Franceschetta58

VALUTAZIONE

Cucina Moderna

15/20

PREGI
L’intelligente rilettura della tradizione emiliano-romagnola.
L’atmosfera informale, l’ambiente accogliente e il servizio giovane e spigliato.
Il buon rapporto qualità-prezzo.
DIFETTI
Alcuni piatti ancora da mettere a punto.

Minore a chi?

Bistrot di un’osteria – o meglio, della “osteria” par excellenceFranceschetta58 non è però “sorella minore” della mondialmente nota Francescana, il ristorante modenese di Massimo Bottura, cuoco giustamente onusto di gloria e onori. Non è “minore” Franceschetta58 – al di là che così per lungo tempo la si è presentata (fino a che sul sito web si è poi rettificato in «bistrot di») – perché in effetti è un locale che, negli anni, ha maturato uno stile definito e una cucina “personale” e identitaria.

Se ai tavoli della Francescana, la proposta è frutto di una geniale rilettura globale che chiama in causa i grandi piatti classici di derivazione francese, le tradizioni regionali italiane, nonché spunti e ingredienti che giungono dai cinque continenti (con particolare attenzione per il Giappone), alla Franceschetta58 sono soprattutto le ricette e gli usi emiliano-romagnoli a essere posti al centro delle meditazioni del giovane cuoco – Francesco Vincenzi – e della sua brigata. Qua e là, poi, senza pesantezze né cerebralismi, appaiono alcuni azzeccati tocchi fusion e alcune lievi inflessioni nipponiche che vivacizzano ulteriormente l’esperienza del gusto. A contorno l’ambiente accogliente, l’atmosfera piacevolmente informale, il servizio giovane, attento, sorridente e una carta dei vini, giusta in ampiezza, che predilige le etichette naturali e i nomi meno “noti”, e che permette di bere bene a prezzi corretti.

La cucina “local

Emilia-Romagna in cucina, si scriveva poco sopra: è lei la protagonista ai fornelli, con il territorio geminiano sugli scudi (d’altronde il claim di Franceschetta58 è appunto «I love Modena»). Tradizioni local e materie prime altrettanto local concorrono a tratteggiare una rilettura, viva e meditata, di piatti e ingredienti iconici di questa ricca regione: come i modenesissimi tortellini con crema di Parmigiano Reggiano, come la ravennate pasta con granchietti e granceola, come i riminesi fritto e grigliata di pesce (nel nostro caso mazzancolle “tra il crudo, la griglia e il frittocon agrumi e il suo fondo) o come il cesenate piccione (nello specifico con rapa rossa marinata e salsa al Porto, quasi una citazione di un antico piatto del compianto Gianfranco Bolognesi della Frasca di Castrocaro Terme).

Dal punto di vista meramente tecnico la cucina, assai parca nelle sapidità (ma questo non è un male, anzi), pare prediligere un approccio “classico” nella costruzione dei piatti. E gli elementi, in genere pochi, sono accompagnati da fondi (ben fatti: né pesanti ma neppure inconsistenti) che vengono perlopiù aggiunti al momento del servizio. Ovviamente, come nella migliore tradizione botturiana, non manca il fegato. Alla Francescana è il celeberrimo croccantino di foie gras al Balsamico. Qui invece, tenendo comunque fede all’idea del piatto da gustare in uno o due bocconi, è un più “povero” e più “deciso” paté di fegato di faraona con Albana passito, noci tostate e marmellata di cipolle rosse. Risultano, invece, un po’ “ostici” i piatti meno lineari, quelli che presentano più ingredienti. A fronte di una bella piacevolezza aromatica, il (codigorese) risotto mantecato con crema di anguilla affumicata, oltre a scontare una tostatura non perfetta (la superficie del chicco, infatti, appare non liscia ma irregolare e sfaldata) fa sorgere, in bocca, alcune percezioni metalliche date dallo scontro delle note affumicate del pesce con il rafano fresco, che viene grattugiato all’ultimo momento, prima di portare il piatto in tavola. Anche fungo, cotechino, aglio nero (ovvero crema di funghi galletti al forno, brodo di porri, crema di aglio nero fermentato, prezzemolo, cotechino e tartufo bianco) appare un piatto irrisolto: gli ingredienti farebbero pensare a una pietanza sontuosa: ricca, grassa, profumata. Di soddisfazione, insomma. L’esito – non che non sia buono – è però assai esile: lontano dall’idea che, almeno sulla carta, sarebbe logico aspettarsi da tal proposta.

I golosi si possono però rifare con la coppa di Mora Romagnola che, dopo essere passata per 24 ore in salamoia, viene scottata in padella con una bella salsa di aringhe e cicoria, e con i dolci. Fra i quali, chi scrive, consiglia la torta sabbiosa con gelato al mascarpone e marasche calde. E allora, finalmente paghi, con la mente non si potrà non riandare – almeno per chi ha avuto la ventura di assaggiarle – ad altre mitiche “sabbiose”, come quella di Franco Colombani, del Sole di Maleo, appena oltre il Po… Perché la cucina niente altro è che un intreccio di piaceri, e di ricordi…

La Galleria Fotografica:

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Gianluca Montinaro

Gianluca Montinaro, storico delle idee e professore universitario, è autore di numerosi volumi, fra cui i recenti: Aldo Manuzio e la nascita dell’editoria (2019); Martin Lutero (2019); De Bibliotheca (2020); Peste e coronavirus 1576-2020 (2021). Dirige la collana “Piccola Biblioteca Umanistica” per l’editore Olschki e il mensile di bibliofilia e storia delle idee «la Biblioteca di via Senato». Sommelier professionista, ha collaborato con il Gambero Rosso, e dal 2010, in veste di membro del Comitato di Direzione, con le Guide de L’Espresso I Ristoranti e i Vini d’Italia.

1 Comments

  1. Nomenomen ha detto:

    Ho provato a dare una seconda chance ma proprio non ci siamo, locale che non rende giustizia a Bottura e ormai frequentato solo da americani, cucina approssimativa e servizio sopra le righe, peccato.

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VALUTAZIONE

Cucina Moderna

15/20

PREGI
L’intelligente rilettura della tradizione emiliano-romagnola.
L’atmosfera informale, l’ambiente accogliente e il servizio giovane e spigliato.
Il buon rapporto qualità-prezzo.
DIFETTI
Alcuni piatti ancora da mettere a punto.

INFORMAZIONI

PREZZI

Menù degustazione a 55€
Prezzo alla carta 50€

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