Valutazione
Pregi
- Una personale ed originale filosofia di cucina.
- Location incantevole.
Difetti
- Le tovaglie non stirate alla perfezione.
- Un’eccessiva enfasi nella spiegazione di alcuni passaggi.
Il mare d’inverno
La Campania è una regione che annovera parecchi ristoranti di alta cucina, molti dei quali chiudono durante il periodo invernale. La ragione è da ricercare nella location e nella filosofia di cucina che spesso è concepita come un “servizio” alla facoltosa clientela internazionale che affolla queste latitudini nella stagione turistica. Tutto ciò porta inevitabilmente a un appiattimento della proposta che, come già menzionato in altri articoli, privilegia prodotti che sono sì locali, ma ormai noti al grande pubblico. È in questo contesto che, a nostro avviso, deve essere valutato il mirabile lavoro di Gennaro Esposito, tra i primi a proporre, in Costiera Sorrentina, uno stile di cucina personale, legato alla tradizione, alla valorizzazione delle materie prime del territorio, e capace di attirare anche una nutrita clientela locale, che consente al suo ristorante, Torre del Saracino, di essere aperta quasi tutto l’anno.
Durante la nostra ultima visita abbiamo assaggiato piatti che, pur avendo il mare come filo conduttore, sono stati in grado di esaltare i prodotti della terra e della stagione fredda con quella mano inconfondibile dello Chef, abile a rendere eleganti i sapori per lo più compiaciutamente rotondi, della tradizione partenopea. Ne è un esempio il Cipollotto cotto sotto la cenere con la spuma di papacelle.
Una rivisitazione della tradizione campana molto personale
Le danze alla Torre del Saracino si aprono con il celebre aperitivo servito nella storica torre che battezza il locale; tra i piccoli assaggi un notevole Patè di fegatini con sedano e un Crostino con crudo di sauro, in apparenza semplice ma molto gustoso. Accomodati nella sala principale che affaccia sul Golfo di Napoli è proseguita la degustazione che ha alternato portate dai sapori più rotondi a veri e propri capolavori, come la Triglia di scoglio con salsa al suo fegato e biscotto alle alghe con sconciagli, quasi a voler ricreare l’habitat del pesce. Perfetto tecnicamente, oltre che buono, il Risotto con burro di acciuga, broccolo e tartufo bianco Silano, dove spicca un forte contrasto dolce-amaro che rende il passaggio quasi defaticante e prepara il palato al secondo piatto: una magistrale interpretazione dell’Agnello “coda chiatta” in tre cotture. Si resta ad alti livelli anche con i dessert, che risultano più classici e meno personali ad eccezione della buonissima piccola pasticceria.
Il servizio è attento e preparato, abile ad assecondare gli imprevisti con lo stile tipico dell’accoglienza partenopea; importante e correttamente prezzata la carta dei vini, sebbene meno profonda rispetto al passato. Tralasciando la particolare atmosfera e le sensazioni che suscitano questi luoghi quando non sono presi d’assalto dai turisti, il consiglio è quello di provare la versione “invernale” della cucina di Gennaro Esposito, meno legata al mare ma di indubbia beltà.
L’estate scorsa mi era parsa una tavola in difficoltà. Servizio un po’ in difficoltà a fine serata, 2 piatti mal riusciti (col cameriere che ci dice “forse non conoscete le acciughe di acetata” e questa avrebbe dovuto essere una spuma ma si è sciolta), una inutile pomposità nelle presentazioni, un’impresa ricevere resto e ricevuta con pagamento in contanti e le formiche che correvano lungo il muro della torre. Per me: 16/20 e un mai più.