Core by Clare Smyth

VALUTAZIONE

Cucina Classica

18/20

PREGI
Una cucina tanto raffinata quanto facilmente leggibile.
Le attenzioni del servizio.
Il buon rapporto qualità prezzo se paragonato alle migliori tavole europee.
DIFETTI
Chef spesso assente per impegni televisivi e per la gestione del secondo locale a Sidney.

La nuova cucina britannica

Che Core sia la migliore cucina di Londra lo sostengono in parecchi, ma la concentrazione di talenti della città difficilmente permette di condividere un’affermazione così netta. Più facile ragionare sulla palma del migliore ristorante, inteso nella sua interezza. Vediamo perché. L’idea di fine-dining di Clare Smyth ha preso forma nel corso di una lunga carriera, iniziata nelle campagne dell’Irlanda del Nord in cui è cresciuta, e proseguita a fianco di alcuni dei più osannati ambasciatori della cucina francese nel mondo: Alain Ducasse, Thomas Keller, i fratelli Roux. La prima consacrazione, però, è arrivata solo nel ristorante-bandiera di Gordon Ramsay, il tristellato a Chelsea. In una quindicina d’anni, a mano a mano che Ramsey diventava una star televisiva, Clare ne prendeva il posto superando la funzione di head-chef e arrivando a dettare anche le linee creative. Solo un carattere d’acciaio può averle permesso di sostenere le pressioni di un locale così impegnativo e del vulcanico Gordon, che non da certo l’idea di essere uno con cui sia facile lavorare. Nel 2017 arriva la seconda e più importante consacrazione con l’apertura del ristorante che porta il suo nome e con l’investitura da parte della stampa internazionale del ruolo di leader del “modern british fine dining”: una nuova narrativa che promuove l’“alta cucina” britannica, storicamente debole e asservita all’omologa d’oltre manica, e le conferisce quell’identità propria che non ha mai avuto.

Facile intuire quanto possa essere forte l’influsso dell’ambiente rurale in cui Clare ha trascorso l’infanzia. Si spiega così, infatti, l’attenzione per la sostenibilità, sia ambientale che economica, nel trattare con fornitori rigorosamente britannici, con il fine di contribuire attivamente a migliorarne la qualità e la continuità della produzione. La semplicità vince sulla complessità. Anche il servizio è stato sgravato da qualsiasi atteggiamento altezzoso; non c’è un dress code, in sala si sorride molto, l’approccio è morbido, i cappelli bianchi escono spesso per spiegare i piatti. Si cerca, insomma, di mettere il cliente, qualsiasi cliente, a proprio agio, pur schierando una brigata di una cinquantina di professionisti a fronte di non più di 60 coperti. La dimostrazione che “lusso informale” non è un ossimoro.

Ricordi d’infanzia

Nel quartiere di Notting Hill, noto ai più per l’omonimo film e per il turistico e affollato mercato di Portobello Road, Core è racchiuso in una una villetta a schiera, non lontana da un altro tempio delle nuova cucina britannica, il Ledbury di Brett Graham. Una volta varcato l’ingresso, che si distingue da quello di un’abitazione privata solo per la targa rossa della Michelin, si accede al Whiskey & Seaweed, un bancone e una decina di tavolini dove godere di una raffinata mixology o di un’ampia scelta di whiskey che ben si integrano con la corposa carta dei vini. Si transita rapidamente di fronte alla cucina a vista e allo chef’s table, e si accede alla luminosa, elegante sala da pranzo.

I menù degustazione del ristorante Core sono due: “Core Classics” e “Core Seasons“: quello a cui si riferiscono queste righe è il Classic, nel quale i signature dish sono più di uno: il primo, “Potato and roe”, è una trasposizione al palato del pensiero di Clare. La patata, ricordo del mestiere di coltivatori svolto dai familiari, viene servita immersa in un francesissimo beurre blanc contaminato dall’ alga dulse per ottenere una sensazione iodata che ricordi l’oceano e accompagnata da uova (roe), non nobili ma popolari: non caviale, quindi, ma uova di trota e di aringa. Nel secondo, Lamb carrot, la Chef promuove la carota da ingrediente marginale della cottura dell’agnello a protagonista, la presenta intrisa di fondi di cottura della carne e ne stempera la sapidità con uno yogurt di latte di pecora, ribaltando i ruoli degli ingredienti e tuffandosi, ancora una volta, nei ricordi d’infanzia.

Si chiude con un dessert tra i più belli e buoni mai assaggiati: Pera e verbena, un vago richiamo alla vacherin nell’utilizzo della meringa sia come supporto che racchiude un sorbetto di pera Williams e lemon verbena, sia in piccoli dischi che si alternano a fettine di pera. Bilanciamento dolce/acido perfetto, freschezza, pulizia, balsamicità, texture composta da diverse croccantezze tenute insieme dalla consistenza vellutata del sorbetto. Capolavoro. Le Gelatine al Vino, al Sauternes e al Banyuls, servite su un tronco di vite, mettono la parola fine a un’esperienza gastronomica ricca di simboli, di sentimento, di memoria, che muove le leve del palato per suscitare pensieri positivi.

IL PIATTO MIGLIORE: Pera e verbena, sorbetto alla pera Williams.

La Galleria Fotografica:

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Davide Scapin Giordani

Classe 1970, figlio d'arte, da sempre legato all'ambiente dell'hôtellerie, incontra la cucina d'autore in tenera età scortando il padre, gastronomo appassionato, in giro per la Francia. All'amore per le grandi tavole, a metà degli anni 90 unisce quello per i grandi vini: diventa Sommelier Professionista AIS e intraprende una marcia serrata che lo porterà ad esplorare le principali zone vinicole italiane e d'oltralpe e a conoscerne i più celebrati vigneron. Collabora con l'Espresso nella duplice veste di autore della Guida dei Ristoranti e di quella dei Vini.

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VALUTAZIONE

Cucina Classica

18/20

PREGI
Una cucina tanto raffinata quanto facilmente leggibile.
Le attenzioni del servizio.
Il buon rapporto qualità prezzo se paragonato alle migliori tavole europee.
DIFETTI
Chef spesso assente per impegni televisivi e per la gestione del secondo locale a Sidney.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menù degustazione “Core Classics” a 210£ (247€) e “Core Seasons a 235£ (275€)

Prezzo medio alla carta a 165£ (194€)

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