Aldo Moro La Cuisine
Valutazione
Pregi
- L'uso delle acidità.
- L'eleganza della sala e del servizio.
Difetti
- Parcheggio di non facile reperibilità.
La splendida alternanza tra tradizione e innovazione di Silvia Moro
L’hotel Aldo Moro, dentro alle splendide mura medievali di Montagnana (PD), è di proprietà dell’omonima famiglia dal 1940. Un elemento rilevante che dà l’idea dell’importanza della tradizione familiare nella gestione dell’attività, alla quale si affianca, appunto, il ristorante. Il dato contestualizza la cena che abbiamo provato, inserendo l’esperienza in un’ottica generale dove a farla da padrone è stato il passaggio di consegne tra la memoria di una cucina classicheggiante e il pensiero di una proposta nuova e temeraria. Perché le redini dei fornelli sono ora in mano a Silvia Moro, classe 1988, giovane e talentuosa cuoca che non ha paura di assumersi rischi e di sperimentare per proiettare la cucina di famiglia in un contesto moderno ma non per questo meno identitario.
Silvia ha un cursus honorum non privo di sorprese: laureata in economia, si dedica alla sua vera passione, la cucina, diplomandosi all’Alma e accettando la sfida, tutt’altro che semplice, di proseguire la tradizione di famiglia senza disconoscere la personalità che le è propria, fatta di azzardi sui terreni delle acidità e delle fermentazioni. Così nel menù “Emozioni” abbiamo avuto il piacere di conoscere l’estro della giovane cuoca, il quale si è sostanziato in piatti davvero notevoli, intervallati da portate più classiche, senza che le une annullassero le altre, ma completandosi, in squisita simbiosi ed elegante equilibrio.
Un percorso intelligente e consapevole
Tra gli episodi più impressionanti, citiamo il Risotto come nel bosco, portata portentosa, nella quale gli equilibri palatali si sono susseguiti alternando la rotondità della mantecatura con l’acidità dei frutto rossi a pulire e rilanciare il boccone successivo, la nota ematica del cervo affumicato a conferire struttura e le eco balsamiche del pino cembro a donare lunghezza. Un primo notevole per complessità e pulizia. Discorso non dissimile merita anche Radicchio: l’ortaggio, marinato un mese in agrodolce, è stato accompagnato da una composta di mele cotogne, miele e noci, con risultato di un ottovolante tra acidità e lunghezza di non immediata decifrazione ma complesso nello smorzare di sottecchi l’amaricante del radicchio, senza sacrificare il gioco di consistenze e croccantezza. Una portata che ha osato su un terreno non accondiscendente ma con intelligenza e cognizione di causa.
Citiamo infine un episodio particolare, apparentemente spurio rispetto al resto del menù, ma che invece ne ha rappresentato l’impianto più concettuale e democratico: “Hakuna Matata”. Il nome, ludica citazione de Il Re Leone, ha definito la reinvenzione di un’esperienza in Kenya della cuoca, proponendo polpo, banana e frutto della passione in un ménage à trois di inaspettato successo. La parte iodata del polpo è stata abbracciata dalla dolcezza della banana, alternando morbidezza e gommosità, con nuovamente l’acidità del frutto della passione a fare da cesura tra un boccone e l’altro. La fotografia più nitida e diretta del connubio tradizione/innovazione.
Possiamo quindi dirci assai soddisfatti e, per certi aspetti, stupiti dal menù della giovane cuoca, sicuri che nelle prossime visite avremo modo di scoprire evoluzioni che innalzeranno il livello già notevole di questa splendida realtà familiare.
IL PIATTO MIGLIORE: Risotto come nel bosco.
La Galleria Fotografica:
Mise en place. Il pane. Benvenuto della cucina. Secondo benvenuto della cucina. I due mondi: Calamaro, gambero e battuta di manzo su crumble salato. Hakuna matata: polipo con zafferano, banana e frutto della passione. Il radicchio: radicchio spadone con aceto balsamico, miele e noci. Il risotto come nel bosco: risotto con ribes nero, mirtilli, cervo affumicato e pino cembro. Milanese: raviolo dorato alla milanese con zafferano e ossobuco. Pluma iberica: pluma iberica affumicata ed erbette. Canederli di ricotta, gelato si frutti di bosco e crema inglese. Aperitivo di benvenuto con ottimo metodo classico affinato 36 mesi. Prima mescita: soave di garganega in purezza dalle spiccate note di mela e mandorla. Seconda mescita: proposta biologica, interessante nelle note di frutta esotica e pompelmo. Terza mescita: merlot in purezza, assai rotondo nei richiami di frutta rossa.