Valutazione
Pregi
- Una cucina che non ha paura di prendersi dei rischi.
- Il rapporto qualità/prezzo.
- Un servizio giovane, spigliato e pieno di energie.
Difetti
- La location non è immediata da trovare e può trarre in inganno l’avventore occasionale.
- La cucina ha ottime idee ma deve affinare alcune preparazioni.
In mezzo alla campagna bresciana la cucina di Alessandro Sciortino e Nicholas Carusio
Bella storia quella di Alessandro Sciortino e Nicholas Carusio, i due giovani chef alla guida del Saur, nel mezzo della pianura bresciana. Conosciutosi Da Caino di Valeria Piccini, i ragazzi condividono dapprima la fatica dietro ai fornelli e poi instaurano una profonda amicizia che li porta a dar vita al Saur.
L’idea è quella di omaggiare la tradizione e i prodotti bresciani con uno sguardo moderno, audace, che non abbia timore di re-inventare la classicità utilizzando però un registro ben saldo sull’uso dell’acidità e della componente vegetale. Gli intenti sono encomiabili, e in più di un’occasione il percorso ci ha regalato dei piatti stupendi; vero è, però, che alcune proposte hanno tradito una mancanza di messa a fuoco, un eccesso di ardore giovanile che ha perso di vista l’armonia complessiva nell’intento di perseguire l’audacia gustativa.
L’acidità come filo conduttore
Come detto, l’acidità è stata il fil rouge del percorso, da sette portate la forma estesa, da quattro nella versione ridotta.
Nella nostra visita abbiamo optato per la versione estesa, la quale ci è stata proposta con spigliata professionalità da un team di giovanissimi capitanato da Virginia Severgnini, compagna di Sciortino.
Tra i piatti più riusciti sicuramente il primato spetta a bottoni di patate, rosmarino e animelle: un piccolo gioiello di golosità e sperimentazione, grazie a un gioco di contrasti semplicemente meraviglioso tra la struttura della patata, la freschezza del rosmarino, la tostatura delle animelle e, in chiusura, l’acidità del brodo di patate, ottenuto lasciando macerare le bucce quel tanto da generare una lieve fermentazione. Un piatto stupendo.
Meritorio di menzione anche cuore di manzo alla brace, prugne e sambucoIl sambuco è un genere di piante tradizionalmente ascritto alla famiglia delle Caprifoliacee, che la moderna classificazione filogenetica colloca nella famiglia Adoxaceae. I fiori del sambuco trovano impiego in erboristeria per la loro azione diaforetica. Con i fiori è possibile fare uno sciroppo, da diluire poi con acqua, ottenendo una bevanda dissetante che è molto usata in Tirolo, in Carnia... Leggi, in cui la componente ematica e ferrosa del cuore, la dolcezza della prugna, l’apporto balsamico e acidulo del sambuco, e la freschezza finale delle erbette miste si sono coniugati con estrema eleganza.
Infine, sempre tra i piatti più riusciti, citiamo gelato al Marsala, mosto cotto e spuma di fegatini. Di nuovo l’acidità si è palesata tramite il mosto, ma questa volta è stata smorzata dai fegatini, la cui dolcezza ha regalato un piacevole straniamento in chiusura di servizio.
Tuttavia, come accennato, alcune preparazioni hanno presentato delle problematicità concettuali. Su tutte: pera ai 5 cereali. Il frutto, servito sotto forma di purea, è stato accompagnato da farro, avena, orzo, quinoa e mais, con aggiunta di aceto di vino e senape, e una cialda di pasta filloTermine derivante dal greco con il significato di "foglia", rappresenta una varietà di pasta sfoglia preparata in sottilissimi fogli separati, quasi trasparenti. La tecnica artigianale per la ricetta della pasta fillo, a base di olio di oliva, farina, acqua e sale, è quanto mai scenografica. Si utilizza solitamente ripiena, per preparazioni fritte o cotte al forno.... Leggi on top. L’intento era richiamare il contrasto gustativo della mostarda, ma le dosi si sono rivelate mal calibrate, eccessivamente orientate sull’acidità e la piccantezza, col risultato di un piatto in cui a prevalere è stata esclusivamente la forza della brassicacea: una “senape ai 5 cereali”, più che una pera.
O ancora, guancia di storione, grano corvino e mela verde, in cui la sovrabbondanza del mais ha purtroppo svilito un piatto che poteva dare di più in termini di contrasti.
Piccolo appunto, poi, sul servizio: l’idea era alternare una portata più ardita e una più delicata, così da non stancare eccessivamente il palato. Nella pratica, però, il passaggio tra antipasti e primi ha visto la successione di due proposte afferenti alla prima categoria, col risultato di sminuire la validità dei pur ottimi maltagliati all’aglio e rosmarino con porcini.
Piccole imprecisioni, ne conveniamo, ma che segnaliamo in un’ottica più costruttiva possibile in modo da permettere a questa promettente tavola, e ai suoi ottimi chef, di affinarsi e raggiungere, così facendo, un punteggio maggiore, ormai alla sua portata.