La ventresca di tonno, la salsa di manzo e il Bordeaux

IL NOSTRO GIUDIZIO

Un grande rosso per un grande piatto, tra terra e mare

Quella di Ciccio Sultano è una cucina raffinata e ancestrale, prodiga di riferimenti alle prime colonie greche, sulla costa sicula, alla corte di Re Hyblon citato da Tucidide ne La Guerra del Peloponneso. Un misto di erudizione e tribalismo che raggiunge la sua acme nel menù degustazione e soprattutto con un passaggio che difficilmente dimenticheremo: la Ventresca di tonno rosso, salsa di manzo, estratto di cipolla caramellata e polvere di Sommacco. Un piatto, questo, che è la summa della devozione, e finanche dell’ossessione, di Ciccio Sultano per la materia prima, e che sottende l’annientamento della dicotomia culinaria tra mare e terra, dimostrando come i due regni possano e debbano congiungersi, almeno in cucina.

Per questo passaggio terrestre e marino, in una parola, ibrido, impossibile non pensare a un vino che, pur nel rosso della sua materia, fa dell’acqua la sua conditio sine qua non. Torniamo dunque alla verticale di Château Léoville Poyferré, il Bordeaux modernista che ben si sposa con questo piatto ricco e opulento, soprattutto nell’annata 2015. Il vino, infatti, presenta un saldo di Cabernet Sauvignon ancora maggiore del solito (65%) rispetto al Merlot, diventando la quintessenza di Saint-Julien da cui in effetti proviene. Gli aromi sono di crème de cassis, corteccia di pino bruciata e roccia spezzata. Lussureggiante, l’intelaiatura tannica è un’architettura complessa dalla quale affiora una sapidità e una freschezza di menta e cioccolato, trasversale a tutte a tutte le annate. Il palato, che al momento è caratterizzato da una certa magrezza, prenderà ciccia con gli anni ma, proprio in virtù di questa, sarà provvidenziale per piatti di questa statura.

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Leila Salimbeni

In famiglia si ritiene che abbia ereditato il palato del nonno Adorno, col quale ha imparato ad amare il vino e a fare colazione con pane, burro e pasta d'acciughe. Perfino le sue prime parole furono parole di gusto: precisamente, il rifiuto di mangiare i biscotti inzuppati nel latte, di cui detestava la consistenza. Una presa di posizione sul mondo, commestibile e non, che dopo una laurea in linguistica la porta a Bologna dove, con una tesi specialistica, decide di applicare la Semiotica Strutturalista alla cucina di Massimo Bottura. Correva l'anno 2010: da allora, non ha mai smesso di scriverne.

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