Passione Gourmet Wisteria - Passione Gourmet

Wisteria

Ristorante
San Polo, Venezia
Chef Valerio Dallamano
Recensito da Davide Scapin Giordani

Valutazione

15/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Servizio efficiente.

Difetti

  • Condizioni impegnative di cancellazione della prenotazione.
  • Ricarichi dei vini.
  • Acustica delle sale migliorabile.
Visitato il 11-2022

Cambia lo chef, ma il livello rimane alto

Wisteria è un ristorante con tutte le carte in regola per attrarre il segmento più facoltoso dei turisti che popolano la città: situato in posizione strategica appena fuori dal circuito Stazione-Rialto-San Marco e a pochi metri dalla Basilica dei Frari, dotato di una sala capiente e arredata con gusto e di una corte interna (una rarità, a Venezia) che permette un servizio di alto profilo anche all’aperto. Carta dei vini ampia e ben dotata di etichette prestigiose, brigata di sala numerosa, efficiente, formale a cui però non guasterebbe qualche sorriso in più. Non stupisce, quindi, l’assegnazione della stella da parte della “guida rossa” nel 2021, quando a condurre i fornelli era il giovanissimo Simone Selva, peraltro in uscita verso Lancenigo (TV) già al momento dell’ottenimento del premio. Non stupisce nemmeno che sia stata confermata nonostante il cambio di Chef, una volta assaggiati i piatti di Valerio Dallamano, in sella dall’inizio del 2022 e autore di una cucina così diversa da risultare quasi opposta rispetto a quella del suo predecessore e, azzardiamo, più confacente all’eterogenea piazza veneziana.

Cucina dai tratti eleganti

Nei due menù degustazione, infatti, non ci sono provocazioni, nessuna volontà di aggredire il palato con estrazioni e concentrazioni estreme, le sensazioni amare e acide compaiono con il contagocce e i piatti si susseguono eleganti, confortevoli, esteticamente ricercati. La tendenza ad abbondare nel numero di ingredienti contemporaneamente presenti nello stesso piatto toglie in alcuni casi riconoscibilità ai sapori: caratteristica che si nota nella “Perla Rosa”: ostrica del Delta del Po con crema all’aglio gentile, salsa mignonette allo scalogno, kiwi giallo e verde, così come nelle “Praline di manzo e seppia”: carpaccio di manzo maturato e marinato che avvolge un tentacolo di seppia, con insalata riccia condita con vinaigrette di lamponi, polvere di bitter Sürlo e salsa tartara. Lascia interdetti il posizionamento nel menu di “Petricore”, ovvero funghi, tuberi (topinambur) e foglie di cavolo, immersi in una intensa salsa a base di formaggio di capra erborinato che lo fa sembrare più adatto ad una fase successiva del menù, piuttosto che al ruolo di introduzione dei primi piatti. Questi ultimi, peraltro, tutti di ottimo livello, dallo Spaghetto al pomodoro e basilico (fuori menù) nel quale la dolcezza della salsa rimanda a sensazioni di fragola, a “Gnoc en cola”, gnocchi di castagne e zucca, Parmigiano 42 mesi e tisana di bucce tostate: semplice ed efficace il contrasto tra la dolcezza degli gnocchi e l’astringenza gentile della tisana. Accostamenti azzeccati e cottura perfetta nel Rombo chiodato con patata schiacciata agli agrumi e olio alla verbena, accompagnato da funghi porcini e shitake e foglie di nasturzio. Ben eseguita anche l’Anatra in due servizi: perfetta la consistenza del petto scaloppato con salsa al miele di barena, scorzanera e lavanda; intense le praline al cioccolato e fegato d’anatra e la terrina d’anatra al miele di barena. Un’ulteriore conferma della predilezione dello Chef per la tendenza dolce anche nei piatti salati.

Un’esperienza complessivamente molto positiva, senza punti deboli, tranne forse l’aspetto economico, non tanto per i prezzi quanto per i ricarichi decisamente impegnativi della carta dei vini (che non presenta alcuna opzione al di sotto dei 50 euro) e soprattutto per le condizioni di prenotazione, tra le più rigide della città: si prenota solo on-line con carta di credito e, in caso di inconveniente, occorre disdire ben 48 ore prima del pasto per non incorrere in un prelievo forzato di 150 euro, corrispondenti all’intero importo del menù da 6 portate. Un eccesso di legittima difesa?

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