Valutazione
Pregi
- Una cucina vera che non cede alle mode.
- L’estrema versatilità della proposta e del contesto.
Difetti
- In cucina qualche passaggio un po' ridondante.
- Fisiologica difficoltà di parcheggio vista la zona.
A due passi dal cuore della City la tavola intrigante e amichevole di Andrea Provenzani
Un ristorante del quale si parla poco, un po’ defilato rispetto al tam tam mediatico che avvolge la ristorazione milanese. Una storia di successo ormai ventennale, costruita con lavoro duro, grande professionalità e dedizione da parte di Andrea Provenzani.
Questo e tanto altro è il Liberty. Tanti clienti affezionati che continuano a tornare per i loro piatti preferiti: il risotto alla milanese midollo e liquirizia, la parmigiana di melanzane “incartata”, la cotoletta alta. Questi solo alcuni dei classici del Liberty, sempre in carta a dispetto delle stagioni e delle mode.
Un posto così sembra nato per fidelizzare la clientela. Perché qui si sta bene, perché Provenzani ci sa fare – ama il suo lavoro e trasmette entusiasticamente la sua passione per la cucina – e perché la formula è azzeccata, assolutamente inclusiva, a tutti i livelli. Qui si può venire per una cenetta romantica – in particolare i tavolini sulla parte soppalcata garantiscono la necessaria atmosfera – per un pranzo di affari, ma anche semplicemente con gli amici o la famiglia. Si sta comunque bene, anche grazie ad una cucina essenziale e concreta, del tutto priva di orpelli.
Si può scegliere di ordinare uno dei tre menu degustazione – uno dedicato alla milanesità più autentica, un altro “Origini e Tradizione” coi classici di Provenzani attinti un po’ da Nord a Sud e tra “Contaminazione e Evoluzione”, lievemente più creativo – o di mangiare alla carta: il risultato, e la soddisfazione, non cambiano. La cucina del Liberty si è evoluta poco nel corso degli anni ma non riteniamo che questo costituisca un problema per Provenzani, il quale sembra aver capito che squadra che vince non si cambia. Il suo obiettivo, del resto, è chiaro: coccolare e rassicurare piuttosto che stupire o pensare di dettare la strada della nuova cucina italiana.
Una cucina che non ricerca la complessità, che guarda alla piacevolezza
Magari, si può dire che alcuni piatti risultino un po’ demodé, come la simpatica aurea vintage del carciofo croccante avvolto nella pasta filloTermine derivante dal greco con il significato di "foglia", rappresenta una varietà di pasta sfoglia preparata in sottilissimi fogli separati, quasi trasparenti. La tecnica artigianale per la ricetta della pasta fillo, a base di olio di oliva, farina, acqua e sale, è quanto mai scenografica. Si utilizza solitamente ripiena, per preparazioni fritte o cotte al forno.... Leggi, ma il risotto alla milanese con midollo e liquirizia è superbo, e, visto che rappresenta una delle migliori interpretazioni, in città, di questo grande classico, vale davvero la visita. Molto buono un altro dei grandi classici dello chef, lo spaghettone al cipollotto – omaggio al grande Aimo Moroni – che, rispetto all’originale, con la piccantezza in più e un filo di eleganza in meno, comunque, non sfigura. Interessante come la nota lipidica trasversale a tutti piatti sia generalmente marcata, come a voler “aggredire” le papille gustative di lussuriosa golosità. Accade nella tartelletta calda allo stracchino con mortadella di maiale nero, mentre in “Quasi una lasagna” – ravioli arrosto ripieni di ragù bolognese, fondo di vitello al Marsala, spuma al latte e macis – il risultato non è proprio elegantissimo.
Il locale, comunque, ci piace per il suo non essere affatto “gastro-fighetto”, pur trovandosi a due passi dai luoghi della più intensa movida milanese. Per il suo non piegarsi alle mode, alle nuove tendenze che tendono ad omologare un po’ tutto e, ultimo ma non ultimo, per il rapporto qualità/prezzo, assolutamente corretto.
In una città dove spesso la forma tende a prevalere sulla sostanza, il Liberty da vent’anni racconta una storia diversa.