Patrick Guilbaud

VALUTAZIONE

Cucina Classica

16/20

PREGI
DIFETTI

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Recensione ristorante.

Dopo aver cenato in quello che è definito unanimemente come il miglior ristorante di Irlanda ho consolidato la mia convinzione che, escluse Italia e Spagna, laddove alberga una limpida identità culinaria, altrove il concetto di alta ristorazione è difficilmente scindibile dalla cucina francese.
Sia essa declinata, come nel caso di quest’ottimo locale dublinese, da cuochi transalpini, sia essa riprodotta fedelmente da autoctoni cucinieri stregati dal mito franzoso.
All’estero l’immagine della cucina italiana è, con le ovvie, lodevoli, eccezioni, legata ad una tradizione mangereccia popolare fatta di quantità e scarsa qualità.
Un po’ dispiace, ma nella infinita disputa con i cugini d’oltralpe, la storia e l’attecchimento delle radici dell’alta cucina nel substrato culturale, ci vede soccombere.

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Poco male, se cercate emozioni e vi trovate a Dublino, non abbiate timore e prenotate un tavolo al “Patrick Guilbaud”.
Lui, quello dell’insegna, in cucina non c’è più, ma si aggira fra i tavoli con fare guascone e con l’aria di chi è consapevole di essere arrivato. Guillaume Lebrun ha preso il suo posto, senza farlo rimpiangere, pare.
Come in tutto il mondo anglosassone anche qui si fanno i doppi turni. Si cena presto la sera e noi abbiamo dovuto attendere una ventina di minuti nel salottino, con caminetto d’ordinanza, in puro stile georgiano, sino a che i clienti della prima ora decidessero di liberare il nostro desco.
Nel mentre si ha la possibilità di consultare una carta non enorme, suddivisa, come accade in queste lande, in “starters” e “main courses”, senza alcun menu degustazione, relegato, stranamente, ai soli giorni feriali.
La lista dei vini è pesantissima, nel senso letterale del termine, un librone da cui attingere a piene mani le migliori proposte girondine e borgognone, a prezzi da ..signori.

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Finalmente seduti nella sala principale (un’altra più intima ospitava una cerimonia privata), osserviamo soddisfatti il piacevole connubio tra la colorata moquette ed i moderni quadri di pittori irlandesi, in un ambiente di tono ma non ingessato.
Il servizio, che si rivelerà perfetto, è coordinato da un abile maitre, anch’esso francese, che sovrintende con maestria le operazioni di sala. Unico difetto: corrono troppo. Meno “frenesia” sarebbe gradita.
Dopo poco affondiamo il cucchiaino nella crema di cavolfiore, polpa di aragosta e schiuma di mela verde. Appetizer gradito e che ben predispone al prosieguo.
La cassolette di pollo ruspante, con budino al tartufo adagiato su patate e croccanti alette di pollo, con crema di nocciola a latere, è golosa. La forma di una salsiccia potrebbe ingannare, la consistenza è soave, ma il sapore è intenso. Notevole il fondo.
Il cavallo di battaglia di Guilbaud è il celebre “lobster ravioli”. Un raviolone ripieno di aragosta condita con jus di cocco. Olio al curry completa il piatto. Sapori e profumi orientali ci hanno per un attimo allontanato dalla fredda Dublino.
Poi arrivano le carni, e che carni!
Perfetto nella sua semplicità è il lombetto di cervo cotto nel vin brulè, con crema di zucca e mandarino. Un abbinamento davvero riuscito. La selvaticità dello sventurato cornuto viene incredibilmente bilanciata da una crema fresca e goduriosa. Qualche pistacchio caramellato conferisce il contrappunto croccante. Il fondo al vino speziato, fortunatamente, non è così dolce come ci aspettavamo.
Si vola sempre alti con il “pigeon” lentamente rosolato, pastinaca, sesamo e grue di cacao. Soave la purea di patate su cui giace. Il piccione, di gran qualità, ha una cottura perfetta, e pastinaca (della famiglia delle carote) e cacao regalano piacevoli contrasti di gusto (dolce-amaro) e consistenza.
Tristi, anche se buoni, i “side dishes”, per entrambi, con fagiolini e patate.
I dessert, sebbene non siano granchè fantasiosi, sono eseguiti magistralmente.
Apre le dolci danze un bicchierino con crema di vaniglia, gelatina di passion fruit e spuma di erba cipollina. Decisamente indovinato.
In seguito, inaspettata, una delle migliori interpretazioni mai assaggiate del “fondant”. L’oramai declassato, svilito, sputtanato, diciamolo pure, tortino al cioccolato caldo, viene proposto in una eccellente versione di criollo con cuore di nocciola e gelato alla birra stout, giusto per rendere onore alla celebre bevanda locale.
Ben fatto è il soufflè alla banana e frutto della passione, che ben si accompagna ad un “minestrone” (così in carta) di frutti tropicali.
Petit fours, buonini, e cioccolatini a chiudere una esperienza di livello.

