Passione Gourmet Sedicesimo Secolo - Passione Gourmet

Sedicesimo Secolo

Ristorante
via per Gerolanuova 4, Pudiano (BS)
Chef Simone Breda
Recensito da Gianpietro Miolato

Valutazione

15/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • Rapporto qualità/prezzo.
  • La bellezza della sala principale, ricavata dalla scuderia ristrutturata.
  • Grande precisione nelle cotture.

Difetti

  • Raggiungere il ristorante richiede un certo impegno.
  • Il pranzo è effettuato solo su prenotazione.
Visitato il 07-2021

Da Simone Breda al Sedicesimo Secolo

Arrivare al Sedicesimo Secolo da Simone Breda non è immediato. Situato a Pudiano, frazione di Orzinuovi, nel mezzo della campagna bresciana, il ristorante si raggiunge percorrendo una stradicciola che si dirama tra i campi di mais, a pochi minuti dal casello autostradale. Pare di addentrarsi in un luogo fuori dal tempo, limitrofo ma al contempo alieno alle realtà industriali che costellano il panorama circostante.

Il colpo d’occhio si concretizza quando ci si trova di fronte alle mura di Palazzo Caprioli, di proprietà dell’omonima famiglia nobiliare, punto nevralgico e fondativo di Pudiano. Con un po’ d’attenzione, si sposta lo sguardo a sinistra e si scorge l’insegna del Sedicesimo Secolo, ricavato da quelle che un tempo erano le scuderie della casata.

È qui che Simone Breda ha il suo regno.

Classe 1985, il giovane chef vanta un curriculum di grande pregio, culminato con la formazione presso Gualtiero Marchesi e Moreno Cedroni, passando per La Table d’Adrien in Svizzera e Lo Spazio 7 a Torino. Il 2016 rappresenta l’anno di svolta: insieme alla compagna Liana Genini, a gestire la sala, Breda prende in mano le redini del Sedicesimo Secolo. Scelta oltremodo di successo: appena due anni dopo, nel 2018, arriva la prima stella Michelin, tutt’oggi mantenuta.

La cucina è il sunto delle esperienze di cui sopra: focalizzata su un’impostazione classica, fatta di precisione esecutiva ed eleganza, i piatti sono capaci di valorizzare la tradizione lombarda aggiungendo tocchi interessanti nell’uso del vegetale e nella gestione delle acidità.

Prendiamo il piatto migliore del servizio, risotto, salvia, Franciacorta e fondo di capretto. Esaltato da una cottura millimetrica, il riso ha manifestato un notevole equilibrio tra la rotondità del fondo di capretto e della mantecatura, la lieve acidità del Franciacorta a rilanciare il boccone successivo e la lunghezza balsamica della salvia, sbriciolata e fritta, a conferire un bel gioco di croccantezza nel finale. Un piatto elegante, preciso e intelligente, non a caso cavallo di battaglia dello chef.

Stesso interesse si è palesato pure nel maialino con barbabietola al fieno, in cui l’assemblaggio delle carni, di una morbidezza squisita, ha incontrato un piacevole contrasto nella croccantezza della cotenna. La barbabietola cotta nel fieno ha aggiunto una precisa nota dolce, dalle eco terrose, a incrementare la rotondità, senza farsi mancare nemmeno una veste marinata, a lato, capace di creare un bel contraltare acido.

Ci è parso, invece, meno ispirato coniglio, capelunghe, erbette. Sebbene vantasse una composizione teorica animata dalle migliori intenzioni, ovvero tesa a raggiungere il contrasto terra/mare tra la rotondità del coniglio e, di nuovo, la nota iodata dei cannolicchi, a livello gustativo il leporide ha assolutizzato l’assaggio, senza che nemmeno lo spinacio riuscisse a ricalibrarne la presenza. Tuttavia, per onestà intellettuale, va detto che a livello di consistenze i passaggi tra morbidezza e gommosità delle carni e croccantezza vegetale sono stati interessanti.

In chiusura, assai conciliante il latte, cioccolato e caramello salato, golosissimo nella dolcezza del cioccolato e del latte, equilibrata però dalla sapidità del caramello, con nuovamente piacevoli passaggi ludici in bocca tra le meringhe e le cialde on top, e la granella alla base. Un dolce che ha puntato sul sicuro; il che, considerato il risultato, non è certo un demerito.

A completare il quadro, giusto merito va al servizio di Liana Genini, puntuale nelle mescite tese all’accordo. Un’esperienza senza fuochi d’artificio, non era certo quello l’obiettivo, che ha assestato ugualmente dei colpi di notevole eleganza e precisione, contestualizzandosi, come detto, in un registro classico, con un giudizio arrotondato per ora in difetto. Bene così!

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