Il classicismo in evoluzione…
A Marina di Grosseto il lungomare è spezzato da un’infilata di modeste colonne di tufo: una carrellata brutale, a inframmezzare la processione di stabilimenti balneari trasformati, al crepuscolo, in improvvisati cocktail-bar da cui esce, a tutto volume, la musica più commerciale. Una terrazza punteggiata di simili profferte anima anche il porto turistico, inaugurato nel 2003, al limitare della quale si accede a un’oasi stranamente silenziosa ed elegante: è il Gabbiano 3.0.
Il locale, inaugurato dai cugini Riccardo e Marco Tomi nel 2018, è il regno dello chef Alessandro Rossi. Classe 1991, la sua carriera lo vede nel 2016 a La Leggenda dei Frati di Firenze, dove prende la prima stella Michelin e, più tardi, a Treviso alla guida del ristorante Villa Selvatico. È il 2019 quando, complice la volontà di tornare casa, in Toscana, arriva in Maremma al Gabbiano 3.0 dove, come vedremo, ordisce una cucina che è la materializzazione di una evidente evoluzione interiore.
…e rivoluzione, del Gabbiano 3.0
Un’evoluzione che è anche una rivoluzione a giudicare dai piatti prodromici che, ancora, popolano il menù. Tra questi, ossequi alla scuola classica francese arrivano certamente dalle lumache e il foie grasIn francese significa letteralmente "fegato grasso" ed è definito dalla legge francese come "fegato di anatra o di oca fatta ingrassare tramite alimentazione forzata”. È uno dei prodotti più famosi e pregiati della cucina francese. Esistono tipologie di 'foie gras' non derivate da animali sottoposti ad alimentazione forzata. Spesso il fegato grasso è associato all'alta cucina francese e internazionale per... Leggi che, tuttavia, al momento della nostra visita abbiamo trovato piuttosto impegnative: l’untuosità dell’emulsione alla base assieme al latte di cocco andava a enfatizzare, infatti, la texture collosa e untuosa dell’insieme, intervallata solo dalla callosità della consistenza delle lumache.
Scelta simile anche sul morone, la cui eccezionale consistenza tornita, soffice e scagliosa delle carni aveva invero un poco scontato l’importante panatura, nonché il fondo di sugo alla livornese, piuttosto prevaricante.
Al netto di questi due passaggi, la carrellata di piatti arrivata in tavola al Gabbiano 3.0 parla di una cucina capace di assumersi bei rischi e di volare alto, osando anche quando si tratta di combinare, tra loro, ingredienti settari o divisivi come, appunto, le erbe aromatiche, di cui si fa un uso importante e trasversale – presenti senza alcun tipo di mediazione tanto nel San Pietro quanto nella panzanellaPiatto povero, tipico toscano e di tutta l’Italia centrale, a base di pane raffermo, cipolla rossa, aceto, basilico, olio e sale. Nel tempo, alla ricetta originale della panzanella, si sono aggiunti anche i pomodori e i cetrioli. Leggi, oltre che nella pasta con cozze al Martini, anemoni fritte e misticanza dell’orto – o l’aglio, nella perfetta emulsione atta a restituire la componente amidacea al meraviglioso fusillo Matt di Felicetti.
Una combinazione di elementi eterogenei ma perfettamente coordinati popola, poi, la sala che, al netto di una certa tensione, evidente sopratutto all’inizio, ha poi saputo danzare con autentico senso del ritmo e decisa armonia per tutto il corso della cena, riservandoci anche alcune sorprese in fatto di abbinamento.
Molto importanti e dettagliatissimi, infine, i dolci, a dispetto dell’assenza, per ora, di una figura espressamente dedicata: incombenza, questa, che ricade sempre sul solidissimo Rossi che, però, ci confessa non dispiacergli affatto. E si vede.
La Galleria Fotografica:
L’ingresso. Mise en place. Primo benvenuto dalla cucina. Secondo benvenuto dalla cucina. Una nascetta vivace e avvolgente. I pani col lardo nel barattolo. L’olio evo “maison”. Gamberi marinati, 15 pomodori, cocomero, cocco. Il servizio del San Pietro in verde col cedro sotto sale. Il dettaglio. Lumache alle erbe toscane, foie gras, salvia, mais. La panzanella. Fusilli Felicetti “Matt”, salsa aglio e olio, cozze al Martini, anemoni fritte e misticanza dell’orto. La bellissima Ograde 2018 di Skerk: Vitovska, Malvasia, Sauvignon e Pinot-grigio. Morone croccante, melanzana, insalata di alghe. Panzerotto alla livornese. Pre-dessert alle fragoline di bosco e vodka: quasi una caipiroska. Mirtilli, cioccolato bianco e zenzero. Un abbinamento ton sur ton. Pesca, limone, insalata di erbe dolci all’aceto di Champagne e Bellini corretto. Un insolito, coerentissimo abbinamento. La piccola pasticceria.