Alcuni feedback non propriamente positivi, seppur risalenti nel tempo, ci avevano fatto temere il peggio. Guilbaud ha, invece, pienamente soddisfatto la nostra “passione gourmet”.
Un ultimo suggerimento: se il vostro portafoglio non piange, regalatevi una notte nello splendido Merrion Hotel; attraversare i suoi splendidi corridoi, senza beccarsi un tipico acquazzone irlandese, dopo aver cenato nel miglior ristorante del paese non ha prezzo.

Crema di cavolfiore, aragosta e schiuma di mela verde.

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“Lobster ravioli”

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Cassolette di pollo ruspante, budino di tartufo, alette croccanti e patate…

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Lombo di cervo cotto nel vin brulè, salsa mandarino, zucca e zenzero…

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… e le verdure in accompagnamento: fagiolini verdi e patate.

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Piccione arrostito, pastinaca, sesamo e grue di cacao.

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Fondente biscotto cioccolato criollo, cioccolato al latte, cuore di nocciola e gelato i birra stout.

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Soufflè al frutto della passione e banana.

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Crema di vaniglia, passion fruit, spuma di erba cipollina.

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Petit fours e cioccolatini. petit fours,

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il pregio : Ottima interpretazione di cucina francese con prodotti locali.

il difetto : La poco gradita attesa iniziale

Patrick Guilbaud
21 Upper Merrion Street, Dublin 2
Tel: 01 6764192
Fax: 01661 0052
E: info@restaurantpatrickguilbaud.ie
Costo: starter, main course e dessert 125 euro
Menu degustazione (non di venerdì e sabato) 85-185 euro
Aperto a pranzo e cena
Chiuso domenica e lunedì

http://www.restaurantpatrickguilbaud.ie/

Visitato nel mese Maggio 2010

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Fabio Fiorillo

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Picture of Alberto Cauzzi

Alberto Cauzzi

Imprenditore della New Economy con il pallino dell’enogastronomia, gira il mondo a caccia del miglior ristorante di alta cucina, non ancora trovato. Al vino è approdato apparentemente per caso, provenendo da una famiglia di astemi. Scoprì in seguito che un suo bis-nonno era un ottimo produttore di vino, nebbiolo in Valsesia, ed anche un discreto consumatore. E' stato il vice direttore della guida ristorante de L'Espresso per gli anni 2023 e 2024. E’ stato l’ideatore ed è il presidente del progetto Passione Gourmet. Le sue passioni: l’avanguardia misurata in cucina e i grandi vini di Borgogna.

15 Comments

  1. Giovanni Lagnese ha detto:

    “ho consolidato la mia convinzione che, escluse Italia e Spagna, laddove alberga una limpida identità culinaria, altrove il concetto di alta ristorazione è difficilmente scindibile dalla cucina francese.”

    E la Nuova Cucina Nordica?
    E il GIAPPONE????

    Giovanni

  2. azazel ha detto:

    tristi side dishes a parte, bei piatti. Che depressione invece quelle poltrone!!!

