del fatto che la condivida o meno), mentre, all'estero, a PG può capitare di esaltare contemporaneamente 'giovani leoni' come anche 'dinosauri' un po' spompati (vedi il caso dell'Ambroisie). Qui la filosofia di fondo è meno facile da cogliere e il lettore a volte può rimanere un po' spiazzato. Tutto qui.

  • Rob7826 Febbraio 2011

    Se Pacaud è un dinosauro spompato io sono un giovane leone, e stasera tanto per chiarire ho mal di schiena :)

  • emanuele barbaresi26 Febbraio 2011

    Capisco il tuo rilievo, ma mi sembra che la spiegazione alla tua perplessità stia nel fatto che evidentemente i recensori di PG ritengono che l'Ambroisie non sia affatto "spompata" (e non sono i soli: per esempio, Vizzari ha pubblicato uno o due anni fa una recensione entusiastica sul ristorante di Pacaud). Quanto alla loro "filosofia di fondo", se con questa espressione intendi una linea editoriale che dovrebbe privilegiare a priori i ristoranti di cucina innovativa o, al contrario, quelli d'impronta più classico-tradizionale, mi sembra di poter dire che il solo fatto che utilizzino due colori diversi per differenziare le due categorie di locali dimostri quanto non ritengano necessariamente e, appunto, a priori, una delle due superiore all'altra. Semplice impressione da osservatore esterno, ovviamente.

  • gianni revello26 Febbraio 2011

    Ciao Roberto, grazie a te, un bel racconto.

  • gianni revello26 Febbraio 2011

    Ciao Rob, su Pacaud concordo, ma il mio pranzo dell’anno scorso a L’Ambroisie si è fermato (..per modo di dire :) ‘solo’ a 18. Pacaud dunque niente affatto un ‘dinosauro spompato’, e parlarne ancora sarebbe un romanzo, tanta storia del gusto c’è a mezzo. Ma il problema è sempre lo stesso, da una parte i gusti sono gusti, niente da dire, dall’altra invece, come fa PG, non più attardarsi sulle usate scale nostrane. E cercare, tanto fuori che da noi, di provare nuove cucine di eccellenza.

  • Alberto Cauzzi26 Febbraio 2011

    Per rispondere a Piermario aggiungo che per me personalmente, avendoli provati tutti e 3, il voto di PG su Pacaud, Pescatore e Sorriso rispecchia fedelmente ciò che io penso esprima la cucina di questi 3 luoghi. Comprendo che tu possa non essere d'accordo Piermario e ci sta, tant'è che anche altri contestano questo nostro punto di vista. Un abbraccio e grazie del prezioso e stimolante intervento, A presto, speriamo in qualche desco :wink:

  • Piermario26 Febbraio 2011

    Come no!! Ne sarei più che contento. :)

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