Passione Gourmet Cracco Portofino - Passione Gourmet

Cracco Portofino

Ristorante
molo Umberto I 9, 16034, Portofino (GE)
Chef Mattia Pecis
Recensito da Andrea Grignaffini

Valutazione

16/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • La preminenza dell'elemento vegetale.
  • Il bellissimo bar.
  • Carta dei vini in divenire ma già intrigante; ottimo servizio degli stessi.

Difetti

  • Parcheggiare la propria macchina può diventare problematico.
Visitato il 08-2022

Il buen retiro di Carlo Cracco nel Golfo del Tigullio

La residenza estiva di Carlo Cracco non poteva che trovarsi a Portofino. Lo Chef, infatti, benché veneto di origine, ha finito per incarnare, nel corso della sua carriera, molte cose, tra cui la città di Milano di cui rappresenta l’estensione di un’italianità mercuriale, colta e cosmopolita, la stessa che colloca a Portofino la sua seconda casa al mare, o la raggiunge per celebrare gli anniversari più importanti. Ma questa storia, tuttavia, è anche una “fenice”, giacché rinasce dalle ceneri di quello che già fu il Pitosforo che, negli anni Cinquanta, attirava il jet set nazionale e internazionale nel Golfo del Tigullio, sempre per merito della capacità della famiglia Vinelli d’interpretare l’aire du temp. Cosa, questa, che fa magnificamente anche oggi affidando a Carlo Cracco, da luglio 2021, il timone della sua storia contemporanea. 

Qui, ogni elemento della natura è racchiuso in un ambiente diverso: due terrazze e un pergolato al sole, come vuole l’immaginario ligure; la roccia in cui è incastonato, invece, il bar, con l’imponente bancone a ferro di cavallo; ultimo ma non ultimo il mare che, oltre a dominare ogni affaccio, è anche l’elemento che abita la sala da “dentro”.

Quanto al menù, bisogna premettere che la brigata di Cracco Portofino è orchestrata, e ottimamente, da Mattia Pecis: giovanissimo talento – classe 1996 – Mattia è nato sotto il segno di Cracco dove approda nel 2015 dopo aver fatto il periplo delle migliori cucine dello Stivale. Ma è precisamente a Portofino che Pecis trova la sua casa contemporanea, introiettando lo spirito del tempo mediante un uso centrale dell’elemento vegetale, che diventa il proprio topos di riferimento: siamo pur sempre in Liguria, del resto, benché pied dans l’eau e, così, questo regno viene ritratto in ogni piatto, quasi come fosse un trompe-l’œil, in tutto il suo nitore, la sua intima fragranza, la sua turgidità caduca e, pertanto, preziosa. Ne è un esempio, e lapalissiano, “L’orto di Iva“, ovvero un segmento di porro cotto sotto la creta di cui la consistenza, croccantissima, magnifica la commovente freschezza. Un vegetale che, in tal guisa, assurge all’importanza di una carne complici alcuni passaggi come il bel servizio al guéridon e l’uso del fondo che, seppur vegetale, è profondo come fosse a base di carne, che ricorda pure nella masticazione. Siamo, dunque, al cospetto di un clou, che tale deve apparire sia esteticamente che gustativamente. 

Quanto al mare, esso si fa veicolo per la tradizione come accade nel bel Cappon magro cui, pure, avrebbe giovato, a corroborare, un giro d’olio più generoso o di salsa verde. Sempre in termini di eloquenza, e di Zeitgeist, si fa notare anche lo Spaghettone con estratto di amarena, scampo crudo e provola affumicata: non è la prima volta, infatti, che a uno spaghetto viene demandato il compito di introiettare un frutto, o l’essenza dello stesso, come a dire che buona parte dell’avanguardia gastronomica italiana possa passare proprio tramite un veicolo trasversale, e versatile, come la pasta: la nostra pasta nazionale.

Il menù, comunque, prosegue spedito, senza inutili complicazioni, servendosi dell’assist di un Leitmotiv importante: quello, appunto, dell’elemento vegetale. Ciascun piatto, infatti, è vestito e avviluppato da una salsa, una laccatura, un gel, un brodo, un fondo, sempre di verdure, capace di creare dinamiche gustative costantemente differenti ed evocando suggestioni da mondi lontani – vedi il Ramen – o vicini, se non vicinissimi come accade nel caso del pesto nel golosissimo Collare di ricciola con le verdure.

Anche stavolta, insomma, Carlo Cracco – anche qui a Portofino – ci regala un’altra grande prova d’autore, nonché la riprova che la cucina altro non è che un altro modo, alla stregua di ogni arte, di interpretare lo spirito del proprio tempo e del luogo in cui dimora.

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