  3. petrus 1980 ha detto:

    lobster ravioli mi ricorda un piatto di un grande chef scozzese….a giudicare dalla foto malamente interpretato

  4. alvigneto ha detto:

    Un po’ bruttine da vedere le verdure che accompagnano il cervo ,escono otre che dal bordo del piatto anche fuori dal bordo del tavolo.

  5. fabio fiorillo ha detto:

    si, in effetti, seppur buone patate e fagiolini messi così nel piatto, come ho detto nella scheda sono tristi.
    In ogni caso è un ristorante degno di nota.

    @petrus1980

    cosa non ti convince del “lobster ravioli” ?

    @lagnese

    “altrove il concetto di alta ristorazione è difficilmente scindibile dalla cucina francese”.

    Difficile non impossibile.

    @azazel

    le poltrone rispecchiano lo stile georgiano che permea quella zona di Dublino. A me non dispiacciono affatto.

  6. petrus 1980 ha detto:

    lobster ravioli è un piatto “firma”di un noto chef scozzese ,non posso dire che non mi convincano dico solo che mi sembra un piatto copiato con l’aggiunta di cocco e curry

  7. fabio fiorillo ha detto:

    penso ti riferisca a Ramsay.

    Dire che una pasta con astice sia stata copiata sarebbe come dire che un risotto con lo zafferano sia stato copiato.
    Il “lobster ravioli” difatti è un piatto abbastanza diffuso, non solo nei ristoranti.

    Mi spiego meglio: la base (pasta e astice) è abbastanza comune, l’aggiunta di cocco e curry (che hanno, nel caso di specie, un ruolo fondamentale) dona al piatto un elemento innovativo/distintivo rispetto alle altre ricette con la medesima base.
    Ramsay, se non ricordo male, in Royal Hospital Road, abbina il “lobster ravioli” a scampi, salmone, chutney di pomodoro ed una leggera vinaigrette.

    Ovvero stiamo parlando di due ricette completamente diverse che hanno l’unico comune denominatore nella pasta e nell’astice.

    Non credo si possa disquisire di chi ha copiato chi.

  8. petrus 1980 ha detto:

    ho mangiato due volte da ramsay e non ho mai mangiato il raviolo che hai descritto tu concordo cmq che non si possa dire chi ha copiato chi ma la foto me lo ricorda molto

  9. alvigneto ha detto:

    Non era una polemica ma visto che si tratta di un ristorante degno di nota mi sono permesso di dire che le verdurine servite in questa maniera sono un po’ bruttine da vedere.

  10. il corazziere del Quirinale ha detto:

    Strano Fiorillo. Strano davvero.
    Come ci giustifica il 16 di Vissani e Don Alfonso in comparazione con questo incartapecorito che le propina fantastiche verdurine e la brutta copia di un classico di altri ?!?

    • fabio fiorillo ha detto:

      Le mie motivazioni sono espresse nelle singole schede. Non ho bisogno di aggiungere altro.

      Se si fosse degnato di leggere i testi, non fermandosi al numeretto in alto a destra o alla mera visione delle foto, probabilmente non avrebbe scritto ciò che ha scritto o quantomeno avrebbe intelligentemente argomentato la sua domanda.

      p.s. la stessa richiesta la giri anche alla Michelin che assegna a tutti e tre 2 stelle.

    • il corazziere del Quirinale ha detto:

      andiamo bene ! ci paragoniamo alla Michelin ora.
      Le schede le ho lette, ho anche mangiato in tutti e tre i ristoranti però. In 20imi il ristorante dublinese è sotto due punti dagli altri due.

  11. petrus 1980 ha detto:

    questa foto è vecchia e brutta all’epoca era ancora all’aubergine ….http://theglobetrotting.blogspot.com/2009/02/aubergine-restaurant-london.html
    io nel menu degusta l’ho mangiato più in versione simil tortellino anche se poi viene chiamato raviolo in ogni modo

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