Passione Gourmet Petit Royal - Passione Gourmet

Petit Royal

Ristorante
via Roma 7, Courmayeur (AO)
Chef Paolo Griffa
Recensito da Erika Mantovan

Valutazione

17.5/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • La splendida ricerca delle materie prime.
  • La location.
  • Servizio in sala impeccabile.

Difetti

  • Si possono alleggerire ancora di più i piatti.
  • È aperto solo alla sera.
Visitato il 07-2021

Paolo Griffa al Petit Royal: tempo, ricerca e studio per un nuovo livello

Il giorno dopo la cena nell’unico étoilé di Courmayeur, ci si può incamminare per i boschi ma c’è condensazione – è contingibile – il clima “tropicale” di questi ultimi anni inizia a farsi sentire anche in alta quota. Ma nel silenzio mattutino, calpestando e toccando con mano la rugiada, si comprende il valore della ricerca dei sapori dello chef trentenne Paolo Griffa al Petit Royal, appena inserito nella classifica Under 30 di Forbes.

Le pause forzate, le cui cause sono note, hanno trasformato il suo rapporto con la Valle d’Aosta e la cucina. Per prepararsi alla riapertura estiva del ristorante, Griffa ha impegnato il tempo ascoltando piccoli artigiani in Val Ferret e Val Veny, confronti per uno “switch” atteso: si trasferiscono e convertono informazioni per portare la cucina a un livello superiore.

I piatti sono ricercati, definiti, puliti. Ma sopratutto alleggeriti, senza aver perso la sostanza, la concentrazione e gli obiettivi, frutto delle commistioni di ingredienti presenti. Determinazione e dialogo lo rendono un esempio, diverso, di destinazione d’uso delle materie prime e, in qualche caso, una sorta di tutor, sicuramente per chi sceglie di fidarsi di lui.

La Valle d’Aosta non vanta, poi, numerose ricette classiche ma inventiva e intelligente uso delle erbe, raccolte da tutto il team di Griffa, riescono a far divertire l’ospite senza fargli dimenticare di essere in montagna. Ci si imbatte in un vero e proprio sviluppo cerebrale dello chef, una consapevolezza sempre maggiore di sé e di quanto gli sta attorno. Griffa respira la montagna, la fa sua e la porta a tavola con grande pathos e preparazione. La tecnica d’altra parte non manca, essendo il suo primo amore l’arte della pasticceria.

Una preparazione altissima, la sua: è un cuoco razionale prima che emotivo, si confida con la creatività difendendo con grazia territorio e idee. Le esperienze all’estero sono oramai lontane. Dalla Francia alla Danimarca e Italia, ha fatto sue le preparazioni dei fondi, per carni e pesci, e le cotture, creandosi, di fatto, un proprio stile in regione. Oggi casa. È uno e soltanto uno il menù: Declinazioni. L’idea è di sviluppare gli ingredienti e per l’appunto declinarli nel “I Love Aosta”, “Jolly” e “Arte”, percorsi in cui scegliere di vivere gusti tipici della Valle d’Aosta, lo spirito dello chef o i piatti ispirati ad opere artistiche.

Il menù di Griffa: una vincente formula Jolly

Già dagli amuse-bouche ecco il feeling tra mani, testa e desideri di Griffa; impeccabile, come sempre, il panino fritto con anguilla affumicata, a cui si affianca per equilibrio e intensità la tartelletta olandese con carota e cardamomo. La raccolta delle erbe, mai uguale, poiché quotidiana, restituisce la giusta e sincera rappresentazione del giorno nella Skyline del Monte Bianco, la cialda di fontina che abbraccia fiori e foglie poggiati in un pesto di erbe, olive nere, capperi di aglio orsino e ginepro. Giochi palatali che si muovono tra pungenze, toni amari e freschezze alpine. Tra le erbe spicca l’artemisia. Non siamo di fronte a un gin o a un vermouth, ma la sensazione non è distale.

Il primo vero piatto è la trota salmonata di Morgex: cotta splendidamente, tal quale riporterebbe al luogo da cui nasce, un fiume circondato da pini. Così personale e delicata la materia che si perde un poco quando la si abbina al carpaccio di funghi con cipolline, tartufo nero e uno zabaione di larice, quest’ultimo nettamente è il più intenso. È un certame di sapori, lo zabaione ha la meglio anche sull’effetto di terrosità delle pigne e tartufo.

Il momento più artistico e cerebrale arriva con l’Arte antica del Mosaico, la tajine di verdure con salsa lassi al cumino e menta, si lascia intrattenere dal cous cous alla cannella e menta. Resta un gusto più dolce della salsa, che pare quasi anteposta alle verdure, cotte a vapore, presentate con un gioco di fiori, il vero leitmotiv del menù. Un piatto ragionato eseguito con un certo nitore per palesare l’attività di “ricerca e sviluppo” prima di raggiungere nuovi, già alti, punti di equilibrio. 

Con la Bouchées à la Reine con ragoût di verdure, funghi, animelle e gamberi di fiume, accompagnate da limone sotto sale e aneto e salsa villejuanne, si raggiunge l’acme gustativa. La bisque, così intensa e centrata, sembra quasi un fondo bruno. Golossimo ed equilibrato, di bel contrasto tra potenza e peso. È la rappresentazione della manualità e della sicurezza – maturate – di interpretare e interpretarsi con le materie prime locali. L’abbinamento del validissimo sommelier Alessandro Mantovani con un pinot noir di Toscana non solo è puntuale, ma da bacheca.

Sul piccolo assaggio di Favó (piatto di cui abbiamo parlato nella nostra precedente visita) capiamo l’importanza non solo per Griffa, ma per l’intero territorio, di avere una ricetta autoctona. Ritrovata, studiata, è proposta in chiave più contemporanea. Cottura perfetta, l’amido raggiunge il brodo, le spezie, la carne, e le verdure. Quanto sapore!

Si prosegue con l’idea della “Lièvre à la Royale” alla wellington, per donare croccantezza, ma al posto della lepre arriva il coniglio, scelto dall’allevamento di Ermes Pavese, produttore di grandi vini Blanc de Morgex et de la Salle. Intenso, la salsa non consuma le proteine. L’Arte primitiva è un filetto di cervo grigliato e laccato alla resina di pino con polvere di porro, cipolla e funghi, accompagnati da un’insalata di diverse e colorate patate di montagna affiancate da cipolle sott’aceto e creme fraiche alla cipollina e salsa bernese. Non si sa come, ogni fetta è un nuovo sapore, sempre più intenso, sempre sfacciatamente goloso. Divertentissimo, poi, l’assaggio delle patate.

Dulcis in fundo – per davvero – come nelle migliori fiabe, le principesse entrano in mondo parallelo: è tutto un fiore, quella fragilità di un petalo, che cade o che si secca, diventa il protagonista in ogni punto di un piatto in cui non si sa dove guardare tanta è la bellezza. Flower Power è destinato a diventare un must. Ogni petalo di sorbetto alla pesca bianca, resta immortalato in uno strato cheesecake alla vaniglia. Altri petali di brunoise di pesca gialla condiscono e alternano una cucchiaiata croccante e cremosa. La crema di namelaka al sambuco rinfresca, prima di una parte più filante; arrivano poi la gelatina di melissa che anticipa la verbena, i fiori di calendula e la nepetella. Fiori stordenti, calmanti, preparatori di un fiabesco dormire. Una pioggia nell’arcobaleno. 

Il servizio in sala è impeccabile. Ci sono insomma tutti i presupposti per pensare al raggiungimento di nuovi, importantissimi traguardi.